Nel corso della liturgia della prima domenica d'Avvento, è avvenuta la presa di possesso ufficiale della basilica di Santa Maria in Trastevere da parte dell'arcivescovo Loris Francesco Capovilla, che fu segretario di Papa Giovanni XXIII e ha dedicato la sua lunga vita (ha compiuto cento anni pochi mesi fa) a custodirne il ricordo e il messaggio. L'anziano arcivescovo ha chiesto al parroco, don Marco Gnavi, di rappresentarlo e di leggere a suo nome il messaggio che ha voluto rivolgere alla Comunità di Sant'Egidio, a cui è legato da lunga amicizia:
"L’avvento mi trova genuflesso accanto a voi per ringraziare la Vergine Santissima di conservarmi devoto fedele, fratello fra i fratelli, operaio della vigna del Signore con tutti voi che siete una speranza della Chiesa, missionari del Vangelo, volontari instancabili di molteplici opere di carità in piena e generosa comunione con Papa Francesco (...) L’avvento è periodo sacro in ogni tempo, specialmente in questo, quando si sente più forte il rinnovato impegno a predicare il Vangelo ad ogni creatura. In attesa del Natale mi accompagna sempre un pensiero di don Primo Mazzolari le cui parole si attagliano perfettamente ad introdurre l’Anno della Misericordia: “Questo Natale è come tutti gli altri, i Natali che sono passati, i Natali che verranno: un gran dono fatto a povera gente. Povera gente sempre, anche se mutano gli imperi, le civiltà, le economie. In questo inguaribile contrasto tra noi e il dono è la sostanza del Natale, il suo divino significato, il suo mistero che “nascosto nei secoli” (Rm 16,25), si svela di anno in anno, di giorno in giorno, di momento in momento, perché il Cristo viene sempre, ed è l’amore, cui non ripugna scaldarsi nella carne di questa povera umanità”.
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L'omelia di don Marco Gnavi
Cari Fratelli, care sorelle, entriamo nel tempo sacro dell’Avvento, benedetti e accompagnati dal Cardinale Loris Capovilla, che, non da oggi, ci fa dono del suo affetto, della sua parola, della sua stima.
Testimone vivente dell’anelito del Concilio Vaticano II, fratello fra i fratelli, fragile centenario, plasmato dall’amore per Papa Giovanni e sorretto dallo spirito profetico, è legato ora ancora più profondamente a questa nostra Basilica, casa di preghiera che custodisce l’invocazione della comunità e le speranze e i dolori del mondo intero.
Anziano, carico di sogni, ci aiuta a genufletterci con lui al mistero dell’Avvento che si fa attesa vitale, carica di promesse. Attesa che irrompe come un grido dalla bocca dei poveri e dal profondo delle genti, e chiede di trovarci operosi, vigile, fiduciosi nel Regno. A noi, povera gente, povera gente sempre, sarà dato, il gran dono del Natale! Povera gente che oggi contempla, secondo le stesse parole di Gesù “I segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei "flutti” e prova “paura e si sente morire per l'attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra”.
La generazione di Papa Giovanni XXIII ha vissuto la tragedia immane della II Guerra mondiale, ma è stata rincuorata da una speranza potente, quando i cieli in certo modo si sono aperti sui padri conciliari raccolti insieme dai quattro angoli della terra. Ed oggi, innanzi a paure nuove e a nuovi disegni terrificanti del male, la liberazione è l’orizzonte vero, finale, della vittoria umile del
bene. E la fede dell’Avvento. Sentiamo e siamo certi che il Signore è più vicino.
I suoi testimoni debbono lottare per affermarne la speranza. Come? Essendo riflesso della di quell’amore “che non ripugna, che non si vergogna scaldarsi nella carne di questa povera umanità”. L’avvento reale della misericordia ha bisogno delle nostre mani, dei cuori, delle nostre scelte. Lo avvertiamo insieme agli amici Dehoniani e al vescovo George dallo Zambia, con noi in questa liturgia; con i nostri fratelli in Asia, America Latina, in Africa, in Europa e nel Nord America. L’Avvento ci precede e ci previene: è il dono inestimabile del Signore Gesù. Ma deve essere accolto. Per questo lui stesso dice: “State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita”.
E noi non aggiungiamo nulla. Piuttosto, “ci alzeremo e risolleveremo il capo”, e veglieremo in ogni momento, pregando. E la misericordia dilagherà nel mondo. Così scorgeremo il germoglio di vita nuova, la venuta del Salvatore. E aiuteremo chi si aggira per le nostre città intimidito dal male, chi è assetato di amore, chi è ferito dalla miseria e dalla solitudine a riprendere coraggio.
Perché il Signore ci salvi nell’amore. Amen |