Aprire gli occhi sulle disuguaglianze

Sant'Egidio: «Quel filo rosso tra povertà, guerra e pena di morte»
Quella che si è conclusa è stata una settimana significativa per la Comunità di Sant'Egidio impegnata su più fronti: l'incessabile attenzione sui conflitti nel mondo (in primo piano Ucraina e Terra Santa, ma non solo), una giornata dedicata al contrasto alla pena di morte e la presentazione di un progetto contro la dispersione scolastica (di cui parliamo in un altro articolo in questa pagina). Temi che meritano un ulteriore approfondimento per capirne anche i possibili risvolti a livello territoriale.
Ne abbiamo parlato con la referente reggina della Comunità di Sant'Egidio, Antonella Suifaro. Conflitto in Terra Santa, quali sono le iniziative della Comunità di Sant'Egidio per promuovere una cultura da costruttori di pace?
La Comunità di Sant'Egidio, sin dalle origini, contrasta ogni forma di guerra e violenza. Per la nostra Comunità la guerra e la povertà sono strettamente connesse: «La guerra è la madre di tutte le povertà». Le prime vittime di ogni conflitto sono i civili, i bambini, tutti schiacciati dalla crudeltà del potere. Nella Comunità resta, però, forte la convinzione che la pace è sempre possibile e il dialogo tra i popoli è il passo che aprirà il mondo ad una pace duratura. Per questo motivo la Comunità si fa promotrice di dialoghi di pace in tutto il mondo, a partire da Roma per arrivare fino in Medio Oriente, in Ucraina e in tutti
quei Paesi colpiti dalla guerra e, troppo spesso, neanche menzionati.
Col caso Cecchettin, si torna a parlare di pena di morte per i sex offender. In questi giorni avete celebrato la Giornata Mondiale delle "Città per la Vita, Città contro la Pena di Morte". In virtù dei vostri dati, ha senso ancora parlare di pena di, morte? E davvero un "deterrente" per diminuire la violenza nei paesi dove ancora esiste?
L'abolizione della pena di morte è uno dei terreni di impegno globale della Comunità di Sant'Egidio. Estrema sintesi delle violazioni dei diritti umani, la pena di morte rappresenta una forma di tortura, contraddice una visione riabilitativa della giustizia, legittima la violenza e la perpetua e, spesso, si fa strumento per colpire minoranze politiche, etniche o religiose.
E, rispetto alla violenza di genere, come si può arginare un'emergenza che sembra essere inarrestabile?
Contro la violenza, in tutte le sue forme, in primis quella di genere, unico modo per "arginarla" è educare alle emozioni, ai sentimenti e alla cultura del rispetto, fin da piccoli. Abbiamo perso di vista le relazioni e le abbiamo trasformate in "possesso"; dobbiamo educare al rispetto e per farlo bisogna partire dalla scoperta delle proprie emozioni e dal saperle gestire. Bisogna saper gestire le frustrazioni e il fallimento e renderli punti di forza da cui ripartire e non fattori scatenanti di distruzione.
 

[ Federico Minniti ]