Sui «Mali di Roma» la Chiesa in campo. De Donatis: una diocesi accanto ai fragili

Sui «Mali di Roma» la Chiesa in campo. De Donatis: una diocesi accanto ai fragili

A 50 anni dal primo convegno che segnò una svolta nella vita del Vicariato, una giornata di studio per ripercorrere il cammino fatto e per sottolineare le sfide di oggi. Tra gli interventi anche alcuni relatori dell'evento del 1974

Roma voci di cinquant'anni fa e voci di oggi. Nella Sala della Conciliazione nel Palazzo del Laterano risuonano gli audio originali del convegno sui "Mali di Roma" del 1974, grazie alle registrazioni dell'epoca fatte riascoltare dal docente di storia moderna, don Federico Corrubolo. E a loro si aggiungono quelle dei relatori del simposio che lunedì ha avviato il percorso di ricordo e attualizzazione dell'appuntamento che proprio cinquant'anni fa segnò una svolta nella storia della diocesi di Roma.
Alcune di quelle voci c'erano allora e sono risuonate anche dal vivo. Andrea Riccardi e Giuseppe De Rita ad esempio. Altre, come quelle di Vittorio Bachelet e Pietro Scoppola, hanno avuto il potere di ricreare l'atmosfera che si respirò allora. Ha sintetizzato per tutti il vicario di Roma, il cardinale Angelo De Donatis, che all'epoca era un seminarista e ricorda bene ciò che avvenne: «Dopo cinquant'anni consideriamo quel convegno e lo stesso scenario cittadino ancora attuale perché oggi come allora, la nostra città è attraversata da profonde inquietudini sociali. In quel momento si aprirono prospettive nuove, si incontrarono le dimensioni dell'evangelizzazione e della promozione umana. Si creò un clima di coesione operosa. Ritengo che il cammino sinodale chiestoci da papa Francesco costituisca un'occasione unica per riprendere le indicazioni emerse da quel convegno e attuarle sul piano dell'ascolto delle persone, della comunicazione spirituale e della solidarietà con chi si trova nel bisogno». E anche il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in un messaggio ha sottolineato che il convegno «rappresentò uno snodo prezioso di partecipazione alla vita democratica del Paese, secondo lo spirito della nostra Costituzione».
Certo, non tutto fu semplice, specie per il cardinale vicario dell'epoca, Ugo Poletti, che coraggiosamente andò avanti nonostante il clima di diffidenza degli ambienti democristiani e di parte della Curia Romana. Come ha notato lo storico e fondatore di Sant'Egidio Andrea Riccardi, che all'epoca era uno studente universitario, «lo stesso Paolo VI non ricevette i convegnisti e prese un po' le distanze da un convegno eccessivo per la libertà degli interventi, circa 720 su 5.000/6.000 partecipanti». Tuttavia, ha aggiunto Riccardi, «quei tre giorni dettero una configurazione ecclesiale a Roma come Chiesa locale, raccolta per la prima volta in Cattedrale attorno al vicario. Il Vicariato, non un dicastero di Curia, ma il centro diocesano. La Chiesa, collocata nell'orizzonte della città, volle essere un soggetto radicato sul terreno e che interloquiva con i vari soggetti socio-civili».
Una prospettiva sulla quale si è detto pienamente d'accordo il sociologo e fondatore del Censis, Giuseppe De Rita, che del convegno sui "Mali di Roma" fu il relatore principale insieme con il vescovo Clemente Riva. «Nel 1974 non c'era una Chiesa di Roma. Da quel momento in poi, invece, la diocesi assunse la sua soggettività e si dette una sua visione». Ma, ha avvertito De Rita, «la commemorazione fine a sé stessa non ci interessa. Ci interessa di più ricordare per riprendere e andare avanti». Specie per affrontare la sfida di oggi che è l'indifferenza di tanta gente.
Anche secondo Riccardi, «ricordare è decisivo». Ma occorre anche chiedersi, «abbiamo una visione del futuro? Dice il cardinale Matteo Zuppi, l'attuale presidente della Cei: la nostra vita è impostata troppo su una cultura del declino, che sembra debba solo far fronte alla riduzione drastica: meno preti, fedeli e rilievo. Ma, come ha detto papa Francesco per i 150 anni di Roma Capitale, non possiamo vivere a Roma a testa bassa, abbiamo bisogno di una visione comune. Roma vivrà la sua vocazione universale solo se diverrà sempre più una città fraterna». Questa è anche la missione di oggi, ha concluso lo storico, soprattutto in presenza di problemi sociali non meno gravi di quelli del 1974.
Per il sindaco di Roma Roberto Gualtieri, il mezzo secolo trascorso da allora «ha visto il superamento delle baraccopoli, ma gli elementi di frattura sociale e territoriale che si erano gradualmente ricomposti, si sono di nuovo approfonditi, per cui abbiamo oggi in alcuni quartieri situazioni di degrado altissimo, mancanza di illuminazione e fogne e la piazza di spaccio più grande d'Europa a Tor Bella Monaca. Ma ci stiamo lavorando».
Da questo punto di vista, il presidente della Regione Lazio, Francesco Rocca, ha sottolineato l'importanza della cooperazione tra le istituzioni. «Saremo sempre accanto agli ultimi, a chi rischia ogni giorno l'emarginazione, ai nostri anziani», ha sottolineato Rocca. I dati forniti dal direttore della Caritas romana, Giustino Trincia, confermano alcune emergenze: scuola, casa, sanità e lavoro. E anche la fondazione Luigi Di Liegro, intitolata al fondatore della Caritas romana, che ebbe origine proprio dal convegno (all'appuntamento di lunedì erano presenti la presidente Luigina di Liegro e il vicepresidente Pierciro Galeone), ha sottolineato le forti disparità centro periferia ancora presenti a Roma.
Secondo i dati di Trincia, si nota «una povertà educativa che coinvolge un po' tutte le fasce di età, liste di attesa sempre più fuori controllo, oltre un anno anche nei casi di patologie importanti, mentre con l'intramoenia, pagando tra 120 e 400 euro, la prestazione viene fatta in pochi giorni. I provvedimenti di sfratto in pochi anni sono triplicati, arrivando nel 2022 a 6.591, mentre sono 16.600 le famiglie in attesa di un alloggio e 23.420 i senza tetto. Il tasso di occupazione è al 70,6% con una forte prevalenza di lavori instabili o con bassa paga».
Lo scenario della città, ha concluso il cardinale De Donatis, «è problematico come quello del 1974 e anche oggi, come allora, siamo alla vigilia di un Giubileo. È necessario riprendere con forza le implicazioni spirituali del Giubileo in ottica di giustizia sociale per prepararci a varcare la Porta Santa, avendo compiuto gesti di carità anche politica. Altrimenti rischiamo di perdere un'occasione che il Signore e la storia ci stanno dando».

 

 

 

[ Giuseppe Muolo ]