Yaoundè è sparsa su molte colline. Qualcuno dice che sono sette come quelle di Roma, ma in realtà sono più di 30. Tra una collina e l'altra sorgono bidonvilles molto ammassate, e tanta gente costruisce la propria casetta in lamiera o con mattoni d'argilla.
Da un po' di tempo anche in Camerun la vita si è un po' allungata. Si vede qualche anziano. Ma non è facile neanche qui essere anziani. C'è gente che pensa che abbiano stretto un patto con il male per poter vivere così a lungo, per cui li evita e va a colpire altre persone. Così se un bambino si ammala, la colpa è dell'anziano "sourcier", stregone. E' questo uno dei motivi per cui tanti anziani sono isolati.
Da qualche mese un gruppo della comunità di Yaondè ha cominciato a visitare gli anziani di Montbankolo, all'estrema periferia est della città: sono circa una ventina, tutti soli.
Pauline è una donna molto anziana, cieca, senza più nessuno, sostenuta di tanto in tanto dalla solidarietà della vicina parrocchia. La casa è niente: un letto, due massi dove sedersi, un tetto di lamiera, pareti d'argilla.
Pauline parla solo ewondo, e non tutti sono in grado di comprenderlo. Ma l'amore supera la barriera linguistica. Pauline sente vicine, figlie, le ragazze della Comunità. Prende la mano di Cecile e si apre in un sorriso bellissimo. Comincia a cantare una canzone di Natale in ewondo. Gli altri traducono in francese. E così via per più di mezz'ora.
La nostra visita è la vita, il canto, il sorriso di Pauline. Decidiamo di comprarle un bidone di plastica per l'acqua da bere, perché ne abbia sempre a disposizione. Ma è l'appuntamento per una prossima visita, il regalo più gradito.
Marco Pavani
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