Intervento di Luigi Frudà

alla presentazione del libro "Sant'Egidio: la storia, il culto, le fonti"

Sono un ricercatore empirico applicato, quindi adopero le concettualità, tentando di tradurre il tutto in indicatori empirici. Il primo indicatore empirico di contesto che noi ricaviamo, parlando dei miracoli di Sant’Egidio, è che siamo di fronte al ricorrente conflitto tra fede e ragione. Ma evidentemente qui, oggi in questo nostro contesto, facciamo premio del contesto di fede che ci unisce, rispetto a ogni altro elemento razionale. Nei miracoli ci sono però anche molti elementi razionali, ma quello che ci attrae di più, ci coinvolge, è la testimonianza di fede che ne ricaviamo.

Nei racconti dei miracoli di Sant’Egidio i protagonisti ringraziano. Il ringraziamento è una espressione di fede, di riconoscenza, come leggiamo in tutti i santorali del mondo davanti ai miracoli che si ritrovano nelle diverse tradizioni religiose e culturali come, ad esempio, negli ex voto.

Il punto su cui è utile soffermarsi è la ricerca di eventuali concordanze. Anche all’interno del mito, nella mitologia classica il mito [mimesis, μίμησις in greco] è in Platone la somiglianza delle cose empiriche all'idea trascendente che ne costituisce il tipo universale; mentre secondo Aristotele è la rappresentazione dell'essenza delle cose, operata ad esempio dall'artista; cioè il mito ci vuole dire qualcosa che non è facilmente afferrabile. Il mito mima, quindi, qualcosa che non è facilmente misurabile, documentabile, sul piano razionale. Anche parlando dei miracoli siamo all’interno di questo registro. Di elementi di comparazione ne abbiamo veramente tanti e lo stesso metro di analisi possiamo applicarlo a tante situazioni storiche e culturali. La fede, cioè, può giovarsi anche di un punto di paragone, di un ancoraggio concreto, di un contesto.

Parlando però di concordanze bisogna porre sotto controllo, per quanto possibile, anche le concordanze storiche che ci troviamo ad utilizzare: la tradizione consolidata dell’anno della morte di Sant’Egidio, il 720, va posta dentro un contesto più generale ricordando la situazione storica mediterranea coeva. Una data interessante è il 711, quando il generale Tariq sbarca a Gibilterra e da lì prosegue con la conquista della Spagna; Maometto muore dieci anni dopo l’egira, quindi nel 632; cento anni dopo, nel 732, registriamo la battaglia di Poitiers vinta da Carlo Martello, il primo blocco europeo nei confronti dell’avanzata araba. Quindi possiamo ipotizzare che ci possano essere più concordanze all’interno di quella fascia cronologica per più versi prossima alla cronologia egidiana.

Egidio è stato un santo molto conosciuto: entrò a far parte dei quattordici santi ausiliatori. All’interno di questi quattordici, Egidio faceva parte dei primi cinque ausiliatori ‘speciali’, insieme a San Biagio e a Santa Barbara. C’è una chiesa straordinaria a Bad Staffelstein in Germania, dedicata proprio ai Santi Ausiliatori: è un santuario con una architettura e una devozione straordinariamente fastosa.

Un altro miracolo è da attribuire, ma non è una battuta - nella fede niente avviene per caso - al fatto che oggi siamo qui e abbiamo la Comunità di Sant’Egidio, leader di tante opere di carità e di fede. Non è che la Comunità ha cercato Sant’Egidio, è Sant’Egidio che ha cercato la Comunità! Si dirà che questo avviene per caso, ma apriamo cuore e mente a qualche costruttivo dubbio: non è detto che le cose avvengano per caso o soltanto per caso. Qualche elemento empirico, storico e aggiuntivo lo abbiamo se ne abbiamo volontà e capacità di selezione.

Per esempio, papa Clemente IV, è nato a Saint-Gilles-du-Gard tra il 1190 e il 1200. Vi pare che un papa nato a Saint-Gilles-du-Gard non abbia contribuito alla diffusione del culto di Sant’Egidio? E così è avvenuto.

Ma già in precedenza Callisto II, nato intorno al 1060, è l’ispiratore o autore, intorno al 1120, del Codice Calixtinus, cioè della più antica descrizione del pellegrinaggio a Compostela, una pagina del quale, è dedicata a Saint-Gilles e alla sua sepoltura.

