Milano. Liceali in Stazione per distribuire the e coperte

Entusiasmo, impegno e voglia di ascoltare le storie di chi scappa dalla guerra. Perché? «Perché sui giornali leggiamo poco dei profughi, invece così posso conoscerle queste persone, vedere le loro facce, ascoltare le loro voci». In altre parole, accorciare le distanze per scoprire chi sono: la lingua non è un ostacolo, non lo è con i bambini - secondo Elena, tra i giovanissimi volontari della Comunità di Sant'Egidio che fanno accoglienza dei migranti in Stazione Centrale a Milano - ma nemmeno con gli adulti. «Ci sono tra noi alcuni mediatori culturali che parlano l'arabo e riescono a offrirci dei racconti più completi» delle vite spezzate dei tanti Mohamed, Kayuma, Lamar. «In questo modo possiamo avvicinarci al loro dramma e cercare di capire meglio quello che hanno provato e perché sono in viaggio» aggiunge ancora Elena, 17enne originaria di Roma, trasferitasi a Milano da poco.
Non si esaurisce tutto nel portare vestiti e coperte al Memoriale della Shoah, il tristemente noto Binario 21, situato al di sotto dei binari della Stazione Centrale. Proprio lì tra il 1943 e il 1945 centinaia di deportati furono caricati su vagoni merci, che venivano sollevati tramite un elevatore e trasportati così al sovrastante piano dei binari. La destinazione erano i campi di sterminio di Auschwitz-Birkenau e di Bergen Belsen. Nel suo liceo, il classico Berchet, Elena ha raccontato in un'assemblea pubblica cosa fa la comunità 
Sant'Egidio per i richiedenti asilo e ancora di più ha spiegato perché lei da un anno, ogni settimana, frequenta gli spazi del Memoriale della Shoah. «Dopo quell'incontro si è sparsa la voce a scuola - racconta ancora la ragazza-. Tanti si sono dimostrati interessati: anche chi non poteva venire tutte le settimane, ha comunque voluto vivere quest'esperienza sulla propria pelle, almeno una volta». Ed è questa voglia di mettersi in gioco, secondo Elena, a fare la differenza.


[ Ilaria Solaini ]