Il naufragio di Crotone, «chiamata per tutti alla responsabilità»

L’appello della Fondazione internazionale Oasis, firmata da numerose autorità cristiane e musulmane. Le migrazioni, «fatto umano che interpella la coscienza di ognuno»

«L’ultimo, tragico, naufragio di una barca di migranti nel Mar Mediterraneo chiama tutti a un’assunzione di responsabilità. Per la sua complessità, il fenomeno migratorio ha bisogno di soluzioni di varia natura, che tengano conto dei fattori politici, sociali, economici e ambientali dei Paesi che vi sono implicati. Ma esso è innanzitutto un fatto umano che interpella la coscienza di ognuno».
Lo scrivono dalla Fondazione internazionale Oasis – fondata dall’arcivescovo emerito di Milano, allora patriarca di Venezia, Angelo Scola -, in un appello già firmato da numerose autorità cristiane e musulmane. Un invito alla mobilitazione di cristiani e musulmani a un’assunzione di responsabilità sul tema delle migrazioni, dopo il naufragio Crotone in cui sono morte 67 persone. Tra i firmatari del documento, Nader Akkad, imam della Grande Moschea di Roma e copresidente Commissione internazionale mariana musulmano cristiana; il vicario apostolico dell’Anatolia Paolo Bizzeti; l’imam di Firenze Izzedin Elzir; Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio; Yassine Lafram, presidente dell’Ucoii; il vicario apostolico dell’Arabia meridionale Paolo Martinelli; Yahya Pallavicini, imam della Moschea alWahid, Milano Coreis; l’arcivescovo Pierbattista Pizzaballa, patriarca di Gerusalemme dei Latini.
«Cristiani e musulmani dovrebbero sentirsi particolarmente toccati da questa realtà – si legge nell’appello -. Infatti, la maggior parte degli emigranti che cercano di raggiungere l’Europa sono persone di fede cristiana o musulmana, i territori nei quali transitano hanno una significativa presenza cristiana o musulmana e i luoghi da cui s’imbarcano sono perlopiù Paesi a maggioranza musulmana. Negli ultimi anni – prosegue il testo – il dialogo tra cristiani e musulmani è stato comprensibilmente incentrato su temi come la convivenza pacifica, la cittadinanza paritaria e la prevenzione della violenza religiosa, con la pubblicazione di documenti condivisi, prese di posizione e organizzazione di conferenze. Riteniamo che l’emigrazione, con tutte le sofferenze che l’accompagnano, meriti un’attenzione simile. Sono già molte le iniziative messe in campo in questo ambito da singole persone o realtà istituzionali, ma un’azione comune concorrerebbe ad approfondire le ragioni dell’amicizia islamo-cristiana».
Se «non è compito immediato delle autorità religiose e dei fedeli cristiani e musulmani suggerire soluzioni tecniche alle sfide che l’emigrazione comporta essi possono però intervenire sia a livello umanitario sia a quello culturale, contribuendo al dibattito su questo tema alla luce dei valori custoditi dalle loro tradizioni», precisano i firmatari del documento. Per governare le migrazioni, «occorre agire a ogni livello, a monte e a valle contemporaneamente: operare per cercare di rimuovere le cause che la generano, limitandone in questo modo la portata, e allo stesso tempo prevedere percorsi sicuri e forme adeguate di accoglienza, e integrazione per le persone che decidono di lasciare il proprio Paese. Cristiani e musulmani – sottolineano – sono chiamati a dare il proprio contributo in ognuno di questi ambiti, impegnandosi contro le ingiustizie e l’oppressione che sono spesso alla base della decisione di partire, contrastando le chiusure nazionalistiche ed egoistiche che impediscono l’accoglienza e condannando l’azione senza scrupoli di trafficanti di uomini e scafisti che si arricchiscono sulla pelle dei migranti».
Quindi, una precisazione: l’invito a una mobilitazione islamo-cristiana intorno a tali questioni «non intende in alcun modo escludere o negare l’apporto di persone di altre tradizioni religiose e altre convinzioni, ma punta a fare in modo che un patrimonio spirituale e morale in parte condiviso tra cristiani e musulmani sia messo a servizio della vita buona di tutti»