Un volto, quasi sempre, dice tutto di una persona. Ne racconta l'entusiasmo o il cronico pessimismo, la generosità o la meschinità, il coraggio o la vigliaccheria. Shahbaz Bhatti aveva sovraimpressi sui lineamenti del viso e sul suo sorriso quasi infantile l'amore per gli altri e la fiducia nell'uomo.
Da cristiano vero e tollerante conosceva tutti i sentieri della comprensione, dell'amicizia, della condivisione dei valori, pur nella diversità delle opinioni. Per questa ragione nel suo tribolato Paese, il Pakistan, terra di straordinarie passioni,di grandi ingiustizie e di desiderio diffuso di solidarietà, questo giovane colto e generoso, aveva saputo scalare i gradini sociali, pròponendosi come il battistrada di un sereno confronto con tutti, senza frontiere nè steccati.
Diventato, e poi riconfermato ministro per le Minoranze, nonostante le resistenze degli elementi meno docili e dialoganti della stragrande maggioranza islamica, aveva sostenuto con rocciosa convinzione i diritti di ciascuno. I suoi migliori amici erano proprio i musulmani, che erano rimasti folgorati dalla passione con cui Bhatti, non ancora ventenne, aveva lottato per bloccare il progetto di legge che imponeva di specificare, sulla carta d'identità, la propria confessione religiosa. «Siamo tutti pachistani», diceva con foga. E proprio il suo indomabile coraggio l'aveva aiutato ad imporsi nella vita politica quotidiana del suo Paese.
Essendo un uomo di dialogo, aveva conosciuto e frequentava la Comunità di Sant'Egidio. Come ricorda Andrea Riccardi, fondatore della Comunità e ministro per la Cooperazione e l'integrazione,«Shahbaz lottava per liberare i cristiani del Pakistan dalla paura, dall'umiliazione e dalla marginalità, senza mai cercare lo scontro». L'anno scorso, a settembre, sarebbe stato indubbiamente fra i protagonisti dell'incontro di Sant'Egidio a Monaco di Baviera. Ma a quell'appuntamento in Germania Shahbaz Bhatti non è mai arrivato. Perché nel marzo precedente, mentre concordava con gli amici italiani progetti di collaboraziòne, una mano assassina l'ha ammazzato, in una strada di Islamabad.
Il ministro, che aveva 42 anni, era diretto al lavoro e pochi minuti prima aveva parlato al telefono con gli inviati in Pakistan della Comunità di Sant'Egidio. Anzi, aveva aggiunto, dobbiamo vederci subito. «Vi mando un sms per dirvi l'ora. Tra poco sarò in ufficio». Gli amici hanno atteso l'sms invano. Al posto dell'innocente e quasi scontato messaggino di conferma, è arrivato il frastuono di una vecchia radio che annunciava come prima notizia l'assassinio del ministro per le Minoranze. Ucciso per strada. Nessuno aveva pensato di proteggerlo con una scorta, tuttavia è probabile che lui stesso l'avrebbe rifiutata.
Nel ricordo di quest'uomo esemplare, che alcuni hanno paragonato a Gandhi e altri a Martin Luther King. Roberto Zuccalini e Roberto Pietrolucci hanno scritto un bel libro, che ha come titolo, semplicemente, il nome del ministro, e ha un sottotitolo che spiega: Vita e martirio di un cristiano in Pakistan. Il volume (Edizioni Paoline, pp.176, 14), impreziosito dalla prefazione di Andrea Riccardi, è davvero un testo completo.
Oltre la cronaca di un delitto quasi annunciato (e rivendicato da un gruppo terrorista islamico), gli autori raccontano la biografia di questo pachistano limpido e verticale, che combatteva con le armi della fede e del rispetto degli altri, collocando poi, con efficacia, la storia della vittima nel conte sto storico di un Paese importante, strategicamente delicatissimo e soprattutto in cerca di pace. Colpisce un pensiero di Bhatti, che in sostanza è il suo testamento spirituale, e che si coniuga con la corsa solidale ad aiutare il Pakistan, quando fu colpito dal terremoto: «Credo che i cristiani del mondo, che hanno teso le mani ai musulmani del mio Paese colpiti dalla tragedia, abbiano costruito dei ponti di solidarietà, d'amore, di comprensione e di tolleranza tra le due religioni». Questo era Bhatti, ammazzato per strada da fanatici intolleranti. Gli intolleranti, da sempre e dappertutto, hanno come nemico giurato chi crede fermamente nel dialogo.