«Lavoriamo insieme per ricucire l`Italia»

«Lavoriamo insieme per ricucire l`Italia»

Bassetti: investiamo i talenti, no a odio e razzismi

I cattolici non devono «avere paura della politica ed essere assenti!». Non devono avere «paura della responsabilità politica». In un «momento così critico della nostra storia» non possono essere «assenti o latitanti», ma devono essere presenti «con i loro valori, anzi - come diceva Paolo VI - quali "esperti in umanità" ». Altrimenti rischiano l'«irrilevanza», davanti «agli uomini», ma soprattutto «davanti a Dio». È questa «la svolta nella vita del Paese cominciare a lavorare insieme» auspicata dal cardinale presidente della Cei Gualtiero Bassetti. Un invito ai cattolici lanciato nel corso della Veglia di preghiera per l'Italia celebrata ieri sera nell'antica basilica romana di Santa Maria in Trastevere. In molti hanno aderito all'iniziativa promossa dalla Comunità di Sant'Egidio. In prima fila il fondatore Andrea Riccardi e il presidente Marco Impagliazzo. Con loro l'ex viceministro Mario Giro, il procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone e il fondatore della Cooperativa Auxilium Angelo Chiorazzo. Tanti i semplici fedeli che hanno affollato le navate della chiesa. Tutti, dopo aver ascoltato il brano del Vangelo di Matteo con la parabola dei talenti, seguono attentamente le parole dell'arcivescovo di Perugia-Città della Pieve.

Il cardinale Bassetti, che all'inizio dell'omelia ha calorosamente salutato l' arcivescovoVincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, ha subito ribadito che «è eticamente doveroso lavorare per il bene comune dell'Italia senza partigianeria, con carità e responsabilità, senza soffiare sul fuoco della frustrazione e della rabbia sociale». E ha esortato «tutte le forze politiche, gli operatori della comunicazione, i responsabili a qualunque titolo» a non badare «all'interesse immediato e diparte!». Ammonendo, con le parole del profeta Osea, che quanti «hanno seminato vento», poi «raccoglieranno tempesta». Per Bassetti, «la conclusione di un periodo difficile, con la composizione di un nuovo governo, richiama tutti a un senso di responsabilità nelle parole e nei fatti, sempre tenendo conto del rispetto delle persone e del bene comune». Per il presidente Cei, «c'è un tessuto umano da ritessere in questi angoli di mondo e in tutta la società civile italiana in nome della pace civile e sociale». E la Chiesa italiana «è impegnata nel rammendo nella società italiana», perché «è e vuole essere segno di unità e di pace di tutto il popolo italiano». Non solo: «Il mondo intero ha bisogno di un'Italia in pace», anche perché il nostro Paese «dà all'Europa, al Mediterraneo, al mondo un grande contributo di servizio alla pace, di cultura, di lavoro, di sviluppo». E poi «c'è un'umanità italiana che non dobbiamo perdere o lasciar stravolgere da odio razzismi, ma incrementare e trasmettere ai nostri figli». Bassetti non manca di fare «i migliori auguri di buon lavoro al nuovo governo al servizio del bene comune del Paese». «Ma non possiamo dimenticare - prosegue - che c'è stato un clima di tensione e attimi di conflittualità che sono emersi dalle viscere profonde del Paese». «Soprattutto su internet - stigmatizza -, il cui uso talvolta irresponsabile è da biasimare, ho visto montare una rabbia sociale persino contro la persona del presidente della Repubblica e la sua misurata e saggia azione di garanzia di tutti i concittadini». Il porporato, parlando poi di «patria», sollecita attenzione per «coloro che l'hanno persa o che ne sono stati scacciati o l'hanno dovuta abbandonare», e che «sanno bene quale valore essa abbia». «Tanti rifu- giati e profughi- osserva - cercano una patria con un volto materno». Il cardinale Bassetti cita Paolo VI, Giovanni Paolo II e Papa Francesco. E chiude con la preghiera pronunciata da Papa Wojtyla nel 1994. La "Grande Preghiera per l'Italia" di quell'anno è stata richiamata alla memoria anche dal professor Riccardi colloquiando con i giornalisti prima dell'inizio della Veglia. «Bisogna uscire dalla campagna elettorale permanente che rischiamo di vivere», ha osservato il fondatore di Sant'Egidio. «Le veglie - spiega -non si fanno perché si ha paura dei governi. È un momento di riflessione sul modello di quel che fece Giovanni Paolo II. L'auspicio è che ci sia un periodo di pacificazione. Stiamo vivendo troppe tensioni inutili».


[ GIANNI CARDINALE ]