Roma, il caso dei senza dimora «Meno diritti con nuove regole»

Le associazioni: preoccupano le scelte del Campidoglio. Caritas, Sant'Egidio e Centro Astalli: dubbi sulle iscrizioni anagrafiche, a rischio medico di base e alloggi popolari

Allarme degli enti caritativi di Roma. Le nuove norme del Campidoglio sull'iscrizione anagrafica rischiano cli ridurre i diritti dei senza dimora, richiedenti asilo e di chiunque non ha un contratto di affitto. Limitandone di fatto l'accesso a molti diritti fondamentali: documenti, medico di base, case popolari. A segnalare il rischio sono Caritas di Roma, Comunità di Sant'Egidio, Esercito della Salvezza, Focus-Casa dei diritti sociali e Associazione Centro Astalli, che in una nota comune esprimono «seria preoccupazione per la Deliberazione della Giunta Capitolina (n. 31 del 3 marzo 2017)», che affida di nuovo ai Municipi - in modo esclusivo - il servizio di iscrizione anagrafica delle persone senza fissa dimora. Un compito di mediazione che le cinque organizzazioni si erano accollate «a titolo gratuito e con personale esperto in oltre 20 anni di collaborazione con il Comune di Roma» e che ora l'amministrazione reclama. Creando carichi di lavoro enormi per gli uffici.
Gli enti finora potevano segnalare al Comune utenti dei servizi del volontariato, per far avere loro la residenza virtuale all'indirizzo degli stessi servizi cui si rivolgevano. Ora tutto torna al pubblico. «Uno schiaffo al volontariato e a chi in tutti questi anni nella città ha garantito coesione sociale», commenta Paolo Morozzo della Rocca della Comunità di 
Sant'Egidio. Gli enti caritativi all'amministrazione capitolina avevano già evidenziato le lacune nel percorso di emanazione della delibera. Inutilmente: «Difficile che ora, autonomamente, persone estremamente fragili come i senza dimora si rivolgano presso gli uffici circoscrizionali. Il rischio concreto è che non lo faranno -temono le associazioni restando "fantasmi" dal punto di vista amministrativo». Appelli inascoltati.
«La procedura - spiega 
Sant'Egidio - ora prevede una richiesta preventiva ai servizi sociali, che dovranno appurare la posizione della persona senza dimora, che a quel punto potrà chiedere l'iscrizione all'anagrafe. Non un controllo a posteriori». All'origine della decisione ci sarebbero alcuni casi di residenze fittizie usate da aziende. «Abusi resi impossibili, già da due anni a questa parte, dalla Camera di commercio - dice Morozzo della Rocca - che aveva provveduto a negare la possibilità di aprire la partita lva senza un indirizzo reale e non virtuale».
Il rischio concreto invece, avvertono le associazioni, è che tutte queste persone, senza l'iscrizione anagrafica, «non potranno avere il documento di identità, esercitare il diritto di voto, ottenere l'assistenza sanitaria e tutte le misure sociali collegate alla residenza, come anche la possibilità di chiedere la cittadinanza, il
riconoscimento di invalidità, riscuotere la pensione». Diritti ottenuti oggi da circa 20mila persone a Roma, segnalano gli enti, «di cui 18mila non più "invisibili" grazie al lavoro di prossimità delle associazioni, e solo 2 mila per opera delle strutture comunali`.
«Il problema non riguarda solo chi dorme sotto i ponti - avverte Sant'
Egidio - ma ad esempio i rifugiati che dopo devono lasciare le strutture di accoglienza, chi non ha un regolare contratto di affitto, chi vive in subaffitto, le colf presso le famiglie». Perché? Per Morozzo della Rocca «la decisione è frutto di una cultura moralista che si salda con l'idea statalista che solo il pubblico può garantirci dalla corruzione. Ma senza strutture e personale gli abusi semmai si moltiplicheranno»


[ Luca Liverani ]