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21 Junio 2015

Sant'Egidio: puntare sull'integrazione

 
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«Soltanto una reale politica di integrazione ci aiuterà a capire che questa non è un'emergenza a cui regire istericamente ma un fenomeno epocale che va domato con politiche intelligenti». Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant'Egidio, ha presentato così, giovedì scorso, a Santa Maria in Trastevere, le proposte della Comunità per affrontare gli sbarchi di profughi. «Sono 25.023 i morti dal 1990 a oggi. Questo - ha affermato Impagliazzo - ci dice la drammaticità della situazione». Per il presidente di Sant'Egidio «uno dei primi problemi è la fine del programma italiano Mare Nostrum. Con quest'ultimo, in 6 mesi sono morte 381 persone; 1.799 in 6 mesi di programma europeo Triton».
La prima proposta della Comunità è lo sviluppo di un sistema di "humanitarian desk" in Marocco e Libano, ovvero un primo grande censimento in loco dei richiedenti asilo, a cui andrebbe dato, se le condizioni fossero positive, lo status di rifugiati. «Abbiamo l'esempio positivo della Germania, che lo scorso anno ha rilasciato 20 mila visti umanitari - ha ricordato Impagliazzo - Il progetto sarebbe interamente finanziato con l'8 per mille della Chiesa valdese e con il 5 per mille della Comunità di 
Sant'Egidio».
Dalla Comunità trasteverina anche un'altra proposta: «Avviare delle "private sponsorship" per richiedenti asilo. Si tratta di dare a un'associazione, in accordo con il ministero dell'Interno, la possibilità di far arrivare dal Paese di provenienza gruppi di persone che necessitano di accoglienza, evitando così rischiosissimi viaggi».
Ultima proposta: il rilascio di permessi per motivi umanitari per coloro che sono già in Italia. «È una decisione che può prendere il presidente del Consiglio con un decreto - ha spiegato Impagliazzo -. Questi permessi darebbero ai profughi la possibilità di lavorare e permetterebbero di superare la frontiera italiana».


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