Noi italiani? Siamo più soli e meno solidali. Povertà e sostegno agli ultimi nell'analisi di Andrea Riccardi
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Noi italiani? Siamo più soli e meno solidali. Povertà e sostegno agli ultimi nell'analisi di Andrea Riccardi

«Viviamo in un mondo che cambia e dove aumenta la solitudine - spiega il fondatore della Comunità di Sant'Egidio - Per aiutare gli altri occorre che il NOI prevalga sull'IO. La politica? non sa interpretare la realtà»
Milano, piazza Tricolore, meno di un chilometro dal quadrilatero della moda: da una parte un albergo cinque stelle, lo Chàteau Monfort, a fianco la mensa dei poveri dell'Opera San Francesco. Le due facce dell'Italia convivono senza alcun problema, come si legge sul Corriere della Sera. E non potrebbe essere altrimenti in un Paese dove - è l'analisi dell'ultimo rapporto Caritas - la povertà è diventata strutturale: in 15 anni il numero di italiani in stato di povertà è passato dal 3 al 9,4 per cento.
Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant'Egidio, da sempre in prima linea nella solidarietà e nell'aiuto umanitario, non si stupisce. «Durante la pandemia avevamo organizzato la distribuzione di aiuti alimentari alle famiglie. Pensavamo che, terminata l`emergenza, l`avremmo sospesa. Non è stato così». L'intervista con Gente, su come stiamo cambiando e su quanto sappiamo essere solidali, inizia con questa considerazione.
Come reagiamo di fronte a tali situazioni?
«Siamo spaesati. È un sentimento che negli ultimi vent'anni sta percorrendo il nostro Paese. Ci siamo trovati in un mondo globale senza essere stati guidati dalla politica. Viviamo nel terrore di una crisi, pensando di non poterci difendere: abbiamo paura della storia, come scriveva il filosofo Mircea Eliade».
Già, stiamo cambiando...
«Siamo molto cambiati. Nel dopoguerra si viveva l'Italia del "noi", fatta di famiglie multigenerazionali, di partiti politici forti, di una Chiesa forte, di sindacati
forti. Oggi siamo nel mondo dell'"lo". È una transizione non solo italiana, un modo di vedere le cose che si traduce in una vita di solitudine. È una malattia in più. Non ci rendiamo conto che, come recita un proverbio abruzzese, "Pure la riggina ha bisogno d'a vicina" (anche la regina ha bisogno di una vicina, ndr)».
Alla solitudine si sta aggiungendo la povertà. Secondo il rapporto Coop 2023, abbiamo tagliato del 3 per cento la spesa alimentare, comprando il 15,2 per cento in meno di frutta e verdura.
«Un italiano su 10 vive in condizioni di povertà, in particolare gli anziani e gli anziani soli, confinati in casa o nelle Rsa in condizioni di esistenza non tollerabile. È una nuova forma di segregazione. E poi c'è la fame. Avere fame e dipendere per il cibo da qualcuno è una condizione deprimente. E pensiamo che in Italia il fare la spesa è una cultura; abbiamo il gusto del mangiare...».
Nel mondo dell'"io" cui faceva riferimento prima, che posto c'è per la solidarietà?
«Siamo un popolo difficile. Siamo tutto e il contrario di tutto. Siamo stati solidali: durante la pandemia ho visto molta solidarietà, così come ne ho vista di fronte ai profughi ucraini. Ma questa solidarietà è stabile? Tra il 2015 e il 2021 secondo l'Istat il numero di volontari è sceso del 15 per cento: perché le donne lavorano di più e perché i giovani vivono una competitività costante. E poi manca l'aiuto: puoi anche voler essere a fianco di un anziano o un disabile, ma devi sapere cosa fare e come. Comunque, è difficile essere solidali quando si è soli, la solidarietà richiama un "noi"».
È per questo che, in caso di problemi, pensiamo di poter contare più sul partner e i genitori che sugli altri? È quanto riferisce l'Eurispes aggiungendo che il 36,8 per cento degli italiani che si sono trovati in difficoltà economica si è rivolto alla famiglia.
«Sì, la famiglia gioca un ruolo fondamentale. Pensiamo a quante pensioni delle nonne mantengono figli o nipoti. Ma la famiglia di oggi è indebolita, fa sempre più fatica a gestire il momento. Una volta i genitori compravano la casa ai figli, oggi non è più così e intorno c'è poco».
E quel poco che c'è ci spaventa. Pensiamo ai migranti: secondo il 45 per cento degli italiani sono un pericolo per l'ordine pubblico.
«Con il governo Monti (Riccardi è stato ministro per l'Integrazione, ndr) si fece un discorso all'insegna della tranquillità e gli italiani ci seguirono. Allarmare l'opinione pubblica come si fa oggi è sbagliato, anche perché abbiamo bisogno di migranti e infatti questo governo ha programmato flussi per 450 mila persone. Sa qual è il punto? Che di migranti non si vuole parlare, anche a sinistra, perché si è convinti porti a perdere voti».
È la paura della storia di cui parlava all'inizio?
«Siamo vittimisti e questa è una nostra malattia, ma il pessimismo che sentiamo lancia anche una sfida alla politica. Non c'è un disegno sul Paese con cui misurarci e che ci dia gioia ed entusiasmo. Le elezioni sono spesso un abbaiare e ringhiarsi contro senza una capacità dì interpretare la realtà. Tuttavia credo che l'Italia, sul lungo periodo, abbia le risorse umane e culturali cui attingere per offrire ai suoi cittadini motivi di speranza per una nuova visione del futuro e tornare a giocare un ruolo rilevante in Europa e nel Mediterraneo». 
 

 


[ Francesco Gironi ]