«Ha preso una Chiesa in crisi. In lui vediamo il giusto profeta»

L'intervista. Monsignor Paglia
Ha lottato contro le ingiustizie, attento ai poveri e alle periferie

E' Un Pontificato segnato dalla «discontinuità nella continuità» con il predecessore Benedetto XVI, con una «lotta durissima contro le ingiustizie». I poveri, il Vangelo, la pace sono i tratti distintivi dei primi 10 anni di Francesco al Soglio di Pietro. A tracciare il bilancio è monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita.
«Papa Francesco ha ripreso le redini della Chiesa in un momento difficile e ha voluto, con la sua prima Enciclica programmatica, Evangelii Gaudium, spogliare la Chiesa da armature pesanti
 per spingerla nel mondo, soprattutto nelle periferie delle grandi città, così come nelle periferie esistenziali».
Quali i pilastri del Pontificato?
«Ha parlato di una Chiesa in uscita, ossia di una chiesa che non serve se stessa ma si fa serva di tutti e particolarmente dei poveri. Ha voluto riprendere le fila del Concilio e ridare vigore a una Chiesa che sente la responsabilità di sporcarsi le mani con questo mondo perché sia più giusto e più solidale. In questo orizzonte, a un mondo spaesato da una globalizzazione che non ha portato solidarietà ma conflitti, Papa Francesco ha offerto a tutti una visione, quella delineata dalle altre due grandi Encicliche, Laudato Si' e Fratelli tutti».
In che senso?
«Con la Laudato Si', Francesco ha sottolineato l'unità della creazione come la casa comune di tutti, che Dio ha affidato alla responsabilità dell'alleanza dell'uomo e della donna perché la custodissero, la rendessero più bella e stessero attenti a non distruggerla come purtroppo continua ad accadere. Il Papa chiede a tutti i popoli di essere responsabili. Da qui la sua lotta durissima contro le ingiustizie. Con l'Enciclica Fratelli tutti, ha voluto dare completezza alla visione. Nessun popolo è proprietario di questa casa, tutti la debbono abitare. Ogni sovranismo, ogni muro, ogni ingiustizia viene sradicata. Di qui la sua opposizione straordinaria e decisa a ogni guerra».

Migranti e pace sono le due parole più utilizzate da Bergoglio.
«Il problema non è l'appello del Papa. Il problema è la irresponsabilità degli uomini. Se è vero che siamo un'unica famiglia, come possiamo comprendere che in questa casa le stanze siano sigillate? Come possiamo comprendere che i fratelli di questa casa si eliminino a vicenda per il possesso di una stanza o di un'altra? La conversione che chiede il Papa è radicale. Lui ritiene che se non c'è l'accoglienza fraterna e il rispetto dei più deboli, la casa crolla, i poveri si distruggono, il futuro non è più possibile. Il Papa non vuole dare una lezione morale, vuole che gli uomini prendano consapevolezza di quello che sono e di dove vivono. Ecco perché, nonostante tutto, c'è una intuizione dei popoli che sentono Papa Francesco come il giusto profeta di questo nostro tempo».
Bergoglio è stato eletto dopo le dimissioni di un Papa, un fatto storico. Continuità o svolta nel suo pontificato?
«Come in tutti i papati, si tratta di una discontinuità nella continuità. Il papato è dimensione perenne nella Chiesa, ma ogni volta assume le caratteristiche umane dei singoli Papi. Francesco è il primo Papa latino americano, il primo a non aver partecipato al Concilio, il primo Papa che si sveste della corte pontificia. Tutto questo sta a significare una bella discontinuità che però non rinnega la sostanza del pontificato di Benedetto o di Giovanni 
 Paolo II. Le contrapposizioni a cui spesso si fa riferimento sono in realtà un piccolo gioco di politica di basso profilo che non coglie la profondità del mistero della chiesa».




[ Serena Santini ]