ROMA - Con il suo saluto avrebbe voluto infondere un po’ di ottimismo: anche al Papa, non solo agli altri disabili che, in silenzio, la ascoltavano. Lo racconta sorridendo, Francesca Grieco, romana diciottenne, paralizzata dalla vita in giù. «Esattamente sono affetta da mielomeningocele - precisa -, spina bifida». E ieri, «come spesso nella vita», non si è fatta fermare: «Ho letto il saluto al Papa, nella basilica di San Paolo. Era un discorso commovente, emozionante, ma l’ho trovato privo di ottimismo, o di ironia. Certo, si doveva parlare della sofferenza, ma, ecco, è proprio questo il punto: la disabilità non è necessariamente sofferenza». Gioca con i capelli dietro l’orecchio, sorride, illumina gli occhi castani, di luce forte: «Bisogna davvero smetterla di pensare ai portatori di handicap solo come esseri bisognosi di aiuto. I disabili per primi devono cambiare modo di pensare». Sì, però, in alcuni casi, la malattia può essere più tenace della volontà: «È vero - si corregge Francesca -, giusto, non si può generalizzare. Ma per me è stato decisivo pensarmi utile agli altri». Molto utile, in effetti: «Faccio parte della Comunità di Sant’Egidio, una volontaria. E vado, partecipo alle attività, ogni volta che posso». Tre volte a settimana no, non può: terapia riabilitativa, «alla schiena, soprattutto, perché le gambe non mandano segnali di alcun tipo, neanche dolore». Quando può, dunque, Francesca diventa punto di riferimento di altre persone: «Dei bambini della scuola popolare, nella mia zona (il Trullo, tra le più disagiate, ndr). Poi mi occupo del "Rigiocattolo", un progetto per raccogliere fondi per la ricostruzione in Mozambico: recuperiamo giocattoli, li restauriamo e li vendiamo. In passato, in questo modo, abbiamo già aiutato alcuni Paesi africani». Bambini, dunque, e la parte povera del mondo. «Anche gli anziani - aggiunge - perché in un istituto per la terza età di Trastevere faccio la presentatrice: durante la settimana costruiamo un cartellone, e io, prima della messa, spiego loro il gioco. Gli anziani ci aspettano con impazienza, ogni domenica, ed è sempre bello incontrarli». Cose così, insomma, cose «normali - dice Francesca - che regalano voglia di vivere». Esattamente ciò che avrebbe voluto infondere, ieri mattina, ai disabili, giunta a Roma per il Giubileo. «Ero nervosa - ammette -, anche perché ero la prima ragazza a leggere e per calmarmi ho bevuto una camomilla gigante». Poi l’emozione è passata: «Ma è rimasta la gioia».
Alessandro Capponi
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