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Liturgia di ringraziamento per il 50mo anniversario della Comunità di Sant'Egidio

10 febbraio, ore 17,30 Basilica di San Giovanni in Laterano

 
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12 Settembre 2011 16:00 | Residenz, Vier-Schimmel-Saal

Le religioni e il valore della vita di Leon Lemmens



Leon Lemmens


Vescovo cattolico, Belgio

Voglio esprimere la mia gratitudine e il mio rispetto nei confronti della Comunità di Sant'Egidio per il suo immenso impegno in difesa della vita dei poveri, dei deboli, degli anziani, dei malati, dei carcerati, degli zingari e degli immigrati in così tante città e paesi in Europa e in Africa, nelle Americhe e in Asia, e ringrazio Sant'Egidio per avermi dato l'occasione di partecipare a questo bellissimo incontro e a questa tavola rotonda.

Il libro della Genesi, primo libro degli Ebrei così come primo libro delle Sacre Scritture dei cristiani, inizia raccontando come Dio creò il cielo e la terra e come Egli ha dato vita ad ogni essere vivente, soprattutto all’uomo e alla donna. E così è scritto: “Dio creò l'uomo a sua immagine, lo creò a immagine di Dio, li creò maschio e femmina. E Dio li benedisse”(Gn 1, 27-28).

Di modo che, le Sacre Scritture ebraico-cristiane affermano, come primo e fondamentale significato, che questo mondo in cui viviamo è stato creato da Dio e che al centro di questo mondo, come suo tesoro più prezioso, ci sono l'uomo e la donna, “creati a immagine di Dio”. Ogni uomo, ogni donna porta il marchio, il sigillo del Creatore, essi rivelano la sua gloria e la benedizione di Dio scende su di loro. L’eccezionale valore della vita di ogni uomo e donna non poteva essere espresso in maniera più efficace.

Ogni uomo o donna che un credente incontra, con cui ha a che fare, di cui sente parlare, si presenta a lui come portatore della benedizione di Dio ed essere creato ad immagine di Dio stesso. In ogni incontro, il credente si trova, in modo esclusivo e profondo, alla presenza stessa di Dio. Anche la sua vita, del credente, non gli deve apparire come esclusiva proprietà, come suo possesso, ma sempre come un regalo prezioso e unico di Dio di cui deve prendersi cura con gratitudine, rispetto e responsabilità. Il dialogo più profondo che un uomo possa avere in questa vita è il dialogo con il suo Creatore. Un contributo molto importante che può portare la religione alla vita dei suoi fedeli è quello di tenere vivo, di nutrire e di stimolare il dialogo interiore con il proporio Creatore. È proprio per questo che la preghiera e la carità costituiscono il cuore stesso della vita dei fedeli.

Ma spesso, la gloria di Dio sul volto di ogni persona sembra essere oscurata o nascosta ai nostri occhi, che così facilmente si trovano nella stretta di un modo materialista ed egoista di pensare e di vivere. Ed è per questo che la Bibbia, in molte sue pagine, sottolinea come queste persone che rischiano di essere messe da parte nella società degli uomini, come i deboli, i poveri e gli stranieri, debbano essere trattati con rispetto e dignità di uomini e donne creati ad immagine di Dio.

I salmi scolpiscono la preghiera dei poveri per loro aiuto e difesa nel cuore di ogni fedele e proclamano l'amicizia speciale e l’amore di Dio per loro, come è detto nel Salmo 72: “Poichè il Signore libererà il povero che grida, e il misero che non ha chi l'aiuti. Avrà pietà del debole e del povero e salverà la vita dei bisognosi. Riscatterà le loro anime dall'oppressione e dalla violenza e il loro sangue sarà prezioso ai suoi occhi”(Sal 72, 12-14).

Nel Vangelo secondo Luca, Gesù benedice i poveri “perché di essi è il regno di Dio” (Lc 6, 20) e Lo vediamo uscire, giorno dopo giorno, per guarire i malati e per nutrire gli affamati, mentre insegna ai suoi discepoli a fare lo stesso. È la percezione profonda della dignità di ogni persona, e questa percezione appassionata della gloria di Dio sul volto di ogni persona si risveglia con forza in Gesù, e dovrebbe risvegliarsi con forza in ogni Suo discepolo, quando Lui vede le persone che soffrono venir messe da parte dalla società o considerate di minor valore perché disabili o malati. Gesù non accetta questo, li raggiunge immediatamente, li mette al centro e interviene per curarli e reintegrarli nella società.

Ma che valore ha oggi, in Europa, la vita di molti anziani che spesso finiscono la loro esistenza in una casa di cura, separati da una vita sociale, spesso abbandonati nella loro sofferenza? Qual è il valore della vita di quegli anziani che sono affetti dal morbo di Alzheimer o da un altro disturbo mentale? Chi scopre sui loro volti la luce della gloria di Dio? Chi diventa loro amico e compagno, chi, con la sola sua presenza e amicizia illumina le loro facce? Il tentativo di legalizzare l'eutanasia in diversi paesi Europei esprime la reale incapacità di molti a scoprire la bellezza spirituale degli anziani e l’incapacità a illuminare le loro vite.

