Ricorrono in questi giorni i 60 anni dalla Convenzione relativa allo status degli apolidi, adottata a New York il 28 settembre 1954 e ratificata in Italia con legge 1 febbraio 1962, n.306. Apolide, ai sensi della Convenzione è "una persona che nessuno Stato, in base al proprio ordinamento giuridico, considera come proprio cittadino". Si stima che vi siano circa 12 milioni di apolidi nel mondo. Il fenomeno è particolarmente acuto nel Sud Est Asiatico, nell’Asia Centrale, nell’Est Europa e nel Medio Oriente. Diverse possono essere le cause che portano ad essere apolidi: recentemente due su tutte:
- I profughi di conflitti bellici o di occupazioni militari
- La divisione di alcuni Stati dell' Ex-URSS e della Ex-Jugoslavia tra il 1990 e il 1993.
In Italia i dati relativi alla presenza di apolidi riconosciuti sono quelli dei Comuni: 900 apolidi sono iscritti nei registri anagrafici. La Comunità di Sant’Egidio stima che la presenza di apolidi de facto (cioè potenziali, ma non riconosciuti) nel nostro Paese sia intorno alle 12/15 mila unità, si tratta nella quasi totalità di ex jugoslavi di seconda o terza generazione. La differenza tra il numero di apolidi de facto (persone che non hanno nessun documento di identità ) e gli apolidi riconosciuti è dovuta principalmente alla difficoltà burocratica e procedurale che si incontra per ottenere lo status di apolide. Nel nostro paese ci sono due possibilità per ottenere il riconoscimento di apolide: la prima via è amministrativa, la richiesta si presenta al Ministero dell’Interno, la seconda possibilità è quella giudiziaria, con un procedimento dinanzi al Tribunale Civile. Finora la via giudiziaria – nonostante sia costosa e lunga, con una media di circa tre anni per giungere alla sentenza – è stata quella preferita e spesso l’unica percorribile per poter dimostrare e vedere riconosciuto il proprio status di apolide. La via amministrativa che dovrebbe essere la più semplice si presenta come una sorta di gioco dell’oca. Per poter depositare la domanda di riconoscimento al Ministero dell’Interno è necessario avere una residenza anagrafica, che si ottiene con un permesso di soggiorno e un passaporto. Il paradosso è evidente, come può un potenziale apolide avere un permesso di soggiorno, una residenza se non ha un documento di identità valido? Oggi la via amministrativa è quasi impossibile da percorrere.
La Comunità di Sant’Egidio sin dai primi anni ’90 ha iniziato ad approfondire le problematiche relative a persone presenti in Italia prive di qualsiasi status giuridico. Nel tempo sono stati seguiti in via giudiziale, a Roma, più di 45 casi che hanno ottenuto lo status di Apolide, si tenga presente che nel 2012 a Roma si registravano in tutto 90 apolidi. Roma è la città in Italia con il più alto numero di apolidi riconosciuti. Altre situazioni sono state seguite nelle città di Napoli e Milano. A partire dall’esperienza acquisita e dallo studio delle situazioni, al fine di garantire il diritto delle persone apolidi a veder riconosciuto il loro status e uscire dalla condizione di limbo giuridico.
La Comunità di Sant’Egidio avanza alcune proposte per migliorare l’attuale situazione:
- Semplificare e sburocratizzare le procedure per la richiesta di status di apolide in via amministrativa, superando il requisito della residenza anagrafica. Ad oggi per ottenere l’apolidia è richiesta la “residenza anagrafica”. Andrebbe invece considerata a questi fini la “residenza di fatto” (continuità della dimora abituale, come previsto dal codice civile) essendo questo il concetto di residenza cui si riferisce la convenzione. Si potrebbe richiedere allo straniero che presenti l’istanza la prova della sua effettiva e non episodica presenza in Italia, senza dover pretendere l’iscrizione anagrafica.
- Ratificare la Convenzione internazionale (agosto 1961) sulla Riduzione dell’Apolidia, che consentirebbe agli apolidi di conseguire più rapidamente una cittadinanza più rapida
- Sbloccare e calendarizzare i progetti di legge sulla cittadinanza, recanti nuove norme sulla cittadinanza. Introducendo uno Ius soli (più o meno temperato), molti degli apolidi de facto potrebbero ottenere la cittadinanza italiana senza dover prima essere riconosciuti apolidi
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