Riccardi: 1943-44, quell'accoglienza spontanea

Riccardi: 1943-44, quell'accoglienza spontanea

Lo storico ricorda la generosità di religiosi e religiose negli anni di "Roma città aperta"
Negli anni della seconda guerra mondiale «ci fu una risposta spontanea di accoglienza, segno di una grande creatività, da parte di tanti religiosi e religiose non solo nei confronti degli ebrei ma anche di tanti ricercati e questo generò un incontro incredibile tra mondi diversi». Lo ha detto lo storico Andrea Riccardi durante l'incontro "Roma città aperta" organizzato venerdì 22 marzo dall'Ufficio per la pastorale universitaria nel monastero dei Santi Quattro Coronati.
Dietro tale risposta umana e libera, tuttavia, «ci fu sicuramente anche un invito da parte del Vicariato di Roma e della Segreteria di Stato vaticana, cioè ci fu un sistema organizzato e la volontà di nascondere gli ebrei, oltre 4mila, per esempio con l'estensione dell'extraterritorialità. Forse in alcuni casi, non sempre, i nazisti "chiusero un occhio" e si creò una sorta di fair play con l'unica autorità della città: il Vaticano», sono ancora le parole dello storico. Per questo, per Riccardi, va soppesata attentamente la teoria «degli studiosi che sostengono che Papa e Vaticano se ne tennero fuori perché a nessun religioso poteva essere chiesto di rischiare la vita», considerando pure il fatto che «fa sorridere l'idea che potesse esserci un qualche documento vaticano in proposito» dato che «chi avrebbe fabbricato una prova contro sé stesso per un'attività proibita e clandestina?».
Monsignor Andrea Lonardo, direttore dell'Ufficio diocesano, ha guardato agli anni di "Roma città aperta" - cioè smilitarizzata - a partire dall'omonimo film di Roberto Rossellini, osservando come sia «un film corale» che rispecchia «una coralità della gente» e che esprime «l'azione di un popolo e un ethos condiviso dalla città, che non era solo un'idea ma una relazione viva tra le persone». 

[ Mic.Alt. ]