Maggi (Sant'Egidio) "L'housing sociale può salvarli"

Maggi (Sant'Egidio) "L'housing sociale può salvarli"

L'intervista
Il presente: «Sono attivi 37 percorsi»
Gente che vive in strada da anni, consumando la propria vita attaccata a una bottiglia, senza più nemmeno la speranza di essere notato da qualcuno, senza nessuno che si occupi veramente di offrir loro un'alternativa accettabile, convincente, possibile. Sono circa duemila i clochard a Milano, d'inverno il Comune con la sua rete di volontari del privato sociale attiva un servizio di unità mobili che si occupa di andare a distribuire cibo e bevande calde, oltre a coperte e kit igienici. Ma quando le temperature scendono ai livelli di questi giorni, occorrono strutture al coperto: per l'emergenza freddo sono stati aperti 10 centri temporanei per offrire un tetto provvisorio a chi sta sul marciapiede e sono 630 quelli accolti finora, persone nell'80 per cento dei casi mai viste prima dai servizi sociali.
Ulderico Maggi, responsabile dei servizi alle persone senza dimora di Sant'Egidio, che si può fare per evitare altre morti?
«Noi abbiamo deciso di andare in un'altra direzione. Dal 2018 a oggi abbiamo attivato 37 percorsi di housing first per persone senza dimora, tra cui alcuni in appartamenti gestiti direttamente dalla comunità».
Di che si tratta concretamente?
«Sono alloggi, che vengono assegnati a lungo periodo a gruppi di senza tetto che vivono assieme con un forte accompagnamento personalizzato dalla strada alla casa e nella permanenza successiva. Un'esperienza che sta funzionando e che incoraggia anche le istituzioni a potenziare in modo significativo a livello cittadino questi progetti di inserimento diretto».
Da chi avete preso l'idea?
«Il progetto parte da dall`intuizione di Sam Tsemberis, ideatore di housing first in America come passaggio diretto dalla strada alla casa. Per lui la casa è un diritto umano inalienabile, ma serve anche la possibilità di scegliere lo spazio in cui vivere, la dignità di stare in luoghi belli e curati, l'accompagnamento costante duraturo e intenso di educatori in grado di comprendere e sostenere persone che hanno disagi fisici e psicologici molto gravi».
Quindi non dormitori con ospiti a rotazione?
«Dare la disponibilità per sempre e non come prospettiva temporanea dell'abitazione è molto importante, come l'idea di far vivere assieme più persone con disagi simili, un sistema per combattere la solitudine che tormenta questi passaggi delicatissimi della vita».
Cade in questi giorni il secondo anniversario di Casa Walter, una delle vostre esperienze di housing.
«La Casa è stata intitolata a Walter Berchioni, che, pur titolare di una casa pubblica, di fatto ha vissuto da anziano quasi sempre in strada. Walter con noi aveva ritrovato la sua casa e la possibilità di starci proprio grazie alle relazioni maturate nella vecchiaia e nella debolezza».
Sono iniziative costose.
«È in corso una campagna di crowdfunding sostenuta e promossa da Bper Banca con la collaborazione di Produzioni dal Basso. Ma noi partiamo dal concetto che nessuno si salva da solo e che solo con un aiuto qualificato queste persone dimenticate da tutti possono salvarsi da morte certa. Non bastano le soluzioni tampone e i dormitori per l'inverno, per questo noi stiamo puntando sull'housing sociale».
 

[ Zita Dazzi ]