Dopo la guerra si può ancora sognare: due storie di integrazione grazie ai #corridoiumanitari

Come vivono i rifugiati siriani accolti in Piemonte e in Lombardia? Ce lo raccontano Garo e Antonios

Da febbraio 2016 a oggi circa 900 profughi dalla Siria sono arrivati in Italia con i corridoi umanitari. Cosa fanno oggi? Lo raccontiamo attraverso due storie dal Piemonte.

Garo, il ragazzo di Aleppo che sogna di fare l'ingegnere

E’ arrivato  in Italia con i corridoi umanitari meno di un anno fa. E pochi giorni fa Garo, 19 anni, si è immatricolato, grazie ad una borsa di studio, al corso di ingegneria civile dell’Università di Brescia. Per potersi iscrivere ha sostenuto un test di conoscenza della lingua italiana, ha totalizzato il risultato di 27/30

Aveva dovuto lasciare Aleppo, dopo che le bombe avevano distrutto la sua casa il 25 ottobre 2016, con la mamma Maha, insegnante di educazione fisica. Suo fratello Victor che già in Libano, fuggito al reclutamento delle milizie: “Noi siamo cristiani e non vogliamo uccidere” ripetono i due fratelli quando si parla della guerra in Siria. La loro famiglia è stata accolta a Vercelli  da una rete di associazioni (La parrocchia di SS. Salvatore,  Migrantes, la Società di  San Vincenzo, Rinascita Cristiana, le Suore della Trasfigurazione, le Suore di Loreto, la Chiesa Protestante) costituita ad hoc attorno alla proposta di Sant’Egidio nell’anno della misericordia: accogliere una famiglia siriana in fuga dalla guerra. I primi mesi sono stati faticosi, procedere con i documenti, ambientarsi una nuova realtà, cominciare la scuola d’italiano, conoscere la città: dopo mesi di impegno nello studio  anche dell’italiano, i preziosi risultati si vedono. Victor, che faceva già il parrucchiere in Libano sta lavorando in un negozio di Biella. Garo, con l'iscrizione all'università inmano, sorride timidamente, quasi incredulo “Era il mio sogno: fare  l’ingegnere!".

Antonios, falegname da Homs a Novara

Antonios e Julanar sono arrivati a Novara a dicembre del 2016 con le loro due bambine: Natalie di 8 anni e Zein di 3 anni. Ospiti della Comunità di Sant’Egidio, in un appartamento messo a disposizione gratuitamente da una famiglia. 
Antonios era un bravo falegname: ad Homs ed aveva una piccola impresa  distrutta dalla guerra, ma ha ripreso a lavorare e ne è felice. I suoi occhi brillano quando dice: “Grazie Gesù, grazie Sant’Egidio!”.

Cambiare paese, lingua, abitudini è stato faticoso ma non impossibile. Le bambine, iscritte a scuola parlano italiano. Come dice Antonios, con un sospiro: “Meglio di me!“.

Accanto hanno sempre avuto qualcuno che li ha accompagnati non solo nelle pratiche per i documenti, per l’iscrizione alla scuola, per la cura della salute, tanto trascurata negli ultimi anni. I corridoi umanitari svelano un segreto: la guerra distrugge case e vite, ma l’amore, l’interesse, l’attenzione curano le ferite e aiutano a risollevarsi. E si può cominciare a sognare!

 
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