In occasione dell’iniziativa “Città per la vita-Città contro la pena di morte” promossa dalla Comunità di Sant’Egidio
Giovedì 26 novembre 2009 ore 17
Presso la Sala Rossa di Palazzo Tursi
Il sindaco Marta Vincenzi
consegnerà a Tamara Chikunova la medaglia “Città di Genova”
Introduce Sergio Casali, Comunità di Sant’Egidio
Intervengono:
Luca Borzani, presidente di Palazzo Ducale - Fondazione per la Cultura
Nando Dalla Chiesa, Referente per il progetto “Genova città dei diritti”
Tamara Chikunova, fondatrice dell’associazione “Madri contro la pena di morte” (Uzbekistan)
Marta Vincenzi Sindaco di Genova
(per maggiori informazioni sull’iniziativa “Città per la vita” vedi al sito: http://www.santegidio.org/index.php?idLng=1062&pageID=3&id=3185)
Tamara Chikunova e l'associazione "Madri Contro la Pena di Morte e la Tortura"
Tamara Chikunova vive a Tashkent, capitale dell’Uzbekistan, dove è anche nata il 2 giugno 1948. Suo figlio Dmitrij, condannato a morte nel 1999, venne fucilato il 10 luglio del 2000. Aveva 29 anni. Tamara non fu avvertita dell’esecuzione, dunque non potette neppure salutarlo un’ultima volta.
In seguito alla sua tragedia familiare decise di fondare l’associazione pubblica Madri Contro la Pena di Morte e la Tortura assieme ad altre donne che come lei hanno perduto i propri figli con una esecuzione capitale e ad altre persone di diverse professioni e ceti sociali semplicemente contrarie alla pena di morte e determinate con coraggio a condividere con lei la stessa battaglia per la sua abolizione.
“La pena di morte –sostiene Tamara Chikunova- per la sua stessa essenza è generatrice di male. E’ la negazione del diritto e della possibilità di correggere un errore giudiziario. E’ un deficit di umanità nei fondamenti della società e dello Stato, porta in sé non soltanto l’errore, ma viola il più alto diritto inalienabile di ogni uomo: il diritto alla vita”.Grazie all’operato e alla mediazione della sua associazione, Tamara Chikunova ha salvato negli anni passati le vite di 23 condannati alla pena capitale ed ha contribuito in maniera determinante alla stessa abolizione della pena di morte in Uzbekistan, avvenuta il 1° gennaio 2008. Per raggiungere questo straordinario traguardo ha dovuto affrontare sacrifici personali e superare duri ostacoli, in un paese, l’Uzbekistan, dove la pena capitale era un segreto di stato e i bracci della morte i luoghi dell’oblio assoluto: i familiari dei condannati non potevano visitarli, non venivano messi al corrente della loro successiva esecuzione e in seguito non potevano neanche venire a sapere il luogo della loro sepoltura. |