| 2 Noviembre 2015 |
Domani corteo con le autorità in ricordo della deportazione degli ebrei |
In marcia per non poter dire: "Non so" |
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In questi tempi di vecchie (ma purtroppo sempre vive) e nuove intolleranze, assume un doppio valore la marcia per ricordare la deportazione degli ebrei genovesi che si terrà domani a partire dalle 17.30, con inizio in Galleria Mazzini per proseguire fino alla sinagoga di via Assarotti. L'occasione, come da cinque anni a questa parte, è quella di ricordare quanto avvenne il 3 novembre del 1943 quando, con un agguato dentro la sinagoga delle SS, iniziò la deportazione degli ebrei genovesi. In quella retata e negli arresti che seguirono nei giorni immediatamente successivi furono deportate 261 persone, e fra queste furono solo tredici i sopravvissuti.
Alla manifestazione di domani parteciperanno anche i giovani profughi accolti a Genova in queste settimane. «Loro sono il simbolo vivente del fatto che ancora oggi esiste chi soffre per la violenza e non sempre trova comprensione per il suo dolore. Simbolo delle ferite della guerra e talvolta dell'inaccoglienza» spiega Andrea Chiappori responsabile della Comunità di Sant'Egidio di Genova.
L'obiettivo, spiegano gli organizzatori, è che tutti, soprattutto le giovani generazioni, non dimentichino la deportazione avvenuta durante l'occupazione nazista. Un appello quanto mai concreto nei giorni in cui, proprio nel cuore dell'Europa, xenofobia e razzismo trovano riconoscimento istituzionale ed elettorale.
All'appuntamento di domani Interverranno il rabbino capo di Genova Giuseppe Momigliano, il sindaco Marco Doria, Ariel Dello Strologo, presidente Comunità Ebraica genovese, e i responsabili della Comunità di Sant'Egidio. L'impegno, si augura Chiappori, è che nessuno possa più dire oggi quelle parole, "io non vedevo" "io non sapevo" pronunciate allora.
«Oggi - dice Chiappori - vediamo decine di migliaia di giovani che affrontano viaggi spaventosi e si trovano davanti un muro di filo spinato. E vediamo i bambini: che muoiono in fondo al mare, o, a volte, sulle spiagge. Noi vediamo tutto, ma, come ha scritto papa Francesco nella Laudato sì "le conoscenze frammentarie e isolate possono diventare una forma d'ignoranza se fanno resistenza ad integrarsi in una visione più ampia della realtà"».
Marco Preve
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