Il Card. Liubomyr Husar, arcivescovo di Kyiv-Halič della Chiesa greco - cattolica ucraina

Il cardinale Liubomyr Husar (1933-2017), arcivescovo maggiore di Kyiv-Halič, è stato il capo della Chiesa greco-cattolica ucraina dal 2001 al 2011. Nato a Leopoli, dove ha vissuto fino al 1944 quando la sua famiglia ha lasciato l’Ucraina durante la seconda guerra mondiale, ha vissuto dapprima negli Stati Uniti e poi a Roma. Monaco studita, superiore del monastero di Studion a Grottaferrata, è rientrato in Ucraina come vescovo dopo la fine dell’Unione Sovietica. Figura spirituale, è stato vicino alla Comunità con un rapporto di intensa amicizia, iniziato negli anni Ottanta a Roma e poi continuato in Ucraina, dove ha accompagnato con affetto e partecipazione
la nascita e la crescita delle Comunità di Sant’Egidio nel paese.

Nel maggio 2023, Andrea Riccardi ha visitato la sua tomba a Kiev

L’intervista che viene pubblicata è stata fatta nel 2008. La trascrizione e e la traduzione sono a cura di Adriano Roccucci


ADRIANO ROCCUCCI: Beatitudine, lei è un amico da tanto tempo della Comunità di Sant’Egidio, che se non sbaglio ha conosciuto al monastero di Studion a Castelgandolfo negli anni ’80. Come è nata la sua storia d’amicizia con la Comunità di Sant’Egidio?

CARD. LIUBMYR HUSAR:
Il nostro incontro con i membri della Comunità di Sant’Egidio è stato totalmente casuale. Si occupavano di anziani, di malati, nella città di Roma; durante l’estate cercavano di organizzare per loro delle vacanze ricreative. Queste persone erano povere e sole, avevano bisogno di aiuto. E queste vacanze avevano lo scopo di allontanarsi dalla città per respirare l’aria fresca ed entrare in contatto con la natura. Nella ricerca di un luogo fuori Roma che potesse ospitare questi anziani, hanno visitato il nostro monastero greco-cattolico ucraino, nella cittadina di Grottaferrata, a 25 Km. dal centro di Roma. Non riuscivano in nessun modo a trovare un posto che li accogliesse per la loro vacanza. Avevano visto l’edificio del nostro monastero - come mi hanno detto in seguito -  che appariva abbastanza grande e imponente e si sono detti: “Proviamo!”. E hanno citofonato. Così sono entrati e ci hanno esposto le loro necessità. Il nostro edificio, in realtà, era piuttosto vuoto, poiché non ci vivevano così tante persone da occupare ogni stanza. E, fra l’altro, un’ala dello stabile era più che sufficiente per noi monaci. Così abbiamo accettato dicendo: “venite, siate i benvenuti, portate i vostri amici e sistematevi nelle camere. Potete utilizzare ciò che c’è all’interno”. E così hanno fatto. Hanno aggiunto dei letti, hanno sistemato la cucina e la mensa per tutte le persone che sarebbero state ospitate. E così è iniziato tutto…
Questo è accaduto nei primi anni ’80 ed è continuato negli anni seguenti. Ogni anno, in anticipo, assicuravamo loro che a partire – se non sbaglio – dalla fine di maggio fino all’inizio di settembre, l’edificio sarebbe stato a loro disposizione. Così è andata la nostra collaborazione per 8 anni o forse più.
Eravamo molto contenti che queste persone venissero da noi, perché veramente per questi poveri, malati, bisognosi, anziani, disabili, era una bella occasione di riposarsi fuori città e di stare all’aria aperta. Per noi, d’altra parte, era un grande insegnamento, poiché vedevamo i membri della Comunità di Sant’Egidio, per la maggiorparte giovani studenti o lavoratori, che dedicavano il tempo delle loro vacanze estive per aiutare gli altri bisognosi a godersi la natura, a riposarsi, rilassarsi, a stare in un bel posto. Questi giovani si occupavano di loro. Noi eravamo stupiti della  devozione e dell’attenzione che essi riservavano soprattutto ai disabili - che necessitavano di cure continuamente - e nonostante le difficoltà che questo servizio comportava, questi ragazzi facevano tutto benissimo. Per noi monaci, che abitavamo nella casa e vedevamo da vicino tutto questo, il comportamento di questi giovani era un grande insegnamento spirituale.

ADRIANO ROCCUCCI: Lei ha potuto conoscere da vicino un altro aspetto della vita della Comunità, quando quei giovani – che nel frattempo divenivano adulti e non cessavano di essere amici dei poveri – si riunivano per la preghiera. Infatti lei ha avuto occasione di partecipare diverse volte alla preghiera serale della Comunità di Sant’Egidio a Roma nella chiesa di Sant’Egidio e poi nella basilica di Santa Maria in Trastevere. Quale è stata la sua esperienza partecipando a questa preghiera? Quale il volto di Sant’Egidio che ha potuto vedere?

