Multilateralismo unica via. Ma politica e diplomazia balbettano

Il panel
"Nessuno si salva da solo" è stato il tema della tavola rotonda con Giro, Sachs, Segui, Tarquinio,. Tveit. Il dialogo chiave della cooperazione L'importanza del ruolo della Ue.

Multilateralismo in crisi profonda. La speranza di un'era di pace, dopo la fine della Guerra fredda, è stata irresponsabilmente sprecata. Oggi che il rischio di una guerra nucleare è concreto - e dunque di dialogo c'è un bisogno vitale - diplomazia e politica balbettano. Se la guerra non risolve nulla, il multilateralismo è l'unica via: ogni altra scorciatoia porta all'abisso.
Tema bollente quello affrontato durante l'Incontro internazionale per la pace, promosso dalla Comunità di Sant'Egidio, per il dialogo di religioni e culture nello spirito diAssisi. «Nessuno si salva da solo: dialogo e multilateralismo in un mondo diviso» è proprio il tema di uno dei più attuali tra i cinque dibattiti alla Nuvola dell'Eur. Non ha dubbi Jeffrey Sachs, docente alla Columbia University e consigliere speciale del Segretario generale dell'Onu: «Se vogliamo sventare esiti disastrosi - esorta - dobbiamo ricorrere al dialogo, chiave della cooperazione. Siamo sull'orlo di una guerra nucleare. Ma Biden sul G20 di Bali dove potrebbe incontrare Putin ha detto: "Ma perché ci dobbiamo parlare?': Questa è la mentalità. Se proseguiamo per questa strada non ci sarà sopravvivenza».
Critico sul ruolo degli Stati Uniti, Sachs spera nell'Europa: «La Ue ha le migliori istituzioni di cooperazione e i migliori valori, ma non deve confondersi con la Nato, che è un'alleanza militare guidata dagli Usa. L'Ue è una cosa distinta, da questo dipende il suo futuro». Dopo lo scioglimento unilaterale di Gorbaciov del Patto diVarsavia «gli Usa promisero - dice Sachs - che la Nato non si sarebbe spostata di un centimetro a Est. I grandi imperi mentono per professione».
Per Mano Giro della Comunità di Sant'Egidio, esperto di geopolitica, «il multilateralismo è come l'aria: te ne accorgi quanto sia vitale quando manca. E se non ci fossero le Nazioni Unite e l'Unione Europea, staremmo peggio». La forza del multilateralismo, spiega, «è che non dà torti né ragioni, ma cerca di costruire architetture di pace. L'arte del dialogo è realismo lucido che pensa al futuro e mira a risparmiare sangue». E nel negoziato che «ci si riconosce, anche se non è detto che debba finire subito con un sì. Ma mettere tante condizioni preventive è sbagliato». Per l'ex viceministro degli Esteri invece dalla guerra non arriva nessuna soluzione: «La guerra non è un altro mezzo di fare politica, è il male in sé, non il nemico. Stravolge il modo stesso di ragionare, occupa tutti gli spazi di discussione, schiaccia tutto sull'oggi e impedisce di ragionare sul futuro».
La guerra e le guerre. Marco Tarquinio, direttore di Avvenire, ricorda il tragico censimento dell'Università di Uppsala: «Sono 169 i conflitti aperti, solo 4 quelli tra due Stati, gli altri di stati contro pezzi di popolazioni. Le guerre si fanno perché si vendono armi, la spesa militare è aumentata anche durante la pandemia».
«Abbiamo trascurato i segnali delle guerre nei Balcani e nel Mediterraneo», è la constatazione di Ettore Sequi, segretario generale della Famesina: «Ci siamo illusi, invece per il mantenimento della pace serve un'azione continua». Ma «le Nazioni Unite devono essere più efficaci, più presenti, più rappresentative. Il Consiglio di sicurezza va riformato». Un esempio di dialogo costruttivo arriva dalle religioni, dice il pastore luterano Olaf Fykse Tveit, presidente della Conferenza episcopale di Norvegia: «L'ecumenismo è il multilateralismo delle chiese cristiane. Che devono tenersi lontane dalla tragica politicizzazione della religione». 


[ Luca Liverani ]