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9 Marzo 2011

L'Illinois abolisce la pena di morte. E' il 16° stato USA dove non si ucciderà più per legge

 
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La Comunità di Sant’Egidio invita a Roma il Governatore Pat Quinn e una delegazione della Camera dei Rappresentanti e del Senato dell’Illinois, con gli abolizionisti americani, per celebrare lo storico evento al Colosseo 

 

Oggi, con la firma del governatore Pat Quinn alla proposta di legge approvata dai due rami del parlamento dello stato, l’Illinois è diventato il sedicesimo stato USA senza più la pena di morte. E’ una giornata storica e straordinaria in America. Si conclude un percorso che in 10 anni ha fermato tutte le esecuzioni nello stato di Chicago e che ha messo alla prova il sistema giudiziario, fino a concludere a grande maggioranza, bi-partisan, come la pena di morte sia uno strumento dannoso, irrimediabilmente, per il sistema giudiziario.

Il 6 gennaio 2011 la Camera dei Rappresentanti dell’Illinois ha votato 60 a 54 per l’abolizione definitiva della pena capitale. Cinque giorni dopo, l’11 gennaio, il Senato dello Stato ha approvato lo stesso testo 32 a 25. Mancava la firma del Governatore Pat Quinn, che ha soppesato tutti gli elementi a disposizione, fino alla storica firma di oggi. L’Illinois è il terzo Stato americano in soli 4 anni, ad abbandonare la pena capitale, dopo il New Jersey e il New Mexico. Un’accelerazione senza precedenti che indica come la pena di morte negli Stati Uniti sia in difficoltà e destinata a entrare nell’armamentario del passato. Un passaggio di dimensioni storiche, che arriva a poche settimane di distanza dalla fine della produzione del sodium thiopental, una delle sostanze utilizzate negli USA per l’esecuzione letale e per cui la Comunità di Sant’Egidio e le principali organizzazioni abolizioniste, da Reprieve a Hands off Cain, con il Governo inglese e italiano hanno lavorato.

La Comunità di Sant’Egidio ha accompagnato da vicino l’azione della Illinois Coalition Against the Death Penalty, coordinata da Jeremy Schroeder,  e le iniziative dell’intero movimento abolizionista americano, e celebrerà con la città di Roma l’abolizione della pena di morte in Illinois con un evento speciale e un’accensione speciale del Colosseo, simbolo internazionale di una battaglia globale per una giustizia capace sempre di rispettare la vita umana.

E’ un passo decisivo verso l’abolizione della pena di morte anche negli Stati Uniti. Il 2010 ha segnato infatti il più basso numero di esecuzioni dal 1999, 46, con un calo del 12 per cento rispetto all’anno precedente. Il 2010 è stato anche l’anno con il più basso numero di nuove sentenze capitali negli Stati Uniti dal 1976, 114, due terzi in meno di 15 anni fa, il 1996, l’anno che ha registrato il picco più alto.

E’ un movimento inequivocabile, un declino strutturale progressivo, confermato anche dalle recenti  vittorie elettorali di governatori che si oppongono pubblicamente alla pena capitale come è accaduto in California, nello Stato di New York e in Massachusetts. Anche in Texas, che detiene il primato con 17 esecuzioni in America, le nuove sentenze capitali sono state meno di dieci e per la prima volta un giudice ne ha contestato la legittimità costituzionale,. la conformità alla Costituzione degli Stati Uniti.

I precedenti:

L’ex governatore repubblicano Ryan, infatti, proprio alla fine di gennaio dell’anno duemila, aveva stabilito la sospensione di tutte le esecuzioni, dopo che dal 1976 - anno in cui vennero reintrodotte ufficialmente a livello federale - tredici condannati erano usciti dal braccio della morte perché riconosciuti innocenti, uno in più dei restanti dodici effettivamente colpevoli.

Erano numeri che indicavano una evidente anomalia nel sistema capitale del grande stato americano, una lacuna manifesta, peraltro, in tutti gli altri stati USA mantenitori.

La commissione da lui creata appositamente per fare piena luce sulla dinamica delle condanne capitali in Illinois, giunse due anni dopo alla conclusione che nessun sistema penale è mai tanto perfetto da non potere escludere clamorosi errori giudiziari. Dunque la pena di morte, con il suo carattere definitivo e irrimediabile, conteneva in sé le premesse di una punizione profondamente ingiusta, perché inappellabile. Ma non solo. Si scoprì quanto troppi fattori esterni, come l’etnia, la classe sociale, la geografia, l’emotività dell’opinione pubblica, l’inettitudine degli avvocati difensori, contribuissero in maniera risolutiva alla imposizione delle sentenze di morte.

Nel gennaio del 2003, alla vigilia del termine del suo mandato, il governatore Ryan ridusse 167 condanne capitali al carcere a vita, avendo rilevato un alto margine di errore nei processi che le avevano determinate.  Fu la più larga amnistia mai compiuta nei bracci della morte americani. I suoi successori hanno poi mantenuto la moratoria delle esecuzioni, mentre la spesa pubblica per badare alle poche decine di prigionieri ancora rinchiusi nelle carceri capitali dell’Illinois è risultato essere, da allora, di oltre 100 milioni di dollari. Sempre più stati americani, anche solo per questo, si stanno chiedendo se valga la pena proseguire sulla strada dell’assassinio legalizzato.

L’Illinois ora “non fa più parte della compagnia di quei paesi che compiono le peggiori violazioni dei diritti umani, e si unisce al mondo della civiltà mettendo fine alla soppressione della vita di persone innocenti”, come dice il senatore Kwame Raoul, uno dei maggiori sponsor del disegno di legge abolizionista.

 


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