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Avvenire ed. Bologna

27 Dicembre 2015

La luce del Natale. L'omelia di mons. Matteo Maria Zuppi

L'omelia dell'arcivescovo nella Notte Santa: «Dio si dona senza riserve»

 
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Dio esce, squarcia i cieli e scende. Noi, spesso, al contrario restiamo chiusi in noi stessi: facciamo così poco il primo passo verso gli altri, ci limitiamo a giudicarli da lontano e per le apparenze, finiamo facilmente per non ascoltare più, condanniamo con l'indifferenza che non è mai neutrale perché toglie qualcosa che abbiamo e possiamo regalare. Dio invece si mostra, viene incontro, si dona tutto, senza riserve, perché "il popolo che camminava nelle tenebre" abbia «una grande luce».
Oggi contempliamo, nella povertà della periferica Betlemme, tutta la grandezza di Dio. Lui mostra il suo cuore. Cristo è la misericordia di Dio che ci fa conoscere tutta la sua vera volontà. Dio non condanna, ma salva, come un Padre vero, che mette da parte il giudizio perché ha misericordia dei suoi figli, non vuole fare a meno di loro e uccide il vitello grasso perché possiamo tornare in vita. Dio a Natale non fa conoscere una legge, un altro comandamento. La sua legge diventa questo bambino, che manifesta e vive per primo il nuovo comandamento dell'amore. Un amore così scioglie il nostro cuore. Come in tanti quadri della Natività la luce viene proprio dal bambino! Infatti è la sua misericordia che rivela il nostro vero volto e ci fa trovare noi stessi!
Oggi scopriamo chi siamo tutto l'anno: figli amati e quindi chiamati alla misericordia tra noi. Anche perché se non ci amiamo crescono i semi dell'inimicizia. Questo Dio che si è fatto uno di noi è il vero, unico contenuto del Natale. Scriveva Romano Guardini: «Tutto il resto - la gioia per i doni, l'affetto della famiglia, il rinvigorirsi della luce, la guarigione dall'angustia della vita - riceve di là il suo senso. Quando questa consapevolezza però svanisce tutto scivola sul piano meramente umano, sentimentale, anzi brutalmente affaristico. La parola amore non è un concetto, un orientamento, un valore etico universale, bensì un nome: un nome che è l'intendimento di Dio». Il nome è Gesù, luce per i nostri passi, misericordia di Dio.
I tanti segnali intermittenti del mondo virtuale, così effimeri, fanno credere di vedere, illudono, ma poi si spengono, lasciano nelle tenebre amare della solitudine e dell'individualismo, generano tanta paura. La luce del Natale è la scelta fedele e irrevocabile di Dio: diventa uomo, non può tornare indietro, si sporca con la nostra debolezza. Questa luce è per un popolo, perché non ci si salva da soli. La misericordia ci lega agli altri e ci libera dalla condanna di credere che possiamo stare bene da soli, se pensiamo solo a noi stessi.

La gioia del Natale ci fa aprire il cuore, perché non stiamo bene quando lo chiudiamo; troviamo luce quando doniamo, non quando possediamo. E se anche noi ci abbassiamo, come Dio, cioè diventiamo umili e scendiamo dai troni dei nostri giudizi, troviamo tanta gioia nel volere bene al prossimo. Dio si rivela non per dovere, ma per amore. Quando usciamo dal naturale egocentrismo scopriamo anche noi quello che cerchiamo e capiamo l'immagine di Dio che è impressa nel nostro cuore e in ogni uomo. Un amore così disarmato ci libera dalla paura che ci fa chiudere le porte. La semplicità del Natale ci fa trovare l'essenziale.
Dio non si rende conto dei problemi? A volte pensiamo che siano la diffidenza, i calcoli, le convenienze, gli utili individuali a farci capire per davvero la vita. L'amore appare ingenuità, inconsapevolezza, poco concreto. In fondo sembra impossibile viverlo per davvero in questo mondo. Al contrario è proprio Natale che ci fa scendere finalmente nella vita vera, che ci fa uscire di casa, come questa notte e ci fa andare incontro agli altri. Natale è luce della misericordia, illumina la storia e ce la fa vedere e capire.
Non si può vivere senza cuore. Non capiamo nulla dell'altro senza cuore. Quanti sono costretti a camminare nel buio, cioè senza un orientamento, privi di una sicurezza che orienti e renda saldi i passi! E' il popolo di uomini e donne, bambini e anziani che scappano dalla guerra in Siria (come non capirli vedendo le atrocità che si commettono e che non risparmiano nessuno?) ed affrontano fisicamente una via al buio, come le notti in mezzo al mare spaventoso, enorme, per le quali non finiamo di provare orrore. E' notte per i cristiani in Iraq e in Siria che sono colpiti doppiamente dalla violenza. E' il grande popolo dei vecchi che entrano nella notte della vita giudicata insignificante, per questo scartata, compatita. E' un popolo di vecchi che diventano un peso, sgradevoli perché ricordano a tutti senza inganni il nostro vero futuro.
In questi giorni vorrei ricordare il buio di chi non ha lavoro e dei tanti che rischiano di perderlo. In realtà tutti siamo cercatori di luce. Tutti siamo peccatori, e tutti abbiamo un enorme bisogno di ritrovare la speranza che svela il futuro. E senza questa siamo nella tristezza. Papa Francesco, aprendo la porta 
santa della carità auspicava che tutti noi ci sentissimo scartati e quindi provassimo il bisogno dell'aiuto di Dio. «Signore, da chi andremo, tu solo hai parole di vita eterna», confessò San Pietro. Andiamo anche noi come i pastori a Betlemme. C'è fretta di trovare la luce. Chi è nel buio sa quanto è importante la luce! La luce è la misericordia è Dio. Egli si fida perché anche noi diamo fiducia agli altri. Si fa piccolo, per renderci grandi e perché cerchiamo le cose davvero grandi, quelle dell'amore. Dio si fa speranza, per liberarci dalla nebbia della rassegnazione. Dio si dona, perché possiamo prenderlo con noi. Dio si fa debole, perché non scappiamo dalla sofferenza, ma la consoliamo con la misericordia.
Prendiamo con noi quel bambino: farci piccoli con Lui ci fa crescere nell'amore. Vuole un futuro e ce lo apre. Scaldiamo Lui per non essere freddi e per trovare noi la passione che scalda il nostro cuore; amiamo Lui per sentire le tenerezza che scioglie il nostro peccato; diminuiamo l'amore per noi, perché Lui cresca in noi; ascoltiamolo per imparare a parlare parole nuove; adottiamolo, perché lui ci generi a
figli. Così sarà Natale quando stringeremo la mano di un povero; quando la prigione della solitudine sarà aperta, quando uno straniero scoprirà di avere una casa lontano dalla sua; quando la debolezza dell'anziano sarà rispettata e venerata; quando l'interesse e la solidarietà abbatterà il muro invisibile che divide il mondo dei ricchi da quello enorme dei poveri, muro che separa i salvati dai sommersi.
Ricordiamoci di apparecchiare sempre un posto per chi non lo ha, per chi ha fame o sete, fosse solo nella nostra preghiera: accoglieremo il Signore Gesù e illumineremo la notte del mondo. «Pace in terra agli uomini che egli ama». La sua misericordia, ricevuta e donata è la nostra pace
.


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