CITTÀ DEL VATICANO. Nell'Aula Paolo VI l'orchestra trigana ad un tratto ha lasciato spazio al silenzio. I violinisti dai volti olivastri, segnati dal tempo, hanno riposto delicatamente gli strumenti per ascoltare. A nome di tutti i duemila Rom e Sinti presenti, Ceija Stojka, sopravvissuta a Bergen Belsen, si è avvicinata traballante al Papa e in tedesco gli ha sussurrato: «Santità l'Europa non deve dimenticare. Ho paura che Auschwitz stia solo dormendo. Non vedo un futuro per i Rom. L'antigitanismo e le minacce continue mi rendono triste».
Sul suo braccio sinistro porta ancora tatuato Z6399. La lettera Z sta per zigeuner, zingaro. Quando arrivarono gli inglesi ad aprire i cancelli del campo di concentramento lei non aveva ancora compiuto dieci anni ma aveva già visto troppo, cibandosi di cortecce e cuoio, vivendo tra i morti, respirando l'orrore. Con una udienza storica ieri mattina Papa Ratzinger ha voluto abbracciare idealmente questo popolo e mettere in guardia i governi europei.
C'è il rischio di nuove ondate xenofobe. «La coscienza europea non può dimenticare tanto dolore». Nel 2006 quando si recò ad Auschwitz il Pontefice tedesco non mancò di sostare in silenzio davanti alla lapide in lingua romanes. «Si è trattato, come voi dite, del Porrajmos, il Grande Divoramento, un dramma ancora poco conosciuto e di cui si misurano a fatica le dimensioni».
Subito dopo Benedetto XVI ha poi affrontato il grande tema dell'integrazione, incoraggiando gli zingari a collaborare con le istituzioni, a rispettare le regole dei Paesi ospitanti, a vivere nella legalità e nell'osservanza dei Comandamenti. «Vi invito, cari amici a scrivere assieme una nuova pagina di storia per il vostro popolo e per l'Europa. La ricerca di alloggi e di lavoro dignitosi e si istruzione per i figli sono le basi per costruire quell'integrazione da cui trarrete beneficio voi e l'intera società».
L'atmosfera generalmente austera della Sala Nervi si è abbandonata al calore della melodia zingara. I pellegrini arrivati dall'Austria, dalla Slovenia, dalla Romania, dalla Slovacchia, dall'Italia hanno viaggiato con mezzi di fortuna. Erano contenti e quando sorridevano brillavano da lontano i denti d'oro. Le donne omate di collane e di carnei con dentro l'effige della Vergine si lisciavano le vesti della festa. Ceij a Stojka sorrideva e piangeva. «In questo momento storico ci sentiamo soli. Siamo ancora sottoposti all'intolleranza per non dire di peggio. La Chiesa ci aiuti perché finora non ha fatto tanto. Prenda le difese della nostra minoranza. In giro vedo troppi pregiudizi».
Artefici dell'incontro sono stati la Comunità di Sant'Egidio, tra le più impegnate nell'integrazione dei rom, e la Fondazione Migrantes della Cei. Secondo l'Unirsi (Unione nazionale internazionale rom e sinti in Italia), sul nostro territorio gli zingari arriverebbero a 170 mila mentre in Europa sarebbero 12 milioni. Ma nessun censimento è mai possibile.