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Il Segno

21 Gennaio 2014

Un nuovo abbraccio nella terra di Cristo?

L'incontro in vaticano tra Bartolomeo I e Francesco nei giorni dell'inaugurazione del pontificato di papa Bergoglio

 
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«Il mio fratello Andrea»: così papa Francesco si è rivolto al patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I, ricevendolo in Vaticano nei giorni dell'inaugurazione del suo pontificato. E Bartolomeo ha ricambiato il caloroso saluto definendo Francesco «il Buon Samaritano dell'America Latina» e proponendogli di recarsi insieme in Terra Santa nel 2014, a 50 anni dallo storico abbraccio fra Atenagora e Paolo VI, pionieri del dialogo cattolico-ortodosso. «L'unità tra i cristiani è la prima e la più importante delle nostre preoccupazioni - ha affermato in quella circostanza il Patriarca -, uno dei presupposti fondamentali affinché la nostra testimonianza cristiana sia credibile agli occhi dei lontani. Per la sua realizzazione è necessario che il dialogo teologico intrapreso prosegua».

Il viaggio di Francesco in Terra Santa potrebbe avvenire in primavera: da voci non ancora confermate ufficialmente, i giorni potrebbero essere il 25 e 26 maggio. Secondo altre fonti, il viaggio di papa Montini del 1964 potrebbe essere la traccia di quello di Bergoglio: papa Francesco vorrebbe in effetti ripetere lo stesso itinerario percorso da Paolo VI (Amman, il Giordano, Betania, Gerusalemme, Nazareth, il Lago di Tiberiade, Cafarnao e Betlemme). Rimane da confermare l'ipotesi dell'incontro con Bartolomeo I. Quest'ultimo, dal canto suo, ha ribadito la volontà di portare avanti il dialogo con la «Chiesa sorella» di Roma alla fine di novembre, in occasione delle celebrazioni di Sant'Andrea, patrono del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli: celebrazioni svoltesi secondo il rito greco bizantino, ma alle quali, come da tradizione, era presente anche una delegazione della Santa Sede (il cardinale Kurt Koch, monsignor Brian Farrell e monsignor Andrea Palmieri, rispettivamente presidente, segretario e sottosegretario della Commissione per l'unità dei cristiani).

Occorre sostenere con fervore, ha sottolineato Bartolomeo, il «dialogo d'amore» tra le due Chiese sorelle, assumendo comuni iniziative per esaltare la missione della Chiesa: «Convinzioni e volontà che abbiamo voluto esprimere al Santo Padre Francesco il giorno del suo insediamento». «Ci rende veramente tristi dover constatare di non avere raggiunto ancora la nostra piena comunione, causa di tanti mali tra noi cristiani», ha confessato Bartolomeo.Tra le motivazioni della mancata piena comunione, il Patriarca non ha mancato di indicare quelle «frange» che nella storia della Chiesa cristiana si sono considerate portatrici della verità, riducendo in sostanza il dialogo in un monologo, e quanti, anche oggi, «si inventano» ostacoli procedurali per rallentare il dialogo tra le due Chiese. Proprio per questo, ha continuato, è importante incontrarsi a Gerusalemme, nel cinquantesimo anniversario dello storico abbraccio tra Paolo VI e Atenagora: «Ci incontreremmo non solo per ricordare e onorare il loro gesto, ma come capi spirituali abbiamo il dovere di fare appello e invitare tutti gli uomini di buona volontà, indipendentemente dalla loro fede e virtù, al dialogo e di far conoscere loro l'importanza del messaggio di Gesù Cristo, veramente utile per la rinascita dell'esistenza umana». Rivolgendosi infine al cardinale Koch, Bartolomeo ha richiamato ulteriormente la forte e convinta volontà del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli di sostenere con ogni mezzo il dialogo con tutti, esprimendo la personale convinzione che con papa Francesco quello tra le due Chiese sorelle verrà rinforzato con nuova linfa, «per poter diffondere serenamente il messaggio di Gesù Cristo».

 

 «Atenagora era un vero monaco»

A Roma per incontrare Giovanni Paolo II nel giugno del 2004, a 40 anni dall'abbraccio tra Paolo VI e Atenagora, Bartolomeo I dialogò con alcuni giovani della Comunità di Sant'Egidlo e così ricordò il suo predecessore alla guida del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli: «Atenagora viveva come un vero monaco. Abitava nel Patriarcato e ogni notte, quando i suoi collaboratoti dormivano, scendeva nella chiesa patriarcale per accendere alcune candele per i suoi figli spirituali, per la pace nel mondo, per l'unità dei cristiani...». «Ero il segretario del patriarca Dimítrios, che sarebbe stato il successore dí Atenagora, e così lo incontrai moltissime volte - disse ancora Bartolomeo -. Ho trascorso tre anni della mia gioventù a Roma grazie al suo amore paterno, perché lui mi inviò qui per studiare e la riconoscenza al patriarca Atenagora è sempre viva nella mia anima. Lui e il suo successore Dimitrios ci hanno lasciato un patrimonio spirituale, un testamento: il testamento del dialogo. E in questi giorni mi trovo a Roma precisamente per continuare il dialogo, seguendo i passi di Atenagora e Dimitrios, ma anche di Giovanni XXIII e Paolo VI. Ho incontrato il Papa per festeggiare, ricordare e celebrare insieme il quarantesimo anniversario di quell'incontro storico di Gerusalemme e abbiamo così rinnovato il nostro impegno per il dialogo, per continuare questo testamento dei nostri predecessori».

 

Mauro Colombo


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