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27 Novembre 2015

"Mai usare il nome di Dio per giustificare la violenza"

Francesco a Nairobi: "Senza accordo sul clima si rischia la catastrofe, interessi privati non prevalgano sul bene comune. Serve dialogo tra leader religiosi ". Oggi in Uganda

 
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NAIROBI. Lotta al terrorismo al mattino, rispetto dell'ambiente nel pomeriggio. La seconda giornata africana del viaggio di Francesco ha ruotato soprattutto attorno a questi due temi: uno dettato dall'agenda internazionale, l'altro molto a cuore di un Papa come mai altri attento all'ecologia.
«Il Dio che noi cerchiamo di servire è un Dio di pace - ha detto Jorge Bergoglio durante l'incontro ecumenico e interreligioso -. Il suo santo nome non deve mai essere usato per giustificare l'odio e la violenza».
Gli echi degli attentati a Parigi incombono anche in Africa, e il Kenya è un Paese duramente colpito da attacchi al Westgate Mall, al Garissa University College e a Mandera.
«Troppo spesso - ha aggiunto Francesco - dei giovani diventano estremisti in nome della religione per seminare discordia e paura e per lacerare il tessuto stesso delle nostre società».
Per il Pontefice, una cooperazione fra i leader religiosi e le loro comunità diviene allora un «importante servizio al bene comune».
Dopo la messa, la sua prima in Africa, davanti a migliaia di fedeli con i piedi nel fango per le piogge battenti di questi giorni, Francesco si è poi concentrato sul rischio clima nella sua visita all'ufficio locale delle Nazioni Unite.
Molti i riferimenti all'Enciclica 'Laudato si", ma anche alla stretta attualità. Esplicito il richiamo al vertice sull'ambiente che si svolgerà a Parigi il 7 e l'8 dicembre. «Sarebbe triste - ha detto il Papa - e, oserei dire, perfino catastrofico che gli interessi privati prevalessero sul bene comune e arrivassero a manipolare le informazioni per proteggere i loro progetti».
Bergoglio non ha lasciato da parte il tema dell'immigrazione: «Sono molte vite, molte storie, molti sogni che naufragano nel nostro presente. Non possiamo rimanere indifferenti davanti a questo. Non ne abbiamo il diritto», ha detto sui profughi.
Il Pontefice latinoamericano, che mai aveva avuto occasione di visitare prima questo Continente, è rimasto colpito dai balli con cui è stato accolto. Ha benedetto al volo tre suore che lo attorniavano, e apprezzato i bambini ballerini: «Ballano e cantano con ogni muscolo del corpo».
Quindi ha incontrato i dirigenti locali della Comunità di Sant'Egidio, impegnata da armi in diverse città del Kenya in un programma di lotta all'Aids.
In cura qui ci sono più di 11 mila persone in 8 centri del Paese. «Il Papa è molto felice -ha spiegato in serata il suo portavoce, padre Federico Lombardi - è in buona salute, tutto sta andando bene per lui».
Oggi il trasferimento della sua seconda tappa africana, in Uganda.
Prima di affrontare la visita più temuta: quella nel Centrafrica in guerra, per l'apertura della Porta santa della cattedrale di Bangui, anticipando così l'apertura del Giubileo della misericordia con un gesto fortemente simbolico a cui Francesco tiene tantissimo.


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