Preghiera per i malati. Meditazione di Andrea Riccardi sul Vangelo di Marco (Mc 1,29-31)

Meditazione di Andrea Riccardi sul Vangelo di Marco (Mc 1,29-31)

"E subito, usciti dalla sinagoga, andarono nella casa di Simone e Andrea, in compagnia di Giacomo e Giovanni. 30La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei. 31Egli si avvicinò e la fece alzare prendendola per mano; la febbre la lasciò ed ella li serviva."


Cari fratelli e sorelle,
all’inizio di questo Vangelo di Marco troviamo un secondo miracolo, dopo la guarigione di un indemoniato. Un episodio più normale, nella cerchia degli intimi di Gesù, si tratta, infatti, della suocera di un amico, a letto con la febbre.
Al nostro sguardo non sembrerebbe gravissima, ma a quei tempi senza possibilità di cura, in ambienti poco protetti, sfidati dalla miseria la vita era fragile e la situazione poteva essere pericolosa. La febbre sembra possedere il corpo della donna, la malattia appariva come possesso del male, più forte di ogni povero rimedio umano, più forte dell’affetto dei suoi cari.
I familiari erano ansiosi e subito parlarono della donna a Gesù. Il maestro è nella casa di Simone e di Andrea, quindi la casa di famiglia a Cafarnao e con loro c’è Giovanni. Questa casa era probabilmente luogo dove Gesù faceva capo per i suoi viaggi in quella regione. Subito gli parlarono della suocera malata a letto, ma queste parole sono ispiratrici della nostra preghiera di questa sera.
Spesso non sappiamo pregare, tanto che i discepoli chiedono a Gesù di insegnar loro a pregare. Sovente, siamo interiormente pigri, non ci liberiamo dal ritmo affrettato e abituale che ci fa passare da una cosa all’altra. Viviamo una pigrizia interiore. Pigri nella preghiera, ma tante volte il bisogno ci spinge, ci spinge a parlare con il Signore. Pregare è parlare con il Signore o ascoltare la sua parola.
Stasera, cari amici, siamo nella casa con lui, come i tre apostoli nella casa di famiglia di Simone. Questa qui è la sua casa, è la casa degli apostoli dove lui è presente. Gli apostoli e l’evangelista ce lo hanno testimoniato, lui è in mezzo a noi, possiamo accostarci a lui. Così, pure senza saper pregare, pur senza saper pregare, ci accostiamo a lui e gli parliamo.

Fratelli,
lasciamoci spingere dal bisogno, il bisogno nostro e il bisogno degli altri. Intercedere presso il Signore è un grande compito degli amici, degli amici dei malati, dei poveri, dei bisognosi. Gli amici si mettono in mezzo, cioè intercedono per chi ha bisogno. Subito gli parlarono. Chi soffre ha fretta, se non di essere guarito, almeno di vedere una strada e vedere una strada è l’inizio della guarigione e la fretta degli amici esprime la condivisione di un bisogno urgente.
O Dio, vieni presto in nostro aiuto, diciamo all’inizio di ogni preghiera. In latina, festinà, sbrigati! All’inizio della preghiera noi diciamo: sbrigati! Ma Gesù non si fece aspettare, le si avvicinò, la sollevò prendendola per mano. Sollevare dal letto è un gesto di ritorno alla vita, voglio dire di resurrezione.
Vedete, sollevare. Quello che i discepoli debbono fare è sollevare chi è abbassato e depresso, e questo è il compito del maestro, e questo fa il padre, solleva quelli che sono abbassati. Gesù prese per mano la donna per ricondurla alla sanità alla strada giusta. Se abbiamo bisogno, Gesù ci prende per mano.
Non ci lascia soli nel tunnel della malattia, non ci lascia soli nella confusione della febbre. Il salmo 18, il Te Deum regale di ringraziamento, dice: Stese la mano dall’alto e mi prese, mi sollevò dalle grandi acque, mi liberò da nemici potenti, da coloro che mi odiavano ed erano di me più forti. Così il salmo 18. Ma, vorrei dire, nei salmi ricorre sovente la mano tesa. Vuol dire un intervento personale di Dio. Dice il salmo 139: Poni su di me la tua mano. La mano del Signore è una benedizione.
E allora, cari amici, questa scena del Vangelo è semplice e forte, la parola dei discepoli rivolta subito al Signore e la sua mano tesa. La preghiera muove la mano del Signore. Se vuoi puoi guarirmi, dice il lebbroso a Gesù. E Gesù, senza timore di contagio o impurità, stese la mano e lo toccò dicendogli: Lo voglio, guarisci! Siamo nello stesso capitolo di Marco, pochi versetti a seguire. Cioè, la mano del Signore è pronta, ci afferra nella tempesta, anche quando pare di affondare.

Questo Vangelo si conclude con la liberazione della donna, un vero esodo dal male che la possedeva con la febbre, la invalidava facendola prigioniera di un letto. Ogni guarigione, ogni incontro con Gesù è un esodo verso la libertà dal male e dal peccato.
Ma la libertà, cari amici, non è un’occasione per tornare a vivere secondo se stessi. È il messaggio profondo dell’ultimo breve periodo che abbiamo letto. Ma quanto dicono e che profondità svelano le parole della Scrittura! Anche poche parole, cinque parole in italiano: Essa si mise a servirli. E qui noi vediamo che questa donna, dopo essere stata sollevata, è inclusa, perché servire gli altri è, secondo il Vangelo, essere inclusi. E anche qui, subito si mise a servirli. Ritrovò la sua libertà che è servire gli amici di Gesù.
Non siamo fatti per essere dominati dalla febbre del male, ma per essere in piedi a servire. Questa è una speranza per tanti che sono sul letto della sofferenza, ma questo è un richiamo per tutti quelli che non si alzano in piedi e non servono gli amici di Gesù.

 

La preghiera con la Comunità di Sant’Egidio è trasmessa in live streaming su sito, Facebook e YouTube

Seguici su Facebook - Iscriviti al canale YouTube

Su smartphone scarica la App “Preghiera con Sant’Egidio” con i live e i podcast