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30 Settembre 2013 09:00 | Sala della Pace

Attraverso la pratica del concetto di “un Dio, un mondo, una lingua internazionale (comune)”


Takashi Ago


Oomoto, Giappone
Salutonkarajgesamideanoj! (Buongiorno/buonasera a tutti!)
Cinquant’anni fa, in occasione del 40° anniversario dalla fondazione dell’ “Associazione per la divulgazione dell’esperanto” (EPA), un’associazione a noi affiliata, è stata eretta la “stele dell’Esperanto” all’interno della sede centrale della Oomoto, sita nella città di Kameoka, Kyoto. Su questa stele sono incise in esperanto "Unu Dio Unu Mondo Unu Interlingvo” (“Un Dio, Un Mondo, Una Lingua Internazionale Comune”).
Questa stele riassume gli obiettivi delle attività Oomoto in modo molto semplice: rappresenta infatti le tre attività principali, per le quali si è attivata sia all’interno del Paese che all’estero, per la realizzazione del mondo ideale. Di fronte alla progressiva globalizzazione del mondo nel 21° secolo e all’impossibilità dell’uomo di vivere in modo indipendente, noi fedeli della Oomoto siamo convinti , oggigiorno, che queste attività universali siano più che mai richieste.
Allo stesso tempo, vorrei parlarVi in questa sede, che ha come tema principale il “Coraggio della speranza: religioni e culture in dialogo”, nella speranza che il nostro motto possa dare un contributo effettivo al convegno.
Vorrei iniziare con Unu Dio, ossia “un Dio”.
Nel 1925 il fondatore della Oomoto, OnisaburoDeguchi, formò a Pechino l’ “Associazione delle Religioni del Mondo”, insieme al Taoismo della Cina, il Buddismo, l’Islam e il Cristianesimo, come un tentativo per la realizzazione della pace. Questa è stata la realizzazione, sul piano pratico, di un’attività a sfondo religioso, alla base della quale vi sono le idee di “amore per l’umanità” e dell’esistenza di una “stessa origine nella pluralità delle religioni”, caratteristiche della Oomoto.
Durante questo congresso, il Maestro OnisaburoDeguchi disse: “In primo luogo è necessario che i cuori delle persone siano in armonia perché si possa realizzare la pace e la felicità dell’umanità intera. Ma per questo è fondamentale che, con l’aiuto della fede, i fratelli di questo mondo si uniscano per realizzare l’ armonia tra cielo e terra. Se la coesione del mondo è ottenuta attraverso l’utilizzo delle armi e della forza, allora non vi sarà fine ai conflitti e non si potrà sperare in una pace definitiva. Ecco perché è necessario che l’unità dell’umanità intera segua un percorso che veda in primis una unità a livello spirituale, religioso ed etico.” sottolineando chiaramente la necessità di una collaborazione da parte dei religiosi.
Nonostante la diversità nei fondamenti, nelle espressioni e nel metodo di insegnamento delle varie religioni, in fondo scopriamo che “Dio è una sola entità”. Intorno agli anni ‘20 l’idea di una “stessa origine nella pluralità delle religioni” non era comunemente accettata. Tuttavia, nel 21° secolo, chiamato anche “epoca del mondo”, questa idea è condivisa da molti giapponesi.
D’altro canto, in un periodo in cui si teme “lo scontro tra le culture”, è doveroso accelerare non solo la conciliazione tra le religioni, ma iniziare la collaborazione e l’organizzazione tra di esse, affinché si realizzi al più presto una “federazione religiosa”.
Vorrei passare adesso alla spiegazione della dicitura di “Unu Mondo”, ossia “un Mondo”.
Con questo s’intende il Movimento Federalista Mondiale, promosso nel secondo dopoguerra dagli scienziati, quali Albert Einstein, e riproposta nel 1949 da SumikoDeguchi, il successore di OnisaburoDeguchi.
Nell’immediato dopo guerra, quando un giornalista di un quotidiano giapponese chiese al Maestro OnisaburoDeguchi un’interpretazione della sconfitta bellica del Paese, egli rispose:
“Adesso non vi è più alcuna traccia dell’esercito giapponese: ciò indica la predestinazione di questo Paese come precursore della pace del mondo. La vera pace nel mondo si realizzerà nel momento in cui verrano abolite le armi di tutto il mondo, e tale momento si sta avvicinando.”
Nel dopoguerra, sulla base dell’esperienza di Hiroshima e Nagasaki, gli uomini di religione giapponesi hanno considerato che non si poteva permettere che una tragedia del genere si ripetesse nuovamente. Ed è per questo che hanno intrapreso la via del Movimento Federalista Mondiale, che potesse superare i confini territoriali e culturali tra i popoli, con l’obiettivo di realizzare una pace giusta attraverso la cooperazione tra le religioni.
Il 2 agosto 2005 la Dieta giapponese ha promulgato una risoluzione a dir poco storica, riconoscendo come principio dello stato il federalismo mondiale, con le seguenti parole: “Sulla base dei principi di pace della Costituzione dello Stato del Giappone, in qualità di unico Paese vittima di bombardamenti atomici, si ritiene necessaria la collaborazione tra tutti i popoli del mondo nell’abolizione delle armi nucleari, nell’evitare qualsiasi tipo di conflitto, nella ricerca di una strada che porti alla costituzione di un federalismo mondiale e nello sforzo di trovare una via che possa realizzare una convivenza sostenibile dell’umanità.”
Il federalismo mondiale è la vera “roadmap” che ha segnato la fine della storia dell’umanità, caratterizzata dalle guerre. A livello pratico, la “conditio sine qua non” di tale struttura deve essere innanzitutto la totale negazione delle guerre, come soluzione dei conflitti, al posto della quale si propone invece una soluzione basata sulla legge.
E’ fondamentale innanzitutto risolvere i problemi comuni, quali il problema demografico, delle risorse, dell’ambiente della garanzia della sicurezza. In questa prospettiva sono compresi non solo la realizzazione di un governo federale mondiale, al quale affidare parte dei poteri tipici di uno Stato, ma anche la costituzione di una legge mondiale o di un’assemblea popolare mondiale e di un tribunale mondiale. Vi sarà inoltre il completo smantellamento dell’esercito e la sicurezza garantita da un “corpo di polizia” controllato interamente a livello mondiale. Da questo punto di vista, è una cosa grandiosa il fatto che sia stata già istituita, grazie al regolamento firmato a Roma.
Apportare un cambiamento radicale nella tipologia del controllo, ossia dall’uso della forza all’applicazione della legge, in un clima di totale rispetto delle singole autonomie e di riconoscimento delle diversità culturali che possa portare ad una pacifica convivenza, e costruire la struttura di un “ordine mondiale di tipo federalista” sono, in questo periodo in cui l’umanità ha iniziato l’ “epoca del mondo”, le condizioni fondamentali perché si possa continuare a vivere.
 
