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Memoria dei poveri
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Memoria dei poveri

Memoria della morte di Gandhi, ucciso nel 1948 a New Delhi. Con lui ricordiamo tutti coloro che, in nome della non violenza, sono operatori di pace.
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Libretto DEL GIORNO
Memoria dei poveri
lunedì 30 gennaio

Memoria della morte di Gandhi, ucciso nel 1948 a New Delhi. Con lui ricordiamo tutti coloro che, in nome della non violenza, sono operatori di pace.


Lettura della Parola di Dio

Alleluia, alleluia, alleluia !

Questo è il Vangelo dei poveri,
la liberazione dei prigionieri,
la vista dei ciechi,
la libertà degli oppressi.

Alleluia, alleluia, alleluia !

Salmo 31 (30), 20-24

20 Quanto è grande la tua bontà, Signore!
La riservi per coloro che ti temono,
la dispensi, davanti ai figli dell'uomo,
a chi in te si rifugia.

21 Tu li nascondi al riparo del tuo volto,
lontano dagli intrighi degli uomini;
li metti al sicuro nella tua tenda,
lontano dai litigi delle lingue.

22 Benedetto il Signore,
che per me ha fatto meraviglie di grazia
in una città fortificata.

23 Io dicevo, nel mio sgomento:
"Sono escluso dalla tua presenza".
Tu invece hai ascoltato la voce della mia preghiera
quando a te gridavo aiuto.

24 Amate il Signore, voi tutti suoi fedeli;
il Signore protegge chi ha fiducia in lui
e ripaga in abbondanza chi opera con superbia.

 

Alleluia, alleluia, alleluia !

Il Figlio dell'uomo
è venuto a servire,
chi vuole essere grande
si faccia servo di tutti.

Alleluia, alleluia, alleluia !

La liturgia oggi ci fa pregare con la seconda parte del Salmo 31. Il salmista è ammalato da lungo tempo e le sue forze si indeboliscono sempre più. Si rivolge quindi al Signore e prega: «Abbi pietà di me, Signore, sono nell'affanno per il pianto si consumano i miei occhi... I miei anni passano nel gemito... si consumano le mie ossa» (vv. 10-11). E anche senza una sequenza logica l'ammalato esprime al Signore con sincerità, senza vergognarsi, i pensieri tumultuosi del suo cuore, in un continuo susseguirsi di alti e bassi, di prostrazione e di coraggio. Un po' come accade nella vita di ciascuno di noi che spesso è affannata e preda di alti e bassi. Ma non è soltanto la malattia che fa soffrire quest'uomo: i nemici continuano a complottare contro di lui e gli amici lo lasciano solo sino a vergognarsi di vederlo. Alla sofferenza fisica si aggiunge quella morale che è ancora più dolorosa: «Sono il rifiuto dei miei nemici e persino dei miei vicini, il terrore dei miei conoscenti, chi mi vede per strada mi sfugge» (v. 12). Sofferenza, abbandono e impotenza danno al salmista l'impressione di essere dimenticato da tutti: è l'amarezza della solitudine che fa dubitare anche del valore stesso della vita e persino della vicinanza del Signore: «Io dicevo nel mio sgomento: "Sono escluso dalla tua presenza"» (v. 23). Ma nel dolore il salmista prega, trova la forza di rivolgersi a Dio e gli presenta il suo dolore, gli manifesta la sua pena. Nella preghiera la speranza non viene spezzata e la fiducia scioglie il credente dalle catene dell'angoscia. Il segreto del credente è tutto qui: togliere lo sguardo dalla sua miseria e alzarlo verso il Signore. Si accorge che non solo non è abbandonato da Dio, ma ascoltato: «Tu invece, hai ascoltato la voce della mia preghiera, quando a te gridavo aiuto" (v. 23b). Ritrovata la compagnia del Signore, la preghiera diviene non più lamento ma una lode e un ringraziamento: «Benedetto il Signore, che per me ha fatto meraviglie di grazia» (v. 22). Non perché lo meritiamo. Anzi, con il salmista dobbiamo riconoscere che il nostro peccato ci ha indeboliti e resi più fragili di fronte al male: «La mia forza è venuta meno per la mia iniquità» (v. 11). La fiducia ci porta a rimettere l'intera nostra vita nelle mani di Dio, certi che ci salverà. Non a caso l'evangelista Luca pone sulla bocca di Gesù, mentre è sulla croce, proprio il versetto 6 di questo Salmo: «Alle tue mani affido il mio spirito». È la preghiera che i rabbini raccomandavano di recitare la sera. Gesù però ha introdotto una piccola modifica rispetto al Salmo aggiungendo la parola «Padre»: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito» (Lc 23,46). Con questa sola aggiunta ha immensamente approfondito il nostro rapporto con Dio.