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15 Febbraio 2000

Alluvione in Mozambico: raccolta in favore delle vittime

 
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Il Mozambico affonda nel fango e nell'acqua. 

Piogge torrenziali difficili da immaginare, due settimane fa, hanno già fatto più di 200 mila senzatetto nella sola capitale, Maputo. Interrotto strade, spazzato i collegamenti, allagato i villaggi dell'interno. Adesso è arrivato il Ciclone Eline. Ha affogato buona parte del paese, facendo uscire le acque del fiume Limpopo. 

Una zona grande più della pianura Padana è raggiungibile solo dall'alto, coperta d'acqua. L'altro grande fiume, l'Incomati, ha interrotto i collegamenti Maputo-Beira. Un milione di persone rimaste senza casa, senza cibo, medicine, acqua, lavoro, raccolto. 

Il Mozambico, uscito da 16 anni di guerra civile e da un milione di morti, era, è, la speranza dell'Africa. La sua pace, conquistata dopo due anni di trattative a Roma, costruita con fantasia e pazienza dalla Comunità di Sant'Egidio, in collaborazione con Farnesina e governo italiano, rappresenta un unicum per il continente e un modello, purtroppo, ancora non superato in un'Africa dilaniata dalle guerre e dall'Aids. La pace dura, il paese ha avuto due normali elezioni democratiche da allora, i programmi del Fondo Monetario, pur con qualche contraddizione, hanno iniziato a risollevare le condizioni di vita di parte della popolazione. Con il Sudafrica il Mozambico può indicare agli altri Stati africani come si può uscire dalla violenza senza violenza. Dal Mozambico, in primavera, deve partire il più massiccio intervento contro l'Aids in Africa, destinato ad allargarsi agli altri paesi più colpiti. 

Adesso, però, affonda e se affonda rischia di affondare la speranza per un paese e un continente intero. C'è cibo solo per 300 mila persone e per soli tre mesi nelle scorte del World Food Programme. Solo per ricostruire i collegamenti ci vogliono 120 miliardi. L'Onu lancia un appello al mondo. E poi manca tutto. Nelle zone colpite non si può curare neppure l'influenza. 

E noi? Con che coraggio si parla di soldi, di aiuti, dopo tutta la diffidenza che si è insinuata a causa del polverone dei sospetti sul campo di Valona e da lì sull'Operazione Arcobaleno? Qui non c'è nessun arcobaleno. C'è una pioggia che non lascia requie. Il quartiere di case di canne dove la Comunità di Sant'Egidio di Maputo faceva la scuola ai ragazzi di strada, 40 mila persone più di metà ragazzini, non c'è più. Tutte le scuole e gli edifici pubblici contengono sfollati. Si è fermato tutto. Fino a quando si potrà andare avanti? D'accordo. Ma con che coraggio si può fare una nuova colletta nazionale? Perché è necessario. Ed è anche intelligente. Far vivere il Mozambico è far vivere l'Africa e far vivere l'Africa è far vivere meglio anche l'Europa, senza la paura di assedi di «senza niente» dal Sud dal mondo. Il Mozambico è anche un po' di casa, da noi. In nessun altro paese, forse neppure nei Balcani, l'Italia è stata così decisiva, con i caschi blu che hanno aiutato la transizione dalla guerra alla pace. 

La Comunità di Sant'Egidio ha avviato un piano di aiuti di emergenza che distribuirà direttamente con la sua rete di volontari presente in 38 punti del paese. Nessuno stipendiato. Mille persone che già vivono nel paese. Ma occorre l'aiuto di tutti. Non può essere fatto senza una grande raccolta di fondi nazionale. E' una grande occasione. Anche per recuperare a noi stessi il diritto di restare vulnerabili e, per questo, umani.

Immagini dell'alluvione

La capitale, Maputo

La provincia di Gaza

La città di Xai-Xai, 200 km a Nord di Maputo


Xai-Xai: in attesa degli elicotteri


La strada da Xai-Xai a Maputo


La città di Chokwe, 200 km a nord-ovest di Maputo,
completamente sommersa dall'alluvione



La città di Chokwe, 200 km a nord-ovest di Maputo,
completamente sommersa dall'alluvione



Il villaggio di Chinhanine, 80 km a nord di Maputo

Salvati dall'elicottero


La salvezza si cerca sui tetti delle case, sugli alberi
o sulle poche aree rimaste libere dalle acque.


Si tenta di portare in salvo le poche cose rimaste
e di raggiungere la terra ferma

Molti i bambini rimasti orfani 
o che hanno perso contatto con i genitori


Un milione di persone rimaste 
senza casa, senza cibo, medicine, 
acqua, lavoro, raccolto

Cresce il pericolo di diffusione delle malattie (malaria, colera)
in un paese dove non ci sono più i mezzi nemmeno per curare l'influenza

 


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