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Liturgia di ringraziamento per il 50mo anniversario della Comunità di Sant'Egidio

10 febbraio, ore 17,30 Basilica di San Giovanni in Laterano

 
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10 Settembre 2012 09:30 | Synagouge Conference Hall (Jevrejska zajednica sarajevo)

Intervento di Jaime Aguilar



Jaime Aguilar


Comunità di Sant’Egidio, El Salvador

Sono molto onorato di poter nuovamente parlare di educazione alla pace, in un tempo in cui pare che la violenza e il male abbiano l’ultima parola. Ancora di più sono felice di essere qui a Saraievo, che in questi giorni accoglie donne e uomini cercatori di pace. In questo contesto parlare dei bambini e dei giovani diventa un imperativo per costruire un futuro migliore.

Las Pandillas “Maras”
Vengo da El Salvador, un piccolo paese tristemente noto (per coloro che guardano il mondo con attenzione) per il problema delle “maras”, un fenomeno molto presente in tutto il Centro America (forse si può calcolare con 100.000 abitanti) che sempre di più si caratterizzano come organizzazioni trans-nazionali di tipo mafioso. In verità la loro presenza minaccia tutta l’America Latina.
Attraverso l’immigrazione sono giunte anche in Europa, in particolare in Spagna e in Italia, nelle città di Genova e Milano, anche se con piccole cifre, per ora. Si tratta di un’espressione del disagio giovanile che anche in Europa è in cerca di identità (data dai tatuaggi, dai gesti in codice, da un certo modo di vestire...) e di un senso di appartenenza. Per esempio nella città di Barcellona, gli studi sulle bande giovanili hanno rivelato una forte attrazione anche per i ragazzi spagnoli senza prospettive. La Municipalidad catalana ha messo in atto un progetto di recupero chiamato appunto “modelo Barcelona”, offrendo lavoro e inserimento sociale a questi giovani con la proposta di trasformarsi in “cooperative”. Pur non essendo sicuri dell’efficacia, va lodata l’importanza di un tentativo.
Nel mio paese invece i vari governi non hanno messo in atto altro che una repressione sempre più dura. Le Maras spesso formate da giovani poco più che bambini, “arruolano” e iniziano alla violenza gli adolescenti poveri, impongono il loro potere a interi quartieri della periferia urbana con estorsioni al piccolo commercio, e perfino entrano nelle scuole minacciando i professori e forzando gli alunni perché entrino nella Mara. Quelli che rifiutano rischiano di essere assassinati. Alcuni episodi hanno mostrato l’alto livello di crudeltà, come nel 2011 l’incendio di un bus, con la morte di tutti i passeggeri, per vendetta verso l’impresa di trasporti che rifiutava di pagare l’estorsione.

Sistema educativo
Molti giovani delle Bande sono cresciuti in un sistema educativo, che molto spesso esclude e lascia ai margini quelli che “non riescono a mantenere il ritmo” e hanno abbandonato lo studio durante l’adolescenza.
La mancanza di scolarizzazione a livello di scuola media ingrossa le file delle maras: le statistiche rivelano che nell’adolescenza si passa da un elevato tasso di scolarizzazione del 96.8% della scuola elementare al 53% della scuola media, cifra che diminuisce ancora di più nella scuola superiore, arrivando al 21% (in confronto il Cile ha l’80% di frequentanti al liceo).
Lo scarso investimento nell’educazione e’ stata una costante dei governi in Salvador. La spesa oggi corrisponde solo al 2.9 del PIL (meno della metà del vicino Costa Rica e meno anche dell’Uganda).
L’abbandono della scuola debìlita la formazione del carattere e soprattutto della cultura dei giovani; perdono valore tanti aspetti della vita personale e la partecipazione alla società. Possiamo dire allora che a meno educazione corrisponde più possibilità di arruolarsi in una Mara. Mi viene in mente a questo proposito la celebre frase di Mohammed Talbi, scritta in un contesto diverso, il drammatico conflitto tra israeliani e palestinesi:“Quando si rompono le penne, non rimangono che i coltelli.” Vorrei dire che quando si abbandonano le penne e i quaderni, per i giovani rimangono solo i coltelli.

La Comunità’ di Sant'Egidio, educazione alla pace.
La Comunità’ di Sant'Egidio, alla quale appartengo dal 1986, realizza un compito molto importante: coinvolgere i giovani salvadoregni, proponendo loro un modello positivo attraverso le nostre Scuole della Pace. Sono un vero antídoto – come abbiamo potuto comprovare- per andare contro la violenza diffusa. Educare è stato un impegno fondamentale della Comunità. La risposta alla violenza delle Maras, infatti, non può essere spettacolarizzata e meno ancora diventare evento mediatico, bisogna avere l’urgenza e insieme la pazienza di creare una nuova generazione di giovani.

