Sant'Egidio. Madri e figli rifugiati a scuola d'integrazione

Progetto della Comunità per 400 donne, grazie al sostegno dell'azienda Msd. Lingua, lavoro e aiuto burocratico per avviarle all'autonomia e consentire loro di aiutare altre donne

Aisha ha attraversato da sola il Benin, il deserto e la Libia per fuggire dalla Nigeria. Poi i 700 dollari dati ai trafficanti per la traversata del Mediterraneo e il salvataggio in mare da parte delle navi italiane. E infine la nascita di Sara, due mesi, che ora dorme beatamente tra le sue braccia. Lei è una delle 50 donne che hanno fatto parte del progetto pilota della Comunità di Sant'Egidio "Madri e figli rifugiati: dall'accoglienza all'inclusione", che ora spicca il volo fino ad aiutare entro l'arino 400 donne grazie al sostegno economico di 100mila euro di Merck & Co, la multinazionale farmaceutica, tramite la sua consociata italiana Msd. Come? In quattrocento modi differenti, con percorsi personalizzati che si muovono dai bisogni di prima necessità, alle esigenze burocratiche, al kit scolastico per i bambini e parallelamente all'insegnamento della lingua italiana, alla formazione professionale da caregiver e di economia domestica. Al termine del percorso l'obiettivo sarà la loro autonomia con la ricerca di un lavoro e un sostegno all'affitto per portarle fuori dai centri di accoglienza.
Sono arrivate via mare, con i corridoi umanitari che l'associazione trasteverina ha avviato da più di un anno o sono vittime di tratta con in mano un mandato di espulsione. Sostenere loro, infatti, significa salvare una famiglia ed innescare da qui un processo virtuoso di auto-aiuto che permetterà di aiutare anche altre donne. «Il primo passo per loro è proprio la lingua e la scuola per i figli, perché queste donne hanno voglia di futuro per sé e i loro bambini», spiega Daniela Pompei, responsabile Migrazioni di Sant'Egidio, presentando ieri nella sede della comunità il progetto «che non vuole fermarsi all'accoglienza». L'integrazione di grandi e piccini infatti, «è un investimento per quella famiglia, dunque per il loro domani, ma anche per il futuro del nostro Paese».
L'inclusione in realtà è «la naturale prosecuzione dell'attività di salvataggio in mare. E passa attraverso tappe come questi progetti», ricorda il sottosegretario all'Interno, Domenico Manzione, sperando in un'approvazione «il prima possibile del Piano nazionale integrazione». Ma alla vigilia della partenza per Tallinn dove «non ci aspettiamo risposte definitive» ammette il sottosegretario - l'auspicio è «una presa di coscienza internazionale», perché «il primo nemico da combattere è l'indifferenza». Perciò in una società che continua a frantumarsi «e ci rende tutti connessi, ma con la contraddizione che è una tela strappata»- è la metafora usata dal presidente della Pontificia accademia per la Vita, monsignor Vincenzo Paglia - con questo progetto «s'inizia a ritessere la rete della fraternità e della prossimità».
I migranti difatti sono una «priorità umanitaria che non possiamo e non dobbiamo ignorare», è l'appello di Mario Marazziti, presidente della commissione Affari sociali di Montecitorio, invitando a «fare contro-informazione culturale sui migranti», anche perché «l'esperienza della Sant'Egidio, dove s'inventano soluzioni a problemi impossibili, dimostra che si può creare lavoro e integrare le persone». Anche con leggi buone, come quella sulla cittadinanza all'esame del Senato, che se non approvata per il deputato centrista «porterebbe ad un errore gravissimo: relegare quasi un milione di bambini e ragazzi in una sorta di limbo, esponendoli a percorsi di marginalità».


[ Alessia Guerrieri ]