il Cittadino | 1 Juillet 2015 |
Preghiera della Comunità di Sant'Egidio |
Vicini ai profughi |
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La vicinanza ai profughi sbarcati in questi ultimi mesi sulle coste italiane e l'indignazione per un'Europa incapace di accogliere sono i protagonisti anche dell'estate di solidarietà dei giovani, dei bambini e degli anziani della Comunità di Sant'Egidio di Genova.
Giovedì scorso, i ragazzi di "Università solidale" - il movimento che raccoglie gli studenti genovesi di Sant'Egidio - hanno organizzato la preghiera "Morire di speranza" ricordando i morti nei viaggi tra l'Africa e l'Europa insieme ai profughi maliani, ivoriani, nigeriani ed eritrei ospitati in uno dei centri di accoglienza della città. I migranti - tra cui alcune donne incinte e diversi bambini molto piccoli - vivono in un'ex struttura sanitaria e proprio nella cappella dell'istituto si sono raccolti i giovani europei ed africani, ricordando i nomi dei morti nel deserto e nel Mediterraneo e pregando in inglese e in italiano.
Al termine della preghiera, come avviene ormai da tempo, una cocomerata e un po' di festa che hanno coinvolto anche i profughi musulmani, dopo la celebrazione dell'Iftar, la rottura del digiuno del Ramadan. Anche i bambini delle Scuole della Pace - i doposcuola di Sant'Egidio nei quartieri più difficili della città - hanno incontrato i profughi e ne hanno ascoltato le storie: alcuni giovani - studenti della scuola di lingua e cultura italiana della Comunità hanno raggiunto i ragazzi nella Colonia di Massa Marittima (circa duecento, divisi in tre turni e accompagnati da una settantina di giovani volontari) e hanno raccontato i viaggi della speranza.
I bambini hanno ascoltato in assoluto silenzio e hanno rivolto ai ragazzi molte domande. Ma la testimonianza di vicinanza forse più commovente è stata quella di un gruppo di anziani di diversi istituti cittadini: durante il soggiorno estivo a Sestri Levante, hanno ascoltato insieme ai giovani che li hanno accompagnati, le storie delle migrazioni di donne e uomini africani. Ne hanno discusso a lungo e, insieme, hanno elaborato una lettera da consegnare ai profughi presenti in questi giorni a Genova. «Io vorrei - ha spiegato Anna, una donna di 87 anni - che per questa gente Genova fosse un porto sicuro, un porto carico di amicizia e comprensione. Ma vorrei anche che l'Italia imparasse finalmente ad essere un paese accogliente: accogliente non per dovere, ma con il cuore».
Tanti anziani hanno ricordato l'esperienza della guerra, le difficoltà della vita, l'inaccoglienza vissuta da molti della loro generazione. «Non si è accoglienti - ha continuato Anna - quando non si fa lo sforzo di capire gli altri». Alcuni hanno voluto ricordare come l'inaccoglienza sia un problema per molte donne e uomini alla sera della vita anche oggi: «In istituto - prosegue Anna - molti si sentono disprezzati - Quando sono entrati nella struttura, sono usciti dal portone di casa loro e hanno lasciato tutto: credo che sia qualcosa di molto simile a quello che è successo a questi profughi».
Sergio Casali
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