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7 Settembre 2015 09:30 | Cattedrale della Resurrezione di Cristo (Cattedrale Ortodossa)

Intervento di Raj Kumar Srivastava Centro di Studi per le Società in Sviluppo, India


Raj Kumar Srivastava


Centro di Studi per le Società in Sviluppo, India

[Il concetto di] globalizzazione connota e indica un insieme di processi politici, economici e socio-culturali che stanno congiuntamente rendendo più piccolo il mondo e dando vita ad una consapevolezza globale. Essa rappresenta una condizione universale dell’uomo di oggi. L’aura e il battage pubblicitario associati alla globalizzazione pongono sicuramente l’accento su certe forme di connessione: l’informazione, le telecomunicazioni, il commercio, i viaggi. Si suggerisce che questa connessione, benché incoerente, spinga e promuova scambi di vario genere e solidarietà, che è diversa dell’omogeneizzazione. Nondimeno, essa mostra due volti: uno minaccioso e l’altro benevolo. Il suo volto minaccioso si sostanzia negli sbilanciati rapporti di forza del “Nord” globale nei confronti del resto del mondo. Il suo volto benigno si sostanzia nella crescente solidarietà di movimenti popolari, associazioni e gruppi di volontariato, sindacati e cooperative, organizzazioni religiose ed ONG, volta ad assicurare sicurezza e benessere alle persone di tutto il mondo. Complessivamente, questa solidarietà è rafforzata dalla tradizione di resistenza non-violenta della disobbedienza civile.

Come corollario della sua esistenza a livello globale, quest’interconnessione è evidente anche a livello nazionale. Concentrandoci su una comprensione essenzialmente geografica e geopolitica della globalizzazione, si è quasi completamente omesso di riconoscerne le ricadute ai livelli sub-globali. Molti studiosi hanno definito tutto questo come globalizzazione dal basso. In un certo senso, questa globalizzazione alternativa è radicata in una cultura movimentista che mette in discussione la legittimità delle attuali strutture dell’ordinamento internazionale, ma pure, spesso, tratta con esso. La solidarietà a questo livello è la sua risposta alla problematica posta dalla globalizzazione in termini di trasformazione sociale.

Questa globalizzazione alternativa dal basso costituisce un fermento nel pensiero contemporaneo, fermento incarnato da migliaia di movimenti locali, nazionali e transnazionali, fondati su una concezione di comunità umana e di pluralismo globale. Tra essi, i movimenti ambientalisti, per i diritti umani, delle donne, per lo sviluppo sostenibile, indigenisti e pacifisti. La diffusione di questi movimenti di base, così come i temi da essi posti, hanno reso e rendono un contributo vitale per la coscientizzazione globale di persone di tutti i tipi. Per descriverne la funzione, attingo a un’immagine di un classico poema taoista:

Trenta raggi si uniscono nel mozzo della ruota;
è il foro centrale che la rende utile.
Impasta l'argilla per fare un vaso;
è lo spazio al suo interno che lo rende utile.
Apri porte e finestre per una stanza;
sono le aperture a renderla utile.
Perciò il profitto viene da ciò che c’è;
l'utilità da ciò che non c’è. (Tao TeChing)

Tali iniziative globali alternative si evidenziano nell’emersione e nella diffusione di questi movimenti, soprattutto attraverso legami di solidarietà transnazionale. Il loro obiettivo non è soltanto quello di accrescere la pressione locale su governi autoritari per evolvere verso sistemi più liberal-democratici ma, in buona sostanza, è quello di formulare differenti visioni e una varietà di interpretazioni [dell’esistenza]. Apparentemente, questi processi mettono in discussione i concetti “tradizionali” di sviluppo, democrazia e governance, ma possono anche esser visti come complementari ai dibattiti, alle discussioni ed ai piani d’azione globalistici per un significativo nuovo ordine democratico. Inoltre, nel campo dell’economia, tali prospettive fanno parte della critica basilare e della contestazione che i movimenti sociali muovono alla modernità e alle connesse nozioni di sviluppo e progresso; della loro insistenza sulla sussistenza e sulla sostenibilità; della loro resistenza alle riforme economiche neo-liberiste ed a relazioni commerciali che sono percepite come imposte dall’esterno; ed includono la contestazione a livello locale di forme di egemonia interna che hanno legami transnazionali con le strutture di potere dominanti.

In tutto il Sud globalizzato, movimenti sociali democratici sono impegnati nella resistenza contro l’invasione della cultura occidentale e delle sue nozioni di modernità, laicità e “[concetti e valori] universali predefiniti”. I sostenitori della globalizzazione li definiscono“negativisti” (“rejectionists”). Tuttavia, da parte di questi cosiddetti “negativisti” non si tratta di un acritico e romantico aggrapparsi alla tradizione. In realtà, il loro attivismo si è tradotto nella rivalutazione della tradizione al fine di innervarla col meglio dei valori compatibili della modernità. Questi movimenti combattono strutture ed ideologie di dominio come il patriarcato e le caste, che si esplicitano all’interno e non sono imposizioni esterne. Anche qui, troviamo una crescente espressione e formulazione di solidarietà globale tra i dominati contro i dominatori, sia esterni che interni.

