«Ascoltare il grido di pace»

Il Papa ha concluso al Colosseo l'incontro interreligioso della Comunità di Sant'Egidio
«Non lasciamoci contagiare dalla logica perversa della guerra; non cadiamo nella trappola dell'odio per il nemico» L'appello firmato dai rappresentanti di tutte le religioni

Il grido di una pace «violata, ferita, calpestata» lanciato al Colosseo da Papa Francesco è rivolto direttamente ai governanti, i primi che devono chinarsi per ascoltarlo «con serietà e rispetto». Gli stessi potenti che oggi, mentre «siamo nella terza guerra mondiale», minacciano «l'uso delle armi atomiche che colpevolmente, dopo Hiroshima e Nagasaki, si è continuato a produrre e sperimentare». Dinanzi all'anfiteatro nel cuore di Roma, Bergoglio ha partecipato martedì sera al momento conclusivo del XXXVI incontro interreligioso nello spirito di Assisi, promosso dalla Comunità di Sant'Egidio il cui titolo "Il grido della pace" era scritto sul palco a caratteri cubitali blu.
Un urlo che «non può essere soppresso», sale «dal cuore delle madri, è scritta sui volti dei profughi, delle famiglie in fuga, dei feriti o dei morenti. E questo grido silenzioso sale al Cielo. Non conosce formule magiche per uscire dai conflitti, ma ha il diritto sacrosanto di chiedere pace in nome delle sofferenze patite, e merita ascolto», ha affermato Francesco. Un grido «spesso zittito, oltre che dalla retorica bellica, anche dall'indifferenza, tacitato dall'odio che cresce mentre ci si combatte». Prima di salire sul palco, il Papa, insieme ai rappresentanti cristiani, ha pregato per la prima volta nell'area centrale dell'arena. Le altre religioni hanno invece pregato in diversi luoghi della città. Poi, accolto tra gli altri dalla scrittrice e testimone della Shoah Edith Bruck, Francesco ha raggiunto il palco.
Dalla fine del secondo conflitto mondiale «le guerre non hanno mai smesso di. insanguinare e impoverire la terra - le parole del Papa -, ma il momento che stiamo vivendo è particolarmente drammatico. Per questo abbiamo elevato la nostra preghiera a Dio che sempre ascolta il grido angosciato dei suoi figli». Una preghiera capace di andare oltre «i disegni dei potenti della terra che non danno affidamento alle giuste aspirazioni dei popoli». La pace è un dono di Dio, ha spiegato Bergoglio, evidenziando che «questo dono dev'essere accolto e coltivato da noi uomini e donne, specialmente da noi credenti. Non lasciamoci contagiare dalla logica perversa della guerra; non cadiamo nella trappola dell'odio per il nemico. Rimettiamo la pace al cuore della visione del futuro come obiettivo centrale del nostro agire personale, sociale e politico, a tutti i livelli. Disinneschiamo i conflitti con l'arma del dialogo».
Affiancato dai rappresentanti delle grandi religioni, Francesco ha fatto sue le parole pronunciate da Giovanni XXIII esattamente 60 anni fa, quando il mondo era minacciato dalla crisi di Cuba. «Promuovere, favorire, accettare i dialoghi, a tutti i livelli e in ogni tempo, è una regola di saggezza e di prudenza che attira la benedizione del cielo e della terra», ha rievocato il Pontefice ricordando anche l'appello lanciato lo scorso anno sempre dal Colosseo. «Le religioni non possono essere utilizzate per la guerra - ha ripetuto il vescovo di Roma -. Solo la pace è santa e nessuno usi il nome di Dio per benedire il terrore e la violenza. Se vedete intorno a voi le guerre non rassegnatevi! I popoli desiderano la pace».
Per il presidente della Comunità di Sant'Egidio, Marco Impagliazzo, «le strade di pace ci sono. Si tratta intravederle, indicarle, aprirle, percorrerle». Durante la serata si sono susseguite le testimonianze di Alicia Peressutti, fondatrice e direttrice della associazione Civile Vinculos en Red, dell'Argentina, che ha parlato della tratta degli esseri umani, «una Via Crucis permanente in cui ogni stazione è più dolorosa della precedente». Esther, nigeriana, ha raccontato del suo arrivo in Italia grazie al progetto dei Corridoi umanitari che l'hanno salvata «dall'inferno».
E' stato quindi osservato un minuto di silenzio in memoria di tutte le vittime delle guerre, del terrorismo e della violenza. Poi la lettura dell'appello di pace da parte di Elissar, rifugiata dalla Siria. Nel testo, firmato dal Papa e dagli altri rappresentanti delle religioni, si chiede di liberare il mondo «dall'incubo nucleare», riaprire «subito un dialogo serio sulla non proliferazione nucleare e sullo smantellamento delle armi atomiche» e di ripartire insieme «dal dialogo che è medicina efficace per la riconciliazione dei popoli». Mentre l'appello veniva distribuito, i presenti hanno sollevato cartelli bianchi con la scritta "Pace" in varie lingue. 


[ Roberta Pumpo ]