Le Scuole della Pace
Di fronte a questo quadro qual è il metodo di Sant’Egidio?
Dal suo inizio, in piena guerra civile, la Comunità ha deciso lavorare con fedeltà in alcune zone marginali di San Salvador. La Scuola della Pace non è solo un sostegno scolastico: oltre i compiti, si cerca di far crescere una cultura di pace, con temi come la solidarietà, l’amicizia, l’interesse per il mondo. Una scuola di pace che non sostituisce la scuola ufficiale, ma educa e restituisce ai bambini l’infanzia perduta a causa della violenza. La gioia di studiare giocando, l’attenzione affettuosa dei più grandi, la scoperta di possedere dei talenti, rivoluziona la vita dei bambini e allo stesso tempo quella dei giovani: si impara a usare la cultura per “ristrutturarla” e rielaborarla per portarla ai bambini e alle bambine. Direi che si tratta di un metodo “personale”: la strategia di far vivere ai piccoli, insieme ai più grandi, nuove esperienze che segnano positivamente la loro vita per sempre. Sono segni di pace che permettono loro di resistere al male e alla violenza. Non è possibile astenersi dal male se non si fa attivamente il bene. Questa proposta orienta la vita di ognuno verso il bene.
Dopo 25 (venticinque) anni costatiamo con allegria che ci sono dei frutti importanti, come l’assenza di “Maras” nei quartieri del Bambular e San José.

Destino di convivenza comune

Due punti-chiave della nostra azione sono: presenza nei quartieri e amicizia fedele. La forza della Comunità di Sant’Egidio sono i giovani: universitari e lavoratori che decidono di frequentare quartieri marginali per fare la scuola della pace. Rompono la barriera che divide la società perché scoprono che l’indifferenza è una forma di violenza. L’interesse che suscita questa presenza, non classista, può riformare la società che per decine di anni è stata divisa. La risposta di molti giovani dei quartieri popolari che vogliono studiare rompe quell’isolamento che è un destino di esclusione. Così non si tratta solo di un aiuto, ma di essere un’unica famiglia che crea una vera uguaglianza e esprime un destino comune. La Scuola della pace non è episodica, non è un discorso astratto, si tratta invece di un segno concreto del vivere insieme “Living Together”. La presenza costante al suo fianco dà sicurezza ai poveri e li incoraggia a cercare un futuro migliore. Crea uno spazio di pace in ambienti di violenza e di dolore e suscita dall’interno un’energia di cambiamento.

Testimonianza di William Quijano
Lo ha compreso bene il nostro caro William Quijano, della Comunità di Sant’Egidio di San Salvador, assassinato dalle Maras. William non ha mai rinunciato a insegnare la pace. La sua azione rompeva la catena della violenza. Credo che questo, più che ogni altra cosa, infastidiva coloro che volevano e tutto proseguisse uguale, che i giovani facessero il male o chinassero la testa. Ha testimoniato che si può fare il bene e vivere in maniera pacifica anche in mezzo alla violenza e dove manca la pietà. William ha vissuto l’amore per la pace fino al sangue, generando in molti giovani una forza di bene.

Sant’Egidio opportunità per fare il bene
La Comunità si presenta come una grande opportunità per fare il bene senza contare con grandi risorse economiche. E’ sempre possibile aiutare gli altri: giovani di paesi a volte poveri scoprono il valore della sua vita. La giovane età, il tempo disponibile, la loro cultura, sono una grande risorsa, più del denaro. Vengono presi sul serio per impegnarsi nella solidarietà. Così si sviluppa una potenza di sensibilità, generosità e capacità di mettere in atto una trasformazione sociale. Sono portatori di una forza di bene nella società e pacificatori dentro i propri quartieri, con una vera rivoluzione innovatrice. E’ l’esperienza concreta, per esempio dei giovani di Chanmico o di San Marcos, quartieri marginali della periferia di San Salvador, assediati dalle maras, giovani che con dedicazione, allegria e speranza, partecipano alla vita della Comunità, creando un’aspettativa di cambiamento nel quartiere. Tutti possono cambiare la realtà. Perché “Nessuno è così povero da non poter aiutare un altro”, come ci insegna Andrea Riccardi. Si tratta di una proposta possibile e concreta per migliaia di giovani nel mio paese e in America Latina.

Jaime Aguilar

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