Preghiera per i migranti

Comunità di Sant'Egidio
Giovedì 7 luglio alle 20.45 in S. Lorenzo con mons. Arnolfo

Giovedì 7 luglio alle 20.45, nella chiesa di San Lorenzo in corso Libertà 188, angolo via Cagna a Vercelli, la Comunità di Sant'Egidio promuove la preghiera "Morire di speranza", in memoria di quanti hanno perso la vita nei viaggi verso l'Europa. L'incontro sarà presieduto dall'arcivescovo mons. Marco Arnolfo e saranno presenti Stanislao Calati, pastore della Chiesa valdese-metodista, padre lulian Paun, parroco della Chiesa ortodossa romena, e migranti provenienti da diversi Paesi. Nel corso della preghiera saranno pronunciati ad alta voce alcuni nomi di chi è morto tragicamente nell'ultimo anno, accompagnati dall'accensione di candele in loro memoria, da riflessioni e da canti.
«In questi mesi - spiega Paolo Lizzi della Comunità di S. Egidio novarese - la guerra in Ucraina ha catalizzato la nostra attenzione, con la triste conta delle vittime e l'enorme numero di profughi che ha causato. Anche in Italia, stiamo compiendo uno straordinario sforzo di solidarietà nei confronti di chi fugge dai bombardamenti e dagli attacchi missilistici. Ma non dobbiamo dimenticare gli oltre 61.000 dell'immigrazione verso l'Europa, morti e dispersi dal 1990 ad oggi nel Mediterraneo e lungo le altre rotte via terra». Dal gennaio 2021 ad oggi, 3.200 profughi hanno perso la vita solo perché cercavano un futuro migliore.
«E' la storia dí due bambini, Mousa del Mali e Omar del Gambia, i cui corpi sono stati recuperati con quelli di alcuni giovani fra il 3 e il 17 aprile scorsi nel fiume Kupa, al confine tra Croazia e Slovenia: stavano tentando di raggiungere l'Italia - ricorda Lizzi - O la dolorosa vicenda delle 58 persone morte nei mesi scorsi cercando di attraversare il confine tra Bielorussia e Polonia, vittime di un vergognoso "gioco politico" fra gli stati europei.
«"Morire di speranza" viene promossa ogni anno dalla Comunità in diverse città - conclude Lizzi - per non dimenticare l'attesa e, al tempo stesso, la sofferenza di chi cerca protezione in Europa, per non rassegnarsi o assuefarsi alle tragedie ma impegnarsi per un mondo più umano e giusto. Raccoglie singoli e associazioni che ritengono necessario salvare, accogliere e integrare chi fugge dalle guerre, ma anche ampliare i corridoi umanitari e aprire nuove vie legali per motivi di lavoro. Solo in questo modo le nostre società potranno essere più inclusive e quindi più sicure».