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26 Ottobre 2014

"Ricordare è un dovere": la marcia per i deportati

L'iniziativa organizzata dalla Comunità di Sant'Egidio e dalla Comunità ebraica di Roma a 71 anni dal rastrellamento

 
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Un passo dietro l'altro nel ricordo, nella memoria, per commemorare il sacrificio degli oltre mille ebrei romani deportati dalle SS naziste il 16 ottobre del 1943. Sabato 18 ottobre, nel cuore di Trastevere che 71 anni fa fu teatro dell'inizio del viaggio senza ritorno verso i campi di concentramento di Auschwitz per quasi tutti gli ebrei del Ghetto, il tempo si è fermato per la marcia della Memoria, organizzata dalla Comunità di Sant'Egidio e dalla Comunità ebraica di Roma, giunta all'edizione numero 20.
La camminata che da piazza Santa Maria in Trastevere è arrivata fino a largo 16 ottobre 1943, accanto alla Sinagoga, lì dove tutto ebbe inizio, ha visto la partecipazione di migliaia di persone di tutte le età e nazionalità che hanno accompagnato la loro presenza con fiaccole, bandiere della  pace e cartelli a ricordare i luoghi del terrore: da Auschwitz a Mauthausen fino a Buchenwald e a Bergen-Belsen.
«All'epoca avevo 12 anni e ricordo che non era ancora mattina quando ci vennero a prendere nelle nostre case». Queste le parole che non nascondono la forte emozione di Enzo Camerino, uno dei 16 sopravvissuti di quella triste spedizione ai campi di sterminio tedeschi, ricevuto anche da Papa Francesco in occasione della Giornata della memoria, il 16 ottobre. «Ci portarono al Collegio militare di Trastevere - continua il racconto di Camerino - ma ancora non avevamo idea di quello che poi doveva succedere, sapevamo solamente che saremmo dovuti andare a lavorare. Poi, invece, una volta arrivati ad Auschwitz, apprendemmo dagli altri prigionieri la triste verità delle camere a gas e dei forni. È stata tutta una vita nera. Impossibile dimenticare, difficile raccontare quello che abbiamo visto e vissuto».
Ricordare però è un "dovere": passa di qui la possibilità di costruire un mondo migliore. Lo ha ribadito il fondatore della Comunità di Sant'Egidio Andrea Riccardi, sottolineando la necessità di «porsi all'ascolto della memoria che appartiene a tutti noi: non è una lapide polverosa ma voci di donne, uomini e  bambini che non possono essere dimenticate».
Presenti alla marcia anche diversi rappresentanti delle istituzioni, tra cui il ministro della Difesa Roberta Pinotti, che ha sottolineato l'importanza di ricordare ai ragazzi ciò che è stato, perché «purtroppo - ha detto - i segnali che vengono dall'Europa ma anche dall'Italia dimostrano come non sia stato debellato del tutto l'emergere di fenomeni antisemiti e razzisti, in particolare sui social network».
Abbandonare quindi l'indifferenza e quei comportamenti che portano l'uomo in una condizione di profondo abisso: è questo il messaggio del rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, che ha anche ribadito come la presenza di tanti giovani «rappresenti la vera speranza per andare avanti».
Per Riccardo Pacifici, presidente della Comunità ebraica di Roma, «in 20 anni grazie alla speranza sono stati fatti veri e propri miracoli, nonostante rimanga ancora molta strada da fare».
Del suo personale passato di bambino ha fatto memoria Enzo Camerino, rivolgendosi ai tanti giovani presenti, con le parole che suo padre gli disse nel campo di concentramento: «Non portare odio a nessuno, siate tutti socievoli». Un appello che si rinnova, 71 anni dopo: «Miei cari ragazzi, tocca a voi costruire un mondo accogliente per tutti».


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