Per lo più, l’interpretazione prevalente ha visto questi gruppi e movimenti come semplici forme reattive orientate all’azione concreta, che sorgono in reazione ad una situazione specifica e poi si sciolgono, sia che falliscano sia che conseguano il loro obiettivo. Ma i movimenti contemporanei comportano l’interiorizzazione di valori alternativi a livello individuale, tanto quanto sono coinvolti nel fare comunità e nell’indirizzarsi su questioni ben definite. Benché molto diversi, questi gruppi e movimenti hanno molto in comune, in particolare una “motivazione morale” centrata sulla consapevolezza dell’ingiustizia. Molti di questi movimenti e dei loro aderenti non cercano il potere. Essi desiderano invece essere autonomi dallo stato, guardando al di là di questo, a contesti alternativi favorevoli a relazioni partecipative basate su ideali di solidarietà. Questi movimenti cercano di creare e rafforzare legami coi loro seguaci, entro e tra le nazioni.

In realtà, queste iniziative globali di base esistono in un rapporto dialettico con forze etero-dirette della globalizzazione, ovvero quella che è anche chiamata globalizzazione societaria (corporate globalization). Esistono certamente tensioni tra il locale e il globale, tra lo specifico-contestuale e l’universale, ma questa semplicistica dicotomia non è molto utile. Nonostante le prese di posizione filo-globalizzazione e le voci anti-egemoniche sulle due sponde, i confini tra esse sono spesso sfocati. Resta il fatto che nessuno dei due può ignorare l’altro. I “globalizzatori” hanno pur capito che non possono andar distante con un’impostazione mentale bi-dimensionale e che devono rispecchiare le differenti concezioni di “casa” [esistenti] sul globo. Bisogna operare in direzione di una globalità funzionale essendo sensibili ai feedback dall’ambito locale.
Certo, la globalizzazione dall’alto è il contrario della solidarietà globale creata dai movimenti che operano alla base, ma, al tempo stesso, la prima crea pure gli spazi perché la seconda possa operare. In una certa misura, le azioni collettive di questi gruppi, rafforzate dai legami transnazionali, ed in ispecie la formulazione di concezioni alternative, sensibilizzano l’apparato globalizzatore degli stati nazionali. Èquesta azione collettiva a livello di base – che io vedo come solidarietà globalizzatrice – che non può essere ignorata. È questa solidarietà che sta aiutando a costruire un nuovo quadro in cui iniziare il dialogo tra prospettive radicalmente differenti. È questa solidarietà che non solo salvaguarda l’armonia comunitaria, ma anche “imbriglia il Leviatano”, come diceva Walt Whitman nel contesto delle forze scatenate dal capitalismo di mercato.

Una cosa che viene compresa meno è che globalizzare la solidarietà permette anche agli individui di scoprire ed affrontare con le proprie forzele sfide della globalizzazione personale, senza perdere le proprie relazioni locali. Offre loro le vie per comprendere come noi stiamo già assieme. L’uomo vive in società; egli ha una propria vita interiore ma, come membro della società, deve anche contribuire alla stabilità ed alla crescita di un più ampio ordinamento sociale. La compatibilità tra le esigenze del mondo interiore e quelle dell’ordinamento sociale richiede qualcosa di più dell’armonia. Richiede solidarietà, che promuove e corrobora l’armonia.

Per Gandhi, la liberazione dell’individuo e quella della comunità erano inseparabilmente legate – l’una senza l’altra era incompleta e perciò illusoria. La sua idea di auto-governo è stata utilizzata per conquistare l’indipendenza in senso stretto, il che offusca il suo significato di governo personale della propria sfera d’azione, che si trovava al centro del suo messaggio. A un certo punto egli osservava: “Possiamo solo sforzarci di accrescere le opportunità dell’uomo di realizzare ed adempiere i propri doveri e di farsi più vicino a Dio”. In questo senso, Gandhi cercava di indicare che quanto rientra nelle capacità individuali è anche di validità universale. Inutile dire che questa prospettiva riconosce l’autonomia non solo dei singoli, ma anche delle società e delle loro concezioni culturalmente determinate del mondo nella configurazione dei modelli dei venturi assetti globali. Comprendere l’autentico “sé” e la sua relazione con le comunità e la società in cui è collocato, è la chiave per dar vita a sistemi e strutture che possano permettere agli assetti sociali di essere più umani.

    Riassumendo, la globalizzazione non può essere concepita in modo da divergere dalle esperienze di vita delle differenti società. Dev’essere una realtà esperienziale da costruire gradualmente sul consenso sociale. Io vedo la globalizzazione come una forza viva del futuro, che armonizza le sensibilità delle collettività umane. L’attuale stato della globalizzazione è inadeguato sotto molti aspetti. Un aspetto luminoso è la crescente solidarietà della base, la sua volontà di emancipazione e il suo impegno per la giustizia sociale e la dignità umana. Si è effettivamente intervenuti contro il rapace sfruttamento del pianeta, tale da mettere in pericolo l’esistenza ed il benessere delle generazioni future. [I movimenti di base] sono cresciuti di numero e di dimensione. Se pensiamo al potere come capacità di fronteggiare il groviglio dei problemi dell’umanità in campo economico, sociale, culturale e politico, allora questi attivisti della solidarietà non-governativa stanno svolgendo ruoli sempre più importanti. Questa loro capacità si fonda su un sentimento di identità, risolutezza e solidarietà. Si esprime in molteplici maniere e denota fiducia. L’attuale stato di cose può esser visto come un importante complesso di circostanze che sta plasmando il futuro globale. Possiamo vedere nel presente i semi del futuro.



 

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