OMELIE

"Possa il ricordo di quella strage, che poteva essere evitata, aprire le menti e i cuori". Le parole di Andrea Riccardi nella preghiera a dieci anni dal naufragio di Lampedusa

Matteo 8, 23-27
Salito sulla barca, i suoi discepoli lo seguirono. 24Ed ecco, avvenne nel mare un grande sconvolgimento, tanto che la barca era coperta dalle onde; ma egli dormiva. 25Allora si accostarono a lui e lo svegliarono, dicendo: "Salvaci, Signore, siamo perduti!". 26Ed egli disse loro: "Perché avete paura, gente di poca fede?". Poi si alzò, minacciò i venti e il mare e ci fu grande bonaccia. 27Tutti, pieni di stupore, dicevano: "Chi è mai costui, che perfino i venti e il mare gli obbediscono?".

Chi c’è su una barca che attraversa il Mediterraneo partendo dalla Tunisia, dalla Libia o da altri paesi?
Chi c’era sulla barca che il 3 ottobre 2013 naufragò a Lampedusa? Alcuni etiopici e tanti eritrei. Più di 300 morti, 155 superstiti.
Erano un’onda nera che invadeva l’Europa? In larga parte erano esuli dell’Eritrea, dove i giovani, purtroppo, fuggono un mondo repressivo, incamminandosi nella speranza di una vita più libera.
Ma ascoltando questo Vangelo noi pensiamo che sulla barca c’erano anche Gesù e i suoi discepoli. Quelli sulla barca hanno pregato, come si vede dai tanti segni religiosi ritrovati nei naufragi: Salvaci, Signore, siamo perduti! La barca, infatti, era ricoperta dalle onde.
Quel 3 ottobre fu una strage.
Allora molti, da questa parte del mare, si fermarono, piansero, forse qualcosa di buono ne venne. Il dolore era tanto, era giusto, per le madri e le mogli lontane, per i figli, i padri, gli amici.
Purtroppo, quella strage, in dieci anni, non ha cambiato le condizioni di una colonna di esuli che viene dal Sud del mondo, dalle guerre, dalla fame, dalle crisi ecologiche, dalla sfiducia nel proprio paese, dal sogno di una vita nuova.
La spinta a partire è dentro la società e non è nei fattori di attrazione!

La strage e dieci anni di dolori e le morti che sono seguite, ci interrogano in questa preghiera che ci ritrova in tanti. Gente che ha compiuto un viaggio verso questo paese, gente che ha accolto, gente che ha seguito. E noi chiediamo: salvaci, Signore, siamo perduti! Lo chiediamo tutti, quelli che sono sulla barca e quelli che non ci sono.
Salvaci, Signore, siamo perduti! Siamo perduti nell’indifferenza, abituati ormai a vedere affondare le barche o a guardare distratti chi approda. Siamo perduti, perché in dieci anni non abbiamo avuto né il coraggio né la fantasia si creare alternative, mentre ci sentiamo vittime di una invasione. È il solito gioco: la vittima sono io! Ma chi è vittima, se non i rifugiati e i migranti?
In dieci anni la società, fosse l’Europa, fosse l’Italia, non ha saputo affrontare positivamente, costruttivamente, questo dramma. Ripetiamo con pigrizia l’interrogativo: come fermare questa colonna di esuli?
Dio ascolta il grido: Signore, salvaci! Dio ci ama sempre attraverso qualcuno, diceva don Puglisi e, infatti, Dio ha mandato qualcuno incontro a quella barca, incontro a quelli che sono sbarcati, incontro a quelli che sono arrivati.
Questa è l’esperienza personale dei migranti e dei rifugiati. Loro stessi in questi anni hanno fatto l’esperienza di vivere insieme con altri, con gente di altro mondo. Lavorare insieme, fratelli, nel rispetto vicendevole. Non solo è possibile, ma è necessario, per gli uni e per gli altri, necessario per tutti.
L’umanità di coloro che sono stati accolti, la gente dei corridoi umanitari, hanno mostrato come sono una benedizione per il paese.
Come è bello e dà gioia vivere da fratelli, da cittadini, nelle tradizioni e nelle leggi di un paese, parlandone la lingua, anzi desiderosi di più diritti, perché già rispettosi di tanti doveri.
Questa esperienza di umanità ci dà occhi nuovi, con cui guardare a un grande fenomeno storico, da affrontare prima di tutto umanamente, perché siamo il paese dell’umanesimo, ma anche politicamente ed economicamente. L’esperienza mostra che molto, molto è possibile, quando invece si continua a ripetere che quasi niente è possibile. Che le ragioni del cuore sono buone, ma le ragioni della realtà e della politica sono stringenti.
Noi cristiani, la Chiesa, ha sempre guardato con affetto e partecipazione ai migranti, di cui ha fatto una esperienza di secoli, certamente in continuità dal ‘900 a oggi. Dopo la Seconda guerra mondiale, Pio XII diceva: "È inevitabile che alcune famiglie, qua e là emigrando, cerchino altrove una nuova patria. Va rispettato il diritto della famiglia ad avere uno spazio vitale".
Inevitabile, diceva, che cerchino una nuova patria. Ma con grande intelligenza capovolgeva un concetto. Infatti, durante la guerra i nazisti avevano parlato di spazio vitale per la Germania, che doveva dominare l’Europa, e qui invece Pio XII parla di spazio vitale per la famiglia migrante. E dice: "Vedo favorevolmente una distribuzione migliore della popolazione della terra". Siamo negli anni ’50.
La comunità che qui prega non può non vedere nei migranti i forestieri da ospitare, in cui Gesù si riconosce. Ma anche, con la storia che abbiamo insieme da anni, vede nei migranti e nei rifugiati degli amici fidati e fedeli. Spesso più giovani, che vogliono vivere con franchezza e sincerità con noi.
Questo è il nostro sentire. È un sogno? È una utopia? Ma il Vangelo è sogno! Qui si tratta di Vangelo, ma non solo di Vangelo. Si tratta di vari decenni di costruttiva e gratificante esperienza insieme, di cui siamo testimoni e artefici. Abbiamo visto ambienti abbandonati risorgere, abbiamo visto persone consolate, abbiamo visto bambini "stranieri" nascere come figli del nostro popolo.

Quanto è strano che sia diventato un incubo per alcuni la presenza degli stranieri! Dire che è un incubo distrae dai veri bisogni del nostro popolo, che non sono difendersi dagli stranieri, ma sono la pace, la fatica di vivere, di arrivare alla fine del mese, la scuola, gli anziani, la sanità.
Ci troviamo in un momento di doloroso ricordo, un decennale importante e triste. Possa il ricordo di quella strage, che poteva essere evitata, aprire le menti e i cuori. Possa la presenza di tanti non italiani mostrare che il futuro insieme è già cominciato.
Il Signore si leva sulle onde del mare, sulle tempeste, le tempeste degli odi e delle paure. Si fa una gran bonaccia, e sia pace. Il Signore dia pace a chi è scomparso nel Mediterraneo, il Signore dia pace a chi oggi si sta avventurando per vie terribili. Il Signore dia pace a noi tutti insieme. Amen.