CARD. LIUBMYR HUSAR: Dopo che ci siamo conosciuti durante queste vacanze estive, sono iniziati una simpatia e un legame con i membri della Comunità di Sant’Egidio. Quando lasciavano il nostro monastero all’inizio di settembre,  ci invitavano sempre ad andarli a trovare nella loro sede romana. Se non sbaglio, i membri della Comunità a Roma sono circa 10.000 e neanche posso immaginare quante persone essi aiutino. Oltre all’aiuto ai bisognosi, la vita della Comunità ha anche un altro tratto molto interessante: ogni giorno i membri della comunità si incontrano per la preghiera comune. Quelli che possono, non tutti e 10.000! A volte abbiamo partecipato alla loro preghiera. Si tratta di una preghiera molto semplice, che si compone della lettura dei salmi, della Parola di Dio, del Padre Nostro, di un insegnamento spirituale e di una benedizione. E così dura poco più di mezz’ora, però ogni giorno e, come mi hanno detto a Sant’Egidio, da quando esiste la comunità – ormai sono quarant’anni – non hanno mai saltato la preghiera in nessun giorno. Questa è veramente una cosa ammirevole. Io penso che, per la maggior parte, questa sia la forza che opera e che sta alla base del successo del loro lavoro, di giovani che si interessano alle necessità degli altri. All’inizio, quando siamo stati per le prime volte alla loro preghiera, essi si riunivano in una piccola chiesa presso la loro sede a Roma [la chiesa di Sant’Egidio]. Dopo alcuni anni si sono dovuti trasferire in una chiesa molto grande lì vicino, una chiesa bella e antica [la basilica di S. Maria in Trastevere], perché in quella piccola già non entravano più. L’ultima volta che sono stato da loro, la chiesa era piena di gente: non sono solo i membri della Comunità di Sant’Egidio a frequentare la preghiera, ma anche persone comuni che vanno per pregare insieme a loro. Questo è un aspetto molto interessante e importante che indica il segreto del successo della Comunità a Roma e altrove. La cosa più importante è che il loro servizio rende felici quelli che vengono aiutati e quelli che prestano l’aiuto.

ADRIANO ROCCUCCI: Anche grazie all’amicizia con lei la Comunità di Sant’Egidio si è fatta vicina alla Chiesa greco-cattolica ucraina, già negli anni della persecuzione sovietica, poi negli anni della rinascita dopo la fine del comunismo e con la nascita dell’Ucraina indipendente. Vuole ricordare qualche momento di questa vicinanza alla sua Chiesa?

CARD. LIUBMYR HUSAR:
Alla fine degli anni Ottanta alcuni membri della Comunità hanno iniziato a visitare l’Ucraina. La nostra Chiesa, anche se era ancora clandestina, iniziava a uscire dalle “catacombe”. Era ancora in vita l’arcivescovo Volodymyr Sterniuk, che guidava la nostra Chiesa clandestina in Ucraina. Andrea Riccardi, mons. Vincenzo Paglia e padre Marco Gnavi lo hanno visitato e hanno stabilito con lui un rapporto intenso. Le visite sono continuate negli anni ’90, nei primi anni in cui fu liberata la nostra Chiesa. Erano l’occasione per vedere come si presentava il nostro Paese e come era la gente che aveva a lungo sofferto. Grazie a queste visite iniziano a nascere anche in Ucraina gruppi di studenti appassionati dell’idea della Comunità, giovani che vogliono servire e pregare. Oggi abbiamo già a Kyiv, ma anche a Leopoli e a Ivano-Frankivsk, gruppi di giovani, nella gran parte studenti, che cercano di vivere quello che hanno ascoltato e visto con la Comunità. Io ne sono molto contento.

ADRIANO ROCCUCCI: Beatitudine, i giovani oggi in Ucraina si confrontano con una società che ha conosciuto e continua a conoscere un grande cambiamento. Non mancano le difficoltà. Cercano di costruire un nuovo futuro, ma non è facile scorgerne il profilo tra non pochi timori…

CARD. LIUBMYR HUSAR:
I giovani oggi in Ucraina conoscono la difficoltà di non vedere davanti a loro quale sarà il loro futuro. Nella società ucraina ci sono tanti aspetti che sono rimasti dai tempi passati… Questo preoccupa i giovani, poiché si scontrano con contraddizioni profonde: da una parte ci sono gli ideali di una comunità umana democratica e giusta, dall’altra c’è la realtà concreta, la violenta realtà dei disordini politici, economici e sociali causati soprattutto dall’assenza di un fondamento ideale e morale. Tutto ciò crea tra i giovani un senso di profonda angoscia. Il piacere dell’arricchimento e dei beni materiali a volte soffoca il desiderio, che caratterizza la gioventù, di realizzare un ideale e creare qualcosa di migliore.
Per questo la vita di un giovane oggi in Ucraina non è senza serie difficoltà. Qualcuno scappa alla ricerca di una felicità fatta di beni materiali, qualcuno inizia a dipendere da droghe o alcool. E questi sono i fenomeni più tragici sui quali dobbiamo avvertire i giovani. Dovremmo trovare uno stile di vita che possa soddisfare quel tratto distintivo della gioventù che è l’entusiasmo per il bene, per la giustizia, per la verità e la bellezza. Questo è un grande problema che ci sta di fronte. Non basta solo parlare di questo. Queste domande non sono specifiche solo dell’Ucraina ma si ritrovano anche in altri Paesi. La Comunità di Sant’Egidio – nata proprio da giovani – cerca di aiutare i giovani a trovare sé stessi e la realizzazione della loro vita.

ADRIANO ROCCUCCI: I giovani dell’odierna Ucraina sono eredi della generazione che ha vissuto la fede cristiana durante gli anni della persecuzione sovietica. Secondo lei, cosa vuol dire oggi per un giovane dell’Ucraina essere cristiano, vivere secondo gli insegnamenti del Vangelo?

CARD. LIUBMYR HUSAR:
Dobbiamo essere consapevoli che una certa parte di giovani sono veramente i figli o i nipoti di quelli che hanno vissuto la sofferenza della persecuzione. Forse per quei giovani è più facile. Ma ci sono anche tanti – la maggioranza – che non si trovano in questa condizione e sono cresciuti in famiglie indifferenti alla religione o totalmente comunistizzate. I giovani, comunque, cercano Dio. Quando recentemente abbiamo condotto un sondaggio tra i giovani siamo rimasti contenti di scoprire che essi non sono indifferenti verso Dio e che vorrebbero conoscerlo meglio. Il primo grande compito della nostra società e soprattutto della Chiesa, è proprio aiutare i giovani a trovare Dio. E  una volta trovato Dio, aiutarli a vivere secondo i suoi insegnamenti, a vivere cristianamente. Questa è una grande sfida che non si vince facilmente poiché ci sono tante tentazioni e un grande disordine morale che influiscono sui giovani e li deviano dalla retta via. È molto importante per la gioventù avere pastori buoni che da una parte indichino la giusta via e dall’altra insegnino come vivere l’amore di Dio. Questa è una delle necessità più grandi perché i giovani stessi non sanno orientare la propria vita, farlo da soli mi sembra che sia molto difficile Direi che è quasi impossibile che i giovani, da soli, possano diventare cristiani vivi e giusti senza l’aiuto di qualcun altro. Questo si deve fare insieme, seguendo la strada indicata dal Vangelo, per poter resistere alle tante tentazioni che, purtroppo, sono molto insidiose. Noi abbiamo delle radici cristiane, la nostra cultura è chiaramente cristiana, ma per vivere davvero secondo gli ideali dei nostri antenati e resistere alle tentazioni, così come hanno fatto i nostri genitori e nonni nei tempi recenti, bisogna sviluppare un lavoro comune e una buona assistenza.

ADRIANO ROCCUCCI: Lei ha ricordato che alcune Comunità di Sant’Egidio sono nate in Ucraina e, in varie città, vivono quello spirito di preghiera e di servizio ai poveri che lei ha conosciuto a Roma. Come pensa che questi gruppi possano dare un contributo proprio a queste generazioni di giovani in Ucraina?

HUSAR: La nostra speranza è che l’esempio della Comunità di Sant’Egidio, anche con la stessa forma che esiste qui in Italia e negli altri paesi, si diffonda anche in Ucraina. Questo è un programma di servizio e di preghiera. Questi fondamenti sono tratti importanti per la vita di ogni uomo. Noi non abitiamo in un deserto, in una realtà astratta, ma in situazioni concrete e il nostro rapporto con Dio e con il nostro prossimo è molto importante. Questo modo di realizzare i comandamenti di Cristo nella loro natura così chiara, pura e semplice, si può imparare senza un grande sforzo; è facile viverlo ma dà grandi frutti. C’è già una buona base. Sant’Egidio in Ucraina è già diventata una realtà. Io ho una grande speranza che la Comunità continui a svilupparsi.

ADRIANO ROCCUCCI: Beatitudine, cosa vorrebbe dire ai membri delle Comunità di Sant’Egidio in Ucraina, a coloro che si avvicinano alla Comunità di Sant’Egidio tra i giovani? Cosa vorrebbe augurare loro e dire loro?

CARD. LIUBMYR HUSAR: Nella mia personale esperienza e dalla mia osservazione di ciò che fanno i membri della Comunità di Sant’Egidio, mi sono convinto che questa esperienza sia una cosa molto buona. Vorrei solamente aggiungere un altro elemento del quale non avevo parlato precedentemente. I membri della Comunità di Sant’Egidio in un modo molto bello aiutano diversi gruppi, anche a livello molto alto, a trovare la soluzione delle situazioni di conflitto. Questo è per noi, mi pare, un esempio molto necessario per la sua divina saggezza. Essi aiutano genti che prima erano nemiche, che si facevano guerra l’una contro l’altra, a superare il conflitto interno e a vivere in pace. Io penso che questa sia un’altra caratteristica che fa di questa comunità una comunità così cara e preziosa.