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3 Julio 2015

A Roma la paura si vince con una partita a calcetto

Sono decine i volontari, anche molto giovani, che ogni giorno donano tempo e aiuti ai migranti appena arrivati

 
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Ore 15,30 di una torrida domenica romana: quasi quaranta ragazzi sí stanno sfidando sotto il sole in un agguerrito torneo di calcetto. Sedici sono europei: italiani, belgi, francesi. Venti sono eritrei, fanno parte delle migliaia di migranti sbarcati nei giorni scorsi sulle coste italiane e sono in attesa di proseguire il viaggio verso Nord. Nessuno di loro parla italiano ma non ce n'è bisogno: si parla, si segna, si ride, si esulta, ci si arrabbia, e tutti comprendono tutto. È così da giorni con gli eritrei, gli etiopi e gli altri migranti che continuano ad arrivare a Roma e a ripartire nel giro di poco tempo.
Un sabato di metà giugno i responsabili del centro Baobab a due passi dalla stazione Tiburtina hanno contato 378 famiglie romane andate a portare cibo, detersivi, vestiti appena acquistati. Nei giorni successivi si sono aggiunte decine di volontari, accorsi per servire i pasti e intrattenere i bambini durante il pomeriggio. Sono ragazzi anche molto giovani come Cecilia Selvaggi, 17 anni: finita la scuola, insieme con un gruppo della Comunità di sant`Egidio invece di andare al mare trascorre due o anche tre pomeriggi con i bambini eritrei. «Giochiamo, proviamo a rendere meno difficile la loro presenza qui», spiega.
Mentre i ragazzi eritrei giocano sotto il sole a calcetto con i loro coetanei italiani, dall'altra parte della città a Roma Nord sei-sette persone sono sedute all'ombra dei pini dietro uno striscione. È il presidio di protesta contro l'arrivo nel quartiere di un centinaio di migranti disposto dalla Prefettura senza fare i conti con i residenti. Per due mesi hanno organizzato sit-in, proteste, blocco delle strade, un presidio permanente ma anche un'azione legale che ha portato al sequestro del cantiere e quindi al blocco dei lavori.
«Con le nostre denunce sono emerse tutte le irregolarità», spiega Alberto Meoni, uno dei responsabili del comitato di protesta. Dalla mancanza di un adeguato impianto antincendio alle fognature non autorizzate fino ai vincoli archeologici, paesaggistici e architettonici da rispettare. Ce n'è abbastanza per bloccare i lavori all'infinito.
Accade anche questo in un Paese dove secondo un recente sondaggio il 60,3% degli italiani vede come una minaccia gli sbarchi; il 67,3% dice no all'idea di offrire la seconda casa per ospitare i migranti. E dove una parte dei presidenti delle Regioni del Nord si è opposta all'idea di accogliere i nuovi arrivati sui loro territori. «Ne abbiamo già accolti tanti, ora basta», ha avvertito il presidente del Veneto Luca Zaia. Solo a Roma si contano 185 comunità diverse e in alcuni quartieri vivono più stranieri che italiani.
Mentre i ragazzi giocano a calcetto e i residenti di Roma Nord protestano, Mikel Dedndreaj , 31 anni, prepara la lezione che terrà il giorno dopo. Era un ragazzino timido e silenzioso nel 2000 quando arrivò dall'Albania senza avere nulla. Frequentò un corso per diventare pizzaiolo organizzato dalla Fondazione Il Faro. Da allora ha imparato talmente tanto che da oltre dieci anni non solo è diventato un ottimo pizzaiolo ma è lui ad insegnare l'arte dell'impasto. (...) Ogni anno in 250 superano le prove e imparano un mestiere, il 60% trova un lavoro. Nonostante l'odio, l'indifferenza e persino i muri che il mondo sta costruendo.


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