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Liturgia di ringraziamento per il 50mo anniversario della Comunità di Sant'Egidio

10 febbraio, ore 17,30 Basilica di San Giovanni in Laterano

 
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4 Ottobre 2010 09:30 | Ajuntament. Saló de Cent

Barcellona 2010 - Intervento di Jürgen Johannesdotter



Jürgen Johannesdotter


Vescovo luterano, Germania

“I poveri sono il tesoro della Chiesa” – questa frase, che è l’argomento di cui parliamo oggi in questa tavola rotonda, è una frase religiosa. Non ci è data né dalla ragione, né dal buon senso, né dalla comune esperienza. Di essa non puoi dire,  concludendo un ragionamento, “quod erat demonstrandum” (come volevasi dimostrare). Ripeto: “I poveri sono il tesoro della Chiesa” è una frase religiosa. Non ha nessun riscontro nella vita quotidiana, se non incontri qualcuno che fa in modo che ti senti di dire: “questa frase è vera”. E’ vera perché incontri qualcuno che agisce in conformità ad essa. E’ una frase che sorprende. E’ una frase che scaturisce dall’amore.

Una poetessa tedesca del ventesimo secolo, Ricarda Huch, disse una volta: “La Bibbia contiene molte storie che ogni giorno si ripetono di nuovo”. La storia di Adamo, Eva ed il serpente si ripete ogni giorno, lo stesso accade con la storia di Caino ed Abele, e della costruzione della torre di Babele. Ma non è soltanto l’Antico Testamento a raccontarci tali storie, anche il Nuovo Testamento lo fa. Pensate alle parabole del figliol prodigo e del buon samaritano. La Bibbia è piena di tali storie e frasi sorprendenti. Immagino che tutti voi siete d’accordo: più leggiamo la Bibbia e più scopriamo storie e frasi che, come quelle che ho citato, ci stupiscono.

La nostra frase non ci è data semplicemtente dall’esperienza, ma dalla religione, e quindi dall’amore, e quindi, per forza di cose non sarà una frase astratta, ma concreta. E’ la fede che ci fa formulare queste frasi di per sé non scontate, che scaturiscono dall’amore e sono orientate verso l’amore. La Bibbia è un libro pieno di immagini di questo amore. Quando senti una frase come questa riesci a guardare nel cuore della Bibbia, anzi, nel cuore di Dio. E con ciò vedi il volto di Gesù Cristo. E’ il Vangelo che ti aiuta a comprendere questa frase, nella luce dell’amore di Dio per ognuno di noi.

Nella mia tradizione luterana ci troviamo, con ciò, nel cuore della dottrina della giustificazione. E’ Dio che capovolge il nostro essere, che ama coloro che non sono degni di essere amati. Il motivo per cui egli fa ciò è l’amore, semplicemente l’amore. Ci tratta come se non fossimo, ma come comparissimo in uno specchio. Ci tratta come se fossimo Zaccheo, come se fossimo degni di amore. Quando eravamo bambini ci piaceva fare un gioco, conosciuto nella varie culture in una o l’altra delle sue versioni. Questo gioco si chiamava “vedo qualcosa che tu non vedi, e si tratta di ...”. Dio ha un debole per le persone umili.

Come seguaci o successori di Cristo ci esercitiamo nel guardare le persone in questo modo, e di trattarle di conseguenza. Ciò che facciamo loro lo facciamo a Gesù Cristo stesso, secondo quanto leggiamo nel Vangelo di Matteo, al Capitolo 25, dove, nella parabola del giudizio finale sta scritto: “Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”. E, la domanda che gli rivolgono sia coloro che stanno alla sua destra che quelli che sono alla sua sinistra è: “Signore, quando è avvenuto ciò...?” La risposta a quelli di destra è: “tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me". E la risposta a quelli di sinistra è: “tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l'avete fatto a me”. Questa parabola è di una gravità sacra. Capire o no questo messaggio deciderà della nostra vita eterna o della nostra punizione eterna.

E’ LUI, GESU’ CRISTO, è DIO STESSO, che pronuncia queste parole di amore illimitato, infinito verso i poveri. Significa forse che in realtà siamo noi i poveri a cui si riferisce la frase “I poveri sono il tesoro della Chiesa”? Forse sì, forse no. Il Vangelo dice che Dio ama i poveri; ai suoi occhi essi sono un tesoro, ed essi dipendono da questo suo modo di amarli. E’ grazie a questo Suo modo di guardarli che essi diventano il tesoro che Egli vuole che essi siano. E se essi sono un tesoro ai Suoi occhi – perché non dovrebbero esserlo allo stesso tempo anche nell’esistenza e nell’essenza della Chiesa?! Cosa impedisce che sia così?

