La veglia ecumenica

La veglia ecumenica

Centinaia di nomi e di storie sono stati ricordati martedì Santo nella basilica di San Bartolomeo all'Isola Tiberina durante la veglia ecumenica promossa dalla Comunità di Sant'Egidio e dalla diocesi di Roma, in memoria dei cristiani uccisi nel nostro tempo.
Sono stati ricordati, come ultimi in ordine di tempo, tre monaci egiziani coptoortodossi, Takla el- Samouili, Youstos ava-Markos e Mina ava-Markostre, pugnalati a morte nel monastero di San Marco Apostolo e San Samuele il Confessore in Sudafrica, il 23 marzo, e il giorno successivo, padre William Banda della società di San Patrizio per le missioni estere. Per loro e per ogni martire, è stata accesa una candela e sono stati posti ai piedi dell'altare quattro crocifissi, circondati dalle palme, in rappresentanza dei quattro continenti.
«I cristiani perseguitati ci mostrano, in ogni tempo, che nulla - nemmeno i legami di sangue - è superiore al legame con Cristo. Nei martiri vediamo che la comunione con Gesù è ben più preziosa della vita terrena, dei legami famigliari, di tutto! Questa "testimonianza del sangue" che i martiri rendono a Cristo è una voce profetica potente e un grande segno di speranza perché il Regno di Dio continuerà a diffondersi, anzi, grazie ai martiri, sarà ancora più conosciuto e amato», ha detto il cardinale Kevin Joseph Farrell, prefetto del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita, che ha presieduto la celebrazione.
«I martiri - ha proseguito il porporato - avevano nel cuore la pace e per questo, con la loro morte, hanno fermato la spirale della violenza. I martiri, infatti, hanno vissuto in situazioni di tensione e di conflitto, ma non hanno alimentato il risentimento e gli odi reciproci. Li preghiamo perché anche noi possiamo avere un cuore pacificato e desideroso di pace, di essere accoglienti, di sentire la giusta solidarietà e compassione e saper trovare modi intelligenti e realistici per offrire aiuto e sostenere il cammino della pace e dell'uguaglianza in tanti paesi del mondo».