È la Sir, agenzia di stampa della conferenza episcopale italiana, che con un servizio ben documentato di Cristian Carboni e di Ramon Orinir, riesce a farci precipitare nel Medioevo, quando la sepoltura dei morti era ancora vissuta come un`opera di misericordia. E così ci informa che in Italia, ogni anno, centinaia di senzatetto muoiono senza un nome. E con loro migranti, anziani, prostitute, suicidi, persino bambini nati senza vita e poi abbandonati dalle loro mamme. Considerati rifiuti umani da una società distratta e indifferente, che fa fatica ad occuparsene quando sono vivi, e tanto più dopo che sono morti. Così i loro corpi, in attesa di un funerale e di una degna sepoltura, giacciono presso gli obitori di tutta la Penisola.
Alcuni attendono per mesi, altri per anni, qualcuno per decenni. La metà circa sono clandestini affogati in mare nel tentativo di raggiungere le nostre coste. I magistrati possono autorizzarne la sepoltura da un momento all`altro, motivo per cui non esistono dati precisi. Esiste invece un «registro generale dei cadaveri non identificati» pubblicato sul sito del ministero degli Interni che periodicamente viene aggiornato. Risulta siano circa 1250 gli invisibili che ancora aspettano un nome: 142 corpi attendono una identità dagli anni Novanta, 35 dagli anni Ottanta, 15 dagli anni Settanta, fino all`uomo ritrovato nel 1969, presso le cascate di Stange (Bolzano).
Senza troppo stupore si conferma l`atavica lentezza della pubblica amministrazione. Nel servizio della Sir, una fonte del ministero degli Interni lamenta «la carenza di un circuito informativo che possa consentire la comparazione deì cadaveri non identificati con gli scomparsi e la pressoché totale indisponibilità dei dati riguardanti i decessi in ospedale di persone senza identità e di tutti i corpi o resti umani non identificati non riconducibili a fattispecie di reato, per i quali i pubblici ministeri non dispongono le autopsie».
A Roma ogni anno una quarantina di persone, così come ci hanno vissuto, muoiono in strada e restano in attesa di essere sepolte. Fino a dieci anni fa erano i volontari di Sant`Egidio che, per dare sepoltura a coloro che frequentavano le loro strutture, organizzavano una colletta; oggi grazie ad un protocollo firmato da Comunità, Caritas e Ama, ad alcuni senzatetto si riesce ad assicurare il funerale. Per tutti gli altri nell`Urbe, città che non difetta dí società partecipate, cí pensa la società municipalizzata che gestisce i servizi per l`ambiente e in particolare la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti. Quando sarà il momento, per un Paese in cui «i diritti» sono spesso declinati all`ingrosso, di pensare che una degna sepoltura non sia solo un diritto religioso ma anche, e soprattutto, civile?