Passiamo ora al terzo elemento, che è “UnuInterlingvo”, ossia “una lingua internazionale comune”.
Il movimento di promozione dell’esperanto annunciata nel 1887, non è in realtà un movimento che vuole unificare il mondo sotto un’unica lingua. Il vero obiettivo dell’esperanto è quello di diventare una lingua comune a tutta l’umanità, nel rispetto delle singole culture, lingue e strutture linguistiche ed essere al tempo stesso una lingua imparziale.
L’ideatore dell’esperanto, il dottor Ludwik Lejzer Zamenhof nacque a Bialystok, una città situata nella Polonia orientale (all’epoca facente parte dell’impero russo) nel 1859.
Di origine ebrea, il padre era un insegnante di lingua tedesca. Nonostante in famiglia parlassero polacco, nel quartiere ebraico si parlava comunemente yiddish, mentre a scuola l’insegnamento era fatto in russo.
All’epoca Bialystok era un “meltingpot” di popolazioni: nonostante fosse abitata principalmente da polacchi, vi erano anche molti artigiani tedeschi, commercianti ebrei e funzionari russi. Si dice che fosse questo il motivo per il quale non vi fu mai una completa coesione sociale.
Infatti non solo utilizzavano lingue diverse, ma professavano anche religioni differenti. Si aggiunse poi, sulla scia della rivoluzione industriale, anche un conflitto sociale tra le classi sociali agiate e i poveri.
In questa situazione sociale, Zamenhof non poteva considerare una lingua internazionale comune solo come un mero strumento di comunicazione o una semplice combinazione di lettere e suoni.
La vera lingua internazionale aveva il compito non solo di far evitare la discriminazione tra le persone, ma anche quello di aiutare la comprensione tra i popoli. Inoltre era convinto che l’armonia tra i popoli non potesse essere realizzata se imposta dall’alto, ma dall’unione dei più deboli e dei perseguitati.
Tadao Umesao, il primo direttore del Museo Nazionale Etnologico in Giappone e noto esperantista, scrisse: “E’ intollerabile accettare una situazione in cui poche lingue parlate dalla moltitudine possano dominare ed escludere le persone che parlano le minoranze linguistiche. (...) Sono fermamente convinto che l’esperanto, oltre ad essere veramente utile e pratico, debba essere sviluppato come un movimento spirituale per tutta l’umanità.” (tratto dal mensile “Gengo”, ottobre 1983).
Nel giugno 1923, il Maestro OnisaburoDeguchi, fondatore della Oomoto, adottò l’esperanto. Ne spiegò i motivi con i seguenti versetti: 
Ho sentito echeggiare l’esperanto in tutto il mondo, senza essere ostacolata né da confini né dai popoli
L’esperanto diffonderà le sante parole dell’amore universale
Amici, prodighiamoci nel diffondere l’esperanto e illuminiamo il mondo!
Quest’anno a giugno, la nostra associazione per la diffusione dell’esperanto (Esperanto-Populariga Asocio) ha festeggiato il suo novantesimo anniversario. Abbiamo organizzato un meeting internazionale, al quale hanno partecipato 300 giapponesi e altri 25 esperantisti, provenienti da 6 Paesi, e abbiamo avuto modo di approfondire la nostra conoscenza.
Relativamente al tema principale di questo meeting, “Il coraggio della speranza: religioni e culture in dialogo”, noi esperantisti continueremo nella nostra attività, sperando che l’esperanto, la lingua “neutrale” per eccezione che è riuscita a superare la prova pratica in questi 127 anni di storia, possa essere utilizzata nei grandi incontri internazionali nel rispetto delle singole lingue e culture.
Questo perché siamo fermamente convinti che la diffusione di questa lingua comune internazionale, entro la quale è insito lo spirito di homaranismo (concetto di universalità di appartenenza, di fratellanza, di amore universale), possa essere un atto pratico per la realizzazione della pace universale.
Korandankon pro via auskultado! (Grazie per l’ascolto).
 

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