Morandi tra i detenuti di Poggioreale «Tutti possono sbagliare, ma ci si rialza»

Io e Gianni Morandi a Poggioreale
Canzoni e strette di mano, foto e tante domande. All'incontro anche il Guardasigilli Orlando

Il carcere di Poggioreale come una piazza di un paese dove si tiene un concerto di inizio estate. Appena Gianni Morandi entra nella chiesa del penitenziario, i detenuti presenti si alzano in piedi e scoppia un fragoroso applauso. E subito si crea un feeling tra il cantante bolognese e i carcerati.
Sono in duecento e provengono dai padiglioni Italia, Livorno e Firenze. Molti sono napoletani, qualcuno è straniero, tantissimi i giovani. Morandi intona «Se perdo anche te» e l'atmosfera subito si surriscalda. Interloquisce con i ragazzi, li chiama sul palco per cantare con lui o per eseguire un brano a richiesta. Vincenzo di Scampia, 31 anni e tre figli, chiede di cantare «In ginocchio da te». «A chi la vuoi dedicare?», gli chiede il cantante. «A mia moglie - risponde il giovane - mi diceva di andare a lavorare ed io non ci sono andato, e oggi sono in galera». «Ma come fai a conoscere questa canzone - replica Morandi - mica hai 70 anni?». E poi aggiunge: «Al mondo non esiste chi non ha sbagliato almeno una volta».
Poi il concerto continua con «Un mondo d'amore» e «Vita». «Vita in te ci credo, le nebbie si diradano», dice il testo della canzone. A Poggioreale, per un pomeriggio, le nebbie che si diradano sono quelle dell'isolamento. Tutti cantano, anche gli operatori penitenziari presenti e i volontari della Comunità di Sant' Egidio che ha organizzato l'evento.
Il ministro della Giustizia Andrea Orlando sorride soddisfatto. Quest' anno, per la prima volta nella storia del carcere, in prima fila accanto a lui e al direttore Antonio Fullone, siedono anche i carcerati. È una vera rivoluzione. «Il carcere non è un luogo estraneo alla società civile», afferma il Guardasigilli.
Morandi vuole conoscere le storie di ciascuno, che cosa li ha portati in carcere, fa tante domande ai detenuti: «Quanto tempo devi stare ancora qui? Fuori hai delle persone che ti vogliono bene? Ma una faccia così simpatica come la tua, cosa può aver fatto di male?». E ancora: «Ti viene a trovare tua moglie, ti porta un regalo?». E l'uomo risponde che i figli sono il regalo più bello. «Ma guarda che sono una responsabilità», gli ricorda l'artista.
Nella platea si intrecciano storie di dentro e di fuori, del carcere e fuori. Un giovane chiede di dedicare «Solo insieme saremo felici» a una cugina che vive a Latina e che lo aspetta quando uscirà. Un altro detenuto rivela che solo lo scorso 5 maggio ha incontrato Morandi in una trattoria di via Tribunali e il cantante ha dedicato una canzone al figlio che compiva gli anni. «E ora dice con amarezza - sono qui».
Il legame tra Napoli e Morandi è profondo e antico. È cominciato quando il giovane Gianni, già una star nazionale, girava i film musicarelli negli anni Sessanta, vestito da militare, e quando teneva i concerti alla Sanità dove alla fine per salutarlo tutti sventolavano i fazzoletti. Ma è stata anche l'amicizia con Lucio Dalla, che gli raccontava della passione e dell'allegria dei napoletani, a legarlo ancora di più alla città. E quando intona «Caruso», è tutto un coro che canta commosso. Così come sull'accenno a «Quando» e a «Napul' è» di Pino Daniele.
Poi è la volta de «Il padrino» e dell'omaggio a Rota: il pubblico accompagna la melodia della canzone, la musica sembra riuscire a sciogliere la durezza di vite difficili, e «ci aiuta a stare insieme», aggiunge Morandi.
«Uno su mille» è la canzone della risalita, di quando si sta a terra nella polvere e non si vede via d'uscita. Un inno alla vita e alla speranza che chissà quante volte i carcerati hanno cantato in cuor loro. Un Pulcinella di terracotta è il regalo che il cantante si porta via per ricordare questa giornata particolare.
Il concerto, dopo quasi due ore finisce. Un gelato al limone offerto dai volontari rinfresca e rende meno triste il rientro in cella. Morandi saluta uno per uno i detenuti, stringe le mani a tutti e si fa fotografare con loro. All'uscita del portone del carcere chiede se anche chi viene scarcerato varca quella porta. E si fa ritrarre mentre esce, immedesimandosi in uno di loro. Sicuramente gli saranno tornate in mente le parole della sua canzone, «perché al mondo no, non esiste nessuno che non ha sbagliato una volta».


[ Antonio Mattone ]