Ma abbiamo anche potuto porre la seguente domanda: Qual è il valore della vita di un bambino africano affetto da HIV? Quanta resistenza c'è stata, per molti anni, nel mondo occidentale a concedere loro il diritto di essere trattati con la terapia antiretrovirale. Quando la Comunità di Sant'Egidio ha iniziato i suoi sforzi, quindici anni fa, per fornire la terapia antiretrovirale nei pazienti affetti da HIV in Africa, nessuno li ha sostenuti, al contrario, per molte ragioni, quasi tutte le grandi istituzioni del mondo occidentale si dichiaravano apertamente  a sfavore di una tale impresa. Se oggi, fortunatamente, è diventata opinione comune nel mondo che la terapia antiretrovirale debba essere fornita a tutti i pazienti affetti da HIV in Africa, lo dobbiamo in gran parte alla testardaggine di Sant'Egidio, che non poteva accettare che la vita di un bambino europeo avesse più valore rispetto alla vita di un bambino africano, che la terapia fosse disponibile per i ricchi, ma non per i  poveri.

Nel libro del Levitico, Dio comanda che in Israele, gli stranieri godano dello stesso trattamento dei nativi: "Quando qualche straniero abiterà presso di voi nel vostro paese, non gli farete torto. Tratterete lo straniero, che abita fra voi, come chi è nato fra voi; tu lo amerai come te stesso; poiché anche voi foste stranieri nel paese d'Egitto. Io sono il Signore vostro Dio"(Lv 19,33-34). Ai nostri giorni, questo comandamento deve essere ricordato da tutti i fedeli in Europa, dal momento che nel nostro continente si alzano molte voci preoccupate per la presenza e l'afflusso di immigrati, mettendo loro in contrapposizione con il cosiddetto "proprio popolo".

Inoltre, i leader religiosi devono ricordare il fatto che oggi, in molti paesi europei, vi sono esplosioni di discriminazione, umiliazione e perfino di violenza verso le comunità zingare. Sono molto felice che l’11 Giugno 2011, il Papa Benedetto XVI ha incominciato a ricordare questo aspetto, dando una speciale udienza in Vaticano alle comunità zingare europee. E mi piace citare alcune parole del suo discorso a più di 4.000 zingari europei presenti: “Siete rimasti senza patria e avete considerato idealmente l’intero Continente come la vostra casa. Tuttavia, persistono problemi gravi e preoccupanti, come i rapporti spesso difficili con le società nelle quali vivete. Purtroppo lungo i secoli avete conosciuto il sapore amaro della non accoglienza e, talvolta, della persecuzione, come è avvenuto nella II Guerra Mondiale: migliaia di donne, uomini e bambini sono stati barbaramente uccisi nei campi di sterminio. È stato - come voi dite - il Porrájmos, il “Grande Divoramento”, un dramma ancora poco riconosciuto e di cui si misurano a fatica le proporzioni, ma che le vostre famiglie portano impresso nel cuore. La coscienza europea non può dimenticare tanto dolore! Mai più il vostro popolo sia oggetto di vessazioni, di rifiuto e di disprezzo!” Per una persona di fede, non vi sono estranei o stranieri, proprio come dice il Levitico: “Lo straniero che risiede fra voi, lo tratterete come colui che è nato fra voi; tu l'amerai come te stesso”.

E questo vale anche per quelle persone che si rendono colpevoli di delitti terribili. Rimangono sempre degli esseri umani creato a immagine di Dio e meritano di essere rispettati. Nessuno ha il diritto di togliergli la vita. Questo diventa evidente già nel quarto capitolo del libro della Genesi, quando Caino, dopo aver ha ucciso il fratello Abele, è chiamato a renderne conto a Dio: " Il Signore disse a Caino: «Dov'è Abele, tuo fratello?» Egli rispose: «Non lo so. Sono forse il guardiano di mio fratello?» Il Signore disse: «Che hai fatto? La voce del sangue di tuo fratello grida a me dalla terra.»” (Gn 4, 9-10). Caino nega di essere custode di suo fratello, ma Dio si rivela come il custode di ogni uomo e nessuno può toccare la vita di un altro senza toccare Dio stesso. Ma poi continua a difendere la vita di Caino, un assassino: “Ma il Signore gli disse: «Ebbene, chiunque ucciderà Caino, sarà punito sette volte più di lui». Il Signore mise un segno su Caino, perché nessuno, trovandolo, lo uccidesse.” (Gn 4, 15). Ed è per questo che persone di fede si sono impegnate in una campagna mondiale per abolire la pena di morte e la Comunità di Sant'Egidio è molto impegnata in questo lavoro, organizzando, per esempio, ogni anno, un importante appuntamento per i ministri della giustizia provenienti da molti paesi dell’Africa, dell’Asia e delle Americhe per incoraggiare e ispirarsi l'un l'altro al fine di abolire la pena di morte in tutti i paesi e per lottare contro la diffusa pratica del linciaggio, e questi sforzi hanno già portato alla abolizione della pena di morte in diversi paesi Africani ed Asiatici.
 



Messaggio
di Papa  Benedetto XVI


Incontro di dialogo tra le religioni, Monaco di Baviera 2011


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