“Porte aperte” per guarire dalla paura e dalla rassegnazione

Nella presentazione del libro a Roma l’esperienza dei corridoi umanitari che danno nuova vita ai migranti e alle comunità che ospitano

Il libro “Porte aperte” ha visto la sua prima presentazione romana, dopo il successo in Veneto e in Trentino, proprio nelle regioni da cui parte il viaggio dell’autore Mario Marazziti, un reportage in 29 capitoli e 29 storie con titoli curiosi e accattivanti (“Nonne italiane e nipoti siriani”, “Zucche e falafel sul Po”, “L’arca di Noè si è spiaggiata a Gubbio” per dirne alcuni). Un viaggio che attraversa le province, di un’Italia (mai) minore che accoglie e non ha paura. È l’esperienza dei corridoi umanitari, un modello di integrazione che dà nuova vita ai migranti e alle comunità che ospitano.

È un libro sulle porte aperte, non sui porti. Sulle porte di case, parrocchie, associazioni che si sono aperte a uno dei drammi più importanti del nostro secolo, quello delle immigrazioni irregolari e di persone costrette all’irregolarità” ha spiegato Marco Impagliazzo al numeroso pubblico della Sala Benedetto XIII di via San Gallicano a Trastevere. La risposta delle realtà locali è diventata risposta a livello istituzionale: una via legale per i migranti, alternativa ai barconi nel Mediterraneo. I corridoi umanitari, definiti best practice a livello delle Nazioni Unite, replicati in altri Paesi europei e programma vincitore del premio Nansen dell’Unhcr, nascono dall’incontro di tanti con la proposta di Sant’Egidio, FCEI e Tavola Valdese, promotori del programma nel 2015. Una via che finora ha permesso a circa 2800 persone di raggiungere l'Europa in modo sicuro (leggi il Dossier).

La mobilitazione degli italiani per accogliere rifugiati provenienti dal Libano e dal Corno d’Africa mostra un volto dell’Italia che i corrispondenti esteri osservano e valorizzano. L’altro volto, comune al resto d’Europa, è quello dell’insulto al migrante. Marcelle Padovani, giornalista del Nouvel Observateur, descrive un’Italia al bivio tra due atteggiamenti ben marcati indicando come autentico quello dell’accoglienza.

La grande malattia dell’Italia è la paura” ha detto Andrea Riccardi. Di fronte alla denatalità, all’invecchiamento della popolazione, ai problemi del mondo, la paura viene vinta da un’Italia poco nota, delle province, che scopre nell’aiutare la gente che ha bisogno, un modo per aiutare tutta la  società in cui vive. Nelle pagine del libro “Porte aperte” non pesa una lezione politica o moralistica, anche quando nell’ultimo capitolo Marazziti espone idee e proposte. Le storie sono raccontate senza esaltazione, nel concreto e permettono di avvicinare un mondo lontano, superando una sorta di “apartheid globale” che caratterizza la nostra epoca.

Per i cristiani, la sfida è ecumenica, indica la moderatora della Tavola Valdese, Alessandra Trotta. Un punto di forza dei corridoi umanitari è che sono un progetto ecumenico, come ha detto papa Francesco. Si potrebbe dire che si tratta di “civiltà ecumenica”, perché si supera l’aspetto tecnico del dialogo tra le religioni e si definisce un’identità cristiana, di solito agitata “contro” e non “per” l’accoglienza.

Infine, l’autore Mario Marazziti ha ringraziato tutti coloro che nel libro rappresentano il volto dell’accoglienza. Un’Italia che temeva di non riuscire a raccontare, ma che è illustrata in pagine edite da Piemme che spaziano tra i colori e i sapori di una penisola dove c’è molto spazio per l’umanità. “Questo viaggio, scrivendo il libro, mi ha guarito dalla rassegnazione. Spero che si possa contagiare tanti e che parola dopo parola si possa cambiare l’Italia” ha concluso l’autore. Un libro che fa bene, per recuperare la bellezza, la solidarietà, la memoria e per essere, così, più italiani.

Scheda del libro Porte aperte