PAROLA DI DIO OGNI GIORNO

Liturgia della domenica
Parola di Dio ogni giorno
Libretto DEL GIORNO
Liturgia della domenica

Omelia

?Siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti?. Con questo fermo invito dell'apostolo si apre la liturgia di questa domenica, chiamata Gaudete, la domenica della gioia. ?State sempre lieti - raccomanda Paolo -, pregate incessantemente, in ogni cosa rendete grazie a Dio?. State lieti perch? come bambini ci affidiamo a colui che vuole la sua gioia in noi e che questa sia piena. Questa ? la volont? di Dio. Ma non ? troppo poco e troppo diretto per uomini complessi come amiamo sentirci noi, amanti e conoscitori attenti delle nostre tortuosit?, affezionati alla dolce prigione e pozzo senza fondo di energie ed attenzioni che ? l?amore per noi stessi? ? possibile per noi scegliere di essere sempre lieti, noi che assecondiamo i nostri umori, ci fidiamo di loro, li contrastiamo cos? poco, spesso li studiamo scambiandoli in fondo come la verit? della nostra vita? Ed i nostri umori sono sovente cos? poco lieti, inclini al lamento, affannati, attratti dal pessimismo, nutriti di diffidenza! La gioia, secondo questo invito cos? appassionato dell?apostolo, non ? una congiuntura favorevole, ma una scelta cui siamo chiamati. Sempre. Lieti, gioiosi non perch? imperturbabili o incoscienti, ma per la consapevolezza forte, vigorosa, dell?avvento di Dio. ? lui che libera dalla tristezza e spazza via dal cuore le numerose radici di amarezza.
?Io gioisco pienamente nel Signore, la mia anima esulta nel mio Dio, perch? mi ha rivestito delle vesti della salvezza, mi ha avvolto con il mantello della giustizia?, canta il profeta. Non gioiamo per noi stessi. Anzi: per noi proviamo il senso del poco che siamo e della vanit? del mondo. Dobbiamo, per?, possiamo, gioire: siamo stati scelti, la nostra voce non si perde in se stessa ma indica colui che viene. L?umile gioisce. Il ricco insegue la propria tristezza, vuole possedere la felicit?; l?orgoglioso non ? mai sazio perch? non si lascia amare e non si piega alle ragioni dell?altro. Gli umili lasciano posto a qualcuno che viene. Impariamo a pregarlo ?incessantemente?, rendendogli grazie, come atteggiamento e scelta interiore nella vita ordinaria, per ogni cosa. La letizia ? il primo modo per non farsi scoraggiare dal male, per esserne liberi. E quanto la letizia comunica amore, ci rende sensibili ed attenti alle vere tristezze del mondo e degli uomini! Un volto lieto accoglie, sostiene, attrae. Quanto ? facile, al contrario, rattristare l?altro! Siamo lieti, perch? viene il perdono, che scioglie dal legame con il peccato. Possiamo essere diversi da come siamo! Nessun cambia solo per i suoi sforzi, ma perch? viene associato, per grazia, all?avvento di questo regno che irrompe nella storia umana, allo spirito che ci solleva e ci cambia. Siamo lieti, per iniziare da questo a dissociarci da un mondo che riduce tutto al cinismo, che pensa di conoscere tutto e giudica tutto ma senza amore, vittima del suo stesso pessimismo, alla ricerca di speranze, ma in fondo prigioniero dei calcoli.
Nel rarefarsi dei profeti - sono davvero pochi, nel nostro tempo! - con rinnovata attenzione ci poniamo in ascolto di questo grande profeta. Non ? lui il Salvatore, e lo dice chiaramente. Giovanni non si ? lasciato travolgere dalla gloria e dal successo nel vedere tanti che accorrono a lui. Noi, per molto meno, ci sentiamo dei piccoli messia e, comunque, pretendiamo di stare sempre al centro dell?attenzione. Nella sua umilt?, tuttavia, egli non si tira indietro, n? si nasconde, anzi, nella coscienza della responsabilit? che gli ? stata affidata, afferma davanti a tutti: ?Io sono voce di uno che grida nel deserto: rendete diritta la via del Signore?.
Alla lezione di umilt? segue quella sulla responsabilit?; una particolare responsabilit?: essere ?voce?. Ogni cristiano dovrebbe applicare a se stesso le parole di Giovanni: ?Io sono voce?. Per costituzione i credenti sono ?voce?, ossia annunciatori del Vangelo. ? qui la radice del compito di evangelizzazione che grava su ogni discepolo. Paolo, consapevole di tale responsabilit?, ammoniva se stesso: ?Guai a me se non annuncio il Vangelo? (1 Cor 9,16). Il credente, prima che un cumulo di opere, ? una voce, una testimonianza. Questa ? l?unica vera forza del Battista. Ma ? una forza debole. Cos?? infatti una voce? Poco meno che nulla: un soffio; basta davvero poco per non farci caso, n? ha poteri esterni che possano imporla. Eppure ? forte, tanto che molti si accalcano attorno a quella parola. La ragione sta nel fatto che quell?uomo non indica se stesso; non parla per attirare su di s? l?attenzione altrui; non blocca la gente desiderosa di guarigione e salvezza sulle sponde di quel fiume, anche se benedette. Quella voce rimanda oltre, verso qualcuno ben pi? forte e potente: ?In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me:, a lui io non sono degno di slegare il laccio dei sandali?, dice Giovanni; e lo afferma ancora oggi.
Giovanni Battista ci riconduce a ci? che ? essenziale, perch? non ci smarriamo ed orientiamo tutto il nostro cuore verso il Signore. Giovanni ? una ?voce?. ?Chi sei tu??, domandano i giudei. Che cosa dici di te stesso? Ogni uomo ? un mistero ed il mondo spesso viene a volgarizzarlo, deve definire, analizzare, catalogare. Giovanni non moltiplica interpretazioni, non indulge nelle mutevoli e a volte contraddittorie parole su di s?. Per dire chi ? ha bisogno di un altro, che dia senso alla sua vita, a colui che ? la parola, al verbo, la prima e l?ultima lettera di ogni nostra parola. Giovanni ? forte perch? la sua vita ha senso se ? utile a qualcun altro, a colui per il quale prepara la strada e rinnova i cuori! Rende testimonianza. La sua forza non ? splendere per se stesso, ma perch? la luce si veda. E Dio ? luce, che illumina anche le tenebre pi? fitte! Grida. Annuncia il Vangelo. Non attira l?attenzione su di s?, secondo un protagonismo cos? prepotente e normale. La sua voce rimanda, indica qualcuno che ? gi? ?in mezzo a voi? ?che non conoscete?, uno che viene dopo di me, al quale io non sono degno di sciogliere il legaccio dei sandali. La nostra voce pu? fare fiorire la vita nel deserto. Noi, uomini cos? comuni, siamo chiamati a fare conoscere a tanti colui che sta in mezzo a noi. Deboli, siamo forti. Tristi, siamo lieti. Perch? il Signore viene, fa germogliare la terra, la rende di nuovo un giardino, il suo giardino. Vieni presto Signore.