Una preghiera dell'Abbé Pierre, francese, che si occupò per molti, molti anni dei senza fissa dimora a Parigi, diceva:

“Padre, dai il pane a tutti coloro che hanno fame, e rendi affamati tutti coloro che hanno pane.”

La domanda è: Conosciamo la “fame”? Conosciamo la fame di aiuto, da entrambi i punti di vista? Sappiamo che dipendiamo dall’aiuto di Dio? Se sì, scopriremo non solo l’impotenza dell’altro, ma anche la nostra. Ciò crea una nuova forma di solidarietà, e la fame materiale dei poveri sarà una sfida spirituale per te, anzi per noi, a seguire il nostro SIGNORE sulla via della carità.

Se camminiamo insieme ai poveri sulla via della carità, il SIGNORE stesso camminerà con noi. E su questa via non osserveremo soltanto la loro povertà, ma anche la loro ricchezza. Senza questo nuovo sguardo la frase “I poveri sono il tesoro della Chiesa” sarebbe, a prima vista, uno scandalo. Guardando meglio, scopriremo che è uno scandalo della grazia. La vita di tutti noi scaturisce da questo “scandalo della grazia”. I discepoli di Gesù erano persone come noi – vivevano con la grazia scandalosa di Dio che ama tanto a fondo che rischierebbe qualunque cosa per il Suo mondo e il Suo popolo. Ciò è la ragione per cui il mondo – per quanto cerchi di apparire senza dio – non può liberarsi di Dio - grazie a Dio.

Non è la paura che ci fa camminare insieme con i poveri sulla via della carità, è la gratitudine. Domenica scorsa, da noi in Germania, in tutte le chiese ci sono state liturgie di rendimento di grazie. La predicazione verteva sulla seconda lettera di San Paolo ai Corinti, al capitolo 9, versetto 6: “Tenete presente questo: chi semina scarsamente, scarsamente raccoglierà e chi semina con larghezza, con larghezza raccoglierà”. Nella traduzione tedesca, la seconda parte del versetto suona così: “semina nella benedizione, e raccoglierai nella benedizione”. La prima parte della frase è un proverbio contadino, la seconda parla del Regno di Dio. Ricordiamoci che la gratitudine è una consigliera migliore della costrizione o della forza.

Il profeta Isaia (cap. 58, v. 7), dice: “Non consiste forse nel dividere il pane con l'affamato, nell'introdurre in casa i miseri, senza tetto, nel vestire uno che vedi nudo? Allora la tua luce sorgerà come l'aurora, davanti a te camminerà la tua giustizia, la gloria del SIGNORE ti seguirà.... se aprirai il tuo cuore all'affamato,

se sazierai l'afflitto di cuore, allora brillerà fra le tenebre la tua luce”.

Una versione tedesca traduce così: “Quando farai trovare all’affamato il tuo cuore…”. E’ questo di cui hanno bisogno i poveri sulla via della carità. Non soltanto politiche sociali, ma il nostro cuore.

Proveniendo io stesso da una famiglia povera, quando ero un giovane studente di teologia e sociologia presso due università tedesche, cercavo di conciliare l’impegno sociale con la profondità spirituale. La linea verticale e quella orizzontale vanno insieme. Insieme esse formano il segno della croce, il segno con cui Dio dice SI’ ad ogni essere umano. Nella Chiesa Protestante Tedesca io sono il vescovo per le comunità spirituali. Sono molto grato per ciò che ho imparato dagli amici della Comunità di Sant’Egidio – il loro profondo amore per i poveri. Essi vivono ciò in cui credono. Non vi è un atteggiamento di generosa superiorità, ma amicizia faccia a faccia. E’ ciò di cui hanno bisogno – ed è ciò di cui abbiamo bisogno noi. Io ho profonda fiducia in questo movimento ecumenico spirituale che aiuterà il cristianesimo a ritrovare le sue radici, indipendentemente dalle nostre origini confessionali.

Sulla via della carità possiamo ottenere ciò di cui abbiamo più bisogno per vivere insieme oggi, e ciò significa trovare la riconciliazione. Dio benedica il nostro cammino comune. Impareremo dagli altri non soltanto come Chiese Cristiane, ma anche come religioni; apprendendo questa lezione daremo un contributo per la pace e la riconciliazione. Dio vi benedica tutti.

Grazie.

 

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Barcellona 2010

Messaggio
di Papa
Benedetto XVI


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