ROMA — Meno clandestini meno crimini, riassumeva Berlusconi, «una riduzione degli extracomunitari significa meno forze che vanno a ingrossare le schiere della criminalità». Che ne dice eccellenza? E il vescovo Mariano Crociata, segretario generale della Cei, imperturbabile: «Le nostre statistiche dimostrano che la percentuale di criminalità tra italiani e stranieri è analoga, se non identica».
Nella sede della Radio Vaticana, a conclusione del consiglio permanente dei vescovi italiani, l'impressione è di un déj à vu. A maggio dell'anno scorso, a proposito dei «respingimenti» in mare, il premier se ne era uscito con un «non vogliamo un'Italia multietnica». E anche allora toccò a monsignor Crociata notare come il dibattito sulle società multietniche fosse «superato» perché l'Italia «vive già e non da oggi una realtà di intercultura» e «la pluralità è un valore».
Ora la Lega attacca, <da Cei sbaglia, sono disinformati», Mario Borghezio dice che «le statistiche sulla delinquenza le fa il governo, non i vescovi».
Ma il riferimento di monsignor Crociata è inattaccabile, per un vescovo: «La considerazione di fondo, quando parliamo di immigrati, è quella della dignità di ogni persona umana: come ha ricordato il Papa». Parole recenti, pronunciate da Benedetto XVI all'Angelus del io gennaio: «Bisogna ripartire dal cuore del problema! Bisogna ripartire dal significato della persona!», riassumeva dopo le violenze di Rosarno: «Un immigrato è un essere umano, una persona da rispettare». Anche domenica scorsa il pontefice ha chiesto «soluzioni giuste e pacifiche dei problemi dell'immigrazione».
Ieri è intervenuta pure la comunità di Sant'Egidio: «L'irragionevole equiparazione tra immigrazione e criminalità non solo non corrisponde alla verità, ma conduce alla criminalizzazione degli immigrati, non rispetta i diritti delle persone e deforma la realtà». Del resto, tutto si tiene. Il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, aveva confidato il «sogno» di «una generazione nuova di italiani e di cattolici» che avvertano <da responsabilità davanti a Dio come decisiva per l'agire politico». E il comunicato finale dei vescovi, richiamando l'enciclica Caritas in veritate, invita a «non separare, o peggio ancora contrapporre, la responsabilità individuale che ribadisce il valore della vita e della famiglia, dalla responsabilità sociale chiamata ad affrontare i problemi economici, ambientali e sociali».
Crociata è attento a non sbilanciarsi, quando gli chiedono del «terzo polo» cattolico o della candidatura di Emma Bonino nel Lazio. «Lasciate che rimanga nell'ambito di queste indicazioni, perché questo è il nostro sentire e compito». E le «indicazioni» dei vescovi, i «criteri» per gli stessi elettori, oltre al riferimento generale al «bene comune», sono quelli già elencati dal cardinale Bagnasco: «La vita umana ovunque palpiti», <da famiglia formata da un uomo e una donna e fondata sul matrimonio» e <da responsabilità educativa», «la solidarietà, in particolare verso i più deboli», il «lavoro» e la «comunità». Ci sono valori che trovano più sensibili uno o l'altro schieramento, anche fra i cattolici. Ma il richiamo della Cei è mantenere, «senza compromessi e giochi al ribasso», una «visione armonica, mai spezzata» dei valori. E anche del Paese, come dice il documento della Cei sul Mezzogiorno. Un testo che affronta pure la «contraddizione insanabile», ripete Crociata, tra l'appartenenza alle mafie e alla Chiesa, con relativa richiesta di «conversione». E richiama a un «federalismo solidale» e all'unità: «Il Paese non può andare avanti trascurando il Sud».
Gian Guido Vecchi
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