Registriamo quindi delle consolidate testimonianze e tradizioni intorno alla figura di Egidio. Vi sono delle sedimentazioni storiche e fisiche che hanno determinato dei tracciati territoriali ben precisi. Si dubitò persino che il codice Calixtinus fosse effettivamente, autore o ispiratore, di Callisto II e che fosse pura invenzione quanto riferito sulla ricca sepoltura di Egidio; ma, sette secoli dopo, nel 1865 è stata trovata la lapide che segnava la sepoltura di Egidio all’interno della cripta dell’Abbazia: probabilmente negli anni delle lotte di religione la sepoltura era stata occultata e resa del tutto inaccessibile per preservare dal saccheggio e dalla distruzione la cripta la quale ancora oggi è di difficile accesso.
E qui un altro dato storico, questo Sant’Egidio è esistito veramente ed è stato un eremita, che provava fastidio quando stava con Veremedio (o Veredemio, a seconda delle trascrizioni) perché aveva troppa gente intorno che veniva a disturbarlo. E allora se ne va da solo in un romitaggio solitario, che oggi è individuato alquanto prossimo alla abbazia di Saint-Gilles. È l’unico pellegrinaggio che si fa ancora oggi, ma in maniera molto laica, corrispondendo a quell’idea di laicità che viene in Francia dalla Rivoluzione francese. Solo in occasione del 1300esimo anniversario si è organizzata una fastosa e pubblica processione a Saint-Gilles.

Oltre tutto questo però, c’è un’altra fonte che attesta gli atteggiamenti devozionali anche tradizionali, e sono le fonti non solo iconografiche, ma gli inni, i canti, le lodi che sono state nel tempo indirizzate a Sant’Egidio. Un esempio straordinario, così come lo è stato il ritrovamento del santorale, che è stato tradotto con diligenza nel volume di cui parliamo, è il laudario della ‘Compagnia fiorentina di San Gilio’ del 1278. Anche questa è stata una scoperta straordinaria, avvenuta a Firenze nel 1879 e che dobbiamo allo studioso Adolfo Bartoli (altro ...Bartoli dell’800!). Chi ha poi riscoperto e studiato a fondo questo codice delle laudi fiorentine rieditandolo è stato, ed è, Concetto Del Popolo, filologo medievista dell’Università di Torino, nato a Linguaglossa, sotto il patronato di Sant’Egidio. Altra…coincidenza! In questo laudario ci sono tutti gli elementi che sono stati qui richiamati.
Linguaglossa è un vasto comune posto ai piedi del vulcano Etna in provincia di Catania. Qui Sant’Egidio ha fatto storici miracoli: più di una volta, dal 1566 fino al 1923 ha bloccato le eruzioni dell’Etna a pochi metri da un ripido dislivello che avrebbe cancellato per sempre l’intero comune di Linguaglossa.

Concludo con un’altra pista di ricerca che, a mio parere, andrebbe percorsa: la strada italiana. Il culto di Sant’Egidio è diffuso in tutta Europa, in Inghilterra, Francia, Polonia, Germania, Ungheria, Austria ma esiste una particolare geografia italiana che va approfondita culturalmente e storicamente, e che in ampia parte è probabilmente legata ai percorsi storici degli angioini in Italia. Per esempio, Linguaglossa è all’estremo Sud d’Italia l’ultimo patronato di Sant’Egidio abate prima dell’Africa. Ve ne è un altro importante in Sicilia occidentale a Mazara del Vallo, dove abbiamo una corrispondenza perfetta con l’iconografia che troviamo nel fondamentale portale ligneo di Orte in provincia di Viterbo. La devozione italiana più a Nord la troviamo a Verrès in Valle d’Aosta e quella più a Sud a Linguaglossa in Sicilia. Lo studio iconografico e lo studio delle devozioni locali, le più antiche e le più vicine a noi, ci restituiscono molte testimonianze di fede e molte corrispondenze storiche legate alla devozione verso Sant’Egidio.

Si potrebbe affermare che tutto questo sia avvenuto soltanto per puro caso rinunciando a ogni prospettiva di fede, ma se così fosse allora si dovrebbe chiudere non solo con Sant’Egidio, ma anche con gran parte dei Santi che ricordiamo quotidianamente e che sono sedimentazione storica, testimonianza e traduzione fisica di devozioni plurisecolari.

Trascrizione a cura della Redazione