Al "concertone" di Sant'Egidio: "Basta guerra"

"La musica unisce". La spiega così l'iniziativa Stefano Orlando, responsabile pace della Comunità di Sant'Egidio. Piazza del Popolo, Roma, sabato pomeriggio. Sul palco si susseguono le band di "Play music-Stop war", concertone organizzato da Sant'Egidio. Davanti a una piccola folla di ragazzi sotto i vent'anni. La maggior parte i giovani per la pace di Sant'Egidio. Curioso colpo d'occhio. Ma soprattutto variegato insieme di punti di vista in formazione. Perché la manifestazione è soprattutto un evento culturale. Per spostare la prospettiva. Parafrasando uno slogan del passato recente, per dire che "un altro modo è possibile". Per guardare la guerra in Ucraina, per arrivare alla pace, per formare le giovani generazioni.
Si stringe in una maglietta bianca e nera M. Ha 13 anni, è arrivato dall'Egitto con i genitori 3 anni fa. "Sono qui per dire no alla guerra", dice, dopo un attimo di timidezza. Di chi è la colpa? "Di Putin, certo, che bombarda persone che non c'entrano niente". Da sotto al berretto, G., 12 anni, pelle scura, che si autodefinisce "romano", anche se è figlio di genitori nigeriani, dice semplicemente (ma con l'efficacia dei più piccoli): "La guerra? Mi dispiace".
Provano il dibattito, cercano l'argomentazione, invece, S. e A. Sono sedute vicine, la prima è castana, gesticola vivacissima. La seconda ha i capelli neri e lunghi tipici della sua terra d'origine, il Bangladesh. Riflessiva, cerca con cura le parole. Putin? "È colpa sua certo. Ma non dovrebbe pagare con la morte", inizia S. Si ferma, prova a ricominciare, chiarisce: "Non mi riesco a spiegare". Si capisce che cerca di dare forma a un pensiero, che non vuol dire solo questo. Che mette insieme informazioni. Ed è complicato. "Cioè quello che ha fatto è sbagliato, ma la guerra è un macello per tutti". A. si sbilancia: "In fondo, ha fatto questo macello anche per proteggere il suo popolo". Cerca le parole. La questione è evidentemente oggetto di discussione e di riflessione tra le due. Su un punto è categorica: "Mandare le armi è sbagliato".
Leonardo di anni ne ha 20. E alla domanda, "che fai?", risponde "Il volontario. E poi lavoro". Fa "un po' il giardiniere, un po' il cameriere", ma sta anche fondando una rete, che si chiama "I disarmati". Il suo punto di vista è chiaro: "Ci sono troppe armi, a troppi piacciono le armi. Gli F-35, per dire, sono stati usati in altre guerre. Perché le armi se le produci, le usi".

Più va avanti il pomeriggio, più arrivano ragazzi e accompagnatori. Sotto il palco c'è un gruppetto composito. "Perché stiamo qui? Per accompagnare lei", dice G. Suonano artisti noti e meno noti. Il rapper Anastasio. E poi Niccolò Carnesi, Cmqmartina, Comete, Ditonellapiaga, Fasma, Fellow, Galeffi, Gianmaria, Marco Guazzone, Giulia Luzi, Angelina Mango, Motta, Orchestraccia e Matteo Romano.
È ancora Stefano Orlando a spiegare: "Noi crediamo nel dialogo. D'altra parte, l'abbiamo sempre fatto. Anche in Mozambico. Lì c'erano i tagliagole, mica facile. E poi, Putin è una cosa, i russi sono un'altra". E come si fa? "Io qualche idea ce l'avrei pure, ma siamo qui per dire che i giovani vogliono la pace".


[ Wanda Marra ]