Antonio, Maria e un cucciolo, dal dolore nella roulotte all'appartamento insieme

Antonio, Maria e un cucciolo, dal dolore nella roulotte all'appartamento insieme

Le testimonianze
Lui era depresso, lei si era lasciata andare, ora vivono assieme e si aiutano

 Antonio viveva in una roulotte e la solitudine lo aveva travolto. A 80 anni era convinto che avrebbe finito la sua vita così, da solo e senza una casa. Maria invece una casa ce l'aveva e per sentirsi meno sola ha iniziato ad accumulare oggetti di qualsiasi tipo. Non si curava più e a malapena usciva dalla sua abitazione. Ora queste due solitudini convivono e sia Antonio sia Maria hanno ritrovato la serenità.
Sembra una favola e invece è la storia vera di due persone che si sono incontrate grazie ai volontari di Sant'Egidio e che attualmente sono inseparabili. La comunità, racconta Paola Cotta, conosceva entrambi da anni: Antonio non voleva lasciare la roulotte perché pensava che ormai quello fosse il suo mondo. Una convinzione che si crea in molte persone senza tetto la cui situazione li porta anche a sviluppare disturbi psicologici. La sistemazione che quest'uomo di 83 anni si era costruito però era fredda d'inverno e bollente d'estate, le condizioni igieniche precarie e pericolosa per la sua stessa vita. Nonostante questo, per un anno e mezzo si è rifiutato anche solo di andare a guardare la casa in cui avrebbe potuto andare a vivere con il sostegno di Sant'Egidio.
L'unico altro luogo in cui Antonio accettava di andare era l'ospedale. Perché almeno stava per qualche tempo al caldo. Così un giorno ha chiesto a una volontaria della comunità di accompagnarlo al nosocomio anche se non aveva sintomi preoccupanti (ma freddo sì) e lei ha preso la palla al balzo: "Prima però ti porto a vedere la casa di cui ti parlo sempre". Finalmente Antonio accetta, vede un pavimento, un letto, un bagno: quella che sarebbe potuta diventare la sua stanza. All'anziano si sono illuminati gli occhi e in ospedale, quel giorno, ha deciso di non andare: "Mi fermo qua", ha detto alla volontaria.
Ora convive con altre quattro persone e un cagnolino. Tra i coinquilini c'è anche Maria. La donna dopo aver lavorato nel mondo della ristorazione per tanti anni, andata in pensione si è sentita inutile. Sola. Preda di un disturbo da accumulo, la casa era ridotta molto male e non riusciva più a gestire gli spazi dell'abitazione. Non mangiava e si era completamente lasciata andare, fino a non lavarsi neanche.
I volontari di Sant'Egidio hanno impiegato tre anni prima di riuscire a entrare in casa sua perché Maria concedeva loro solo qualche passeggiata all'esterno. Una volta entrati, i volontari si sono resi conto della situazione: dovevano portarla via di là. Con il tempo l'hanno convinta ad andare a convivere. «È cambiata tantissimo - racconta Cotta - ha ricominciato ad avere cura di sé anche con il nostro aiuto e aiuta dentro casa, si prende cura degli altri». Soprattutto di Antonio che ora non sta bene in salute. Così, l'anziano ha chi lo sostiene e Maria si sente utile, viva.
«Superare la solitudine ha salvato entrambi e questo dimostra quanto, sulla condizione psichica delle persone, influiscano i fattori esterni - conclude Cotta - L'essere soli a volte può alimentare depressione o altre problematiche che è inutile affrontare con l'uso di farmaci se poi sempre in solitudine si rimane». Il cohousing solidale che Sant'Egidio propone da tempo permette proprio questo: unire solitudini per superarle e ricominciare a vivere. 

 

[ Marina de Ghantuz